I mass media possono attaccare il potere giudiziario. Lo riconosce la Cassazione che, facendo propria la giurisprudenza della Cedu (Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, ndr), che ha definito i giornali i “cani da guardia” della democrazia e delle istituzioni.
Per i giudici di legittimità, si deve prendere atto del fatto che «il ruolo fondamentale nel dibattito democratico svolto dalla libertà di stampa non consente di escludere che essa si esplichi in attacchi al potere giudiziario». Un riconoscimento che, come rileva la Suprema Corte, deriva dal fatto che i mass media «costituiscono il mezzo principale diretto a garantire un controllo appropriato sul corretto operato dei giudici». Ancora la Suprema Corte riconosce che se «da un lato è di enorme interesse per la comunità nazionale la corretta e puntuale esplicazione dell’attività giudiziaria, dall’altro, la critica e cronaca giornalistica volte a tenere o a ricondurre il giudice nell’alveo suo proprio vadano non solo giustificate ma propiziate». La Cassazione si è così espressa occupandosi di un ricorso presentato dall’ex parlamentare Tiziana Maiolo che, in un comizio pubblico, aveva attaccato la Procura di Palermo allora guidata da Giancarlo Caselli paragonandola ad una «associazione a delinquere di tipo istituzionale». Va detto che, come prende atto la quinta sezione penale nella sentenza 15447. Il reato di diffamazione a mezzo stampa di cui era accusata la Maiolo è andato in prescrizione tuttavia piazza Cavour ha confermato il risarcimento del danno nei confronti di Caselli. L’occasione del ricorso, però, per la Suprema Corte è servito per ricordare il ruolo fondamentale che hanno gli organi di stampa nel dibattito democratico. «E se più rigidi – annota la Suprema Corte – sono apparsi i limiti apposti dalla giurisprudenza alla critica nei confronti delle istituzioni giudiziarie, essi trovano ragione soprattutto nel fatto che, a differenza di quel che accade per altri soggetti pubblici, il dovere di riservatezza generalmente impedisce ai magistrati presi di mira di reagire agli attacchi loro rivolti». In ogni caso la Cassazione insiste sul fatto che «all’interno delle società democratiche deve, di conseguenza e soprattutto, riconoscersi alla stampa e mass media il ruolo di fori privilegiati per la divulgazione extra moenia dei temi agitati all’interno delle assemblee rappresentative e per il dibattito in genere su materie di pubblico interesse, compresi la giustizia e l’imparzialità della magistratura». Venendo al procedimento in questione, la Cassazione, nel respingere il ricorso presentato dalla difesa della Maiolo, ha riconosciuto che in questo caso non è possibile applicare «l’esercizio del diritto di critica» in quanto l’espressione utilizzata dall’ex parlamentare non puntava «affatto alla ricerca del consenso elettorale o all’ottenimento dell’appoggio degli elettori alla propria attività politica, ma si sostanziava molto più semplicemente in una aggressione all’altrui sfera morale». (fonte Adnkronos)