Non può essere condannato per il reato di "divulgazione di documenti di cui è vietata la pubblicazione" – che prevede una pesante condanna penale – il giornalista che nel corso di una trasmissione televisiva, o in un articolo, rende pubblico un documento classificato come ‘riservato’, da parte di organi dello Stato, qualora l’atto sia già stato acquisito nel faldone di un processo.
Lo sottolinea la Cassazione (sentenza 23036) osservando, tra l’altro, che la classificazione di segretezza ha "valenza meramente amministrativa e non può essere decisiva ai fini penali".Con questo verdetto che allarga il diritto di cronaca, la Suprema Corte ha confermato l’archiviazione (decisa dal gup di Roma il 10 ottobre 2008) del procedimento per rivelazione di atti riservati nei confronti di un giornalista del format di Rai3 ‘Report’, condotto da Milena Gabanelli. Il professionista era finito sotto inchiesta perché nella puntata del 15 ottobre 2006 aveva letto parti di una informativa riservata della Guardia di Finanza nella quale si riconduceva a un traffico di pezzi di ricambio taroccati, forniti dalla ‘Panaviation’, la causa dell’incidente a un aereo della ‘Minerva Airlines’ avvenuto a Genova il 25 febbraio 1999 (quattro vittime). L’aereo in fase di atterraggio non riuscì a fermarsi per un guasto al circuito frenante e finì in mare. La circostanza che l’informativa fosse già agli atti di un processo nei confronti del titolare della ‘Panaviation’ – terminato con pena patteggiata innanzi al Tribunale di Tempio Pausania – ha convinto la Cassazione a escludere la configurabilità del reato di divulgazione di documenti segreti. Così è stato respinto il ricorso con il quale la Procura di Roma sosteneva che è sempre e comunque vietata la divulgazione di documenti riservati. (ANSA)