Con sentenza 14617 del 17 giugno 2010 la Corte di Cassazione ha ribadito due principi legati all’attività forense: il rischio di sanzione disciplinare della censura a carico dell’avvocato che rinuncia al mandato per assistere la controparte e la competenza esclusiva del CNF circa la valutazione della sussistenza di comportamenti rientranti nella sfera dell’illiceità disciplinare.
Nel caso esaminato dai giudici di legittimità, un avvocato aveva rinunciato al mandato verso il proprio assistito e assunto un nuovo incarico contro il medesimo soggetto dopo soli 40 giorni, finendo, in tal modo, in una situazione di conflitto di interessi. La Corte, confermando la decisione presa in seconda battuta dal CNF di sanzionare il legale, ha affermato che il lasso di tempo trascorso tra i due incarichi non era sufficiente a fugare ogni dubbio di legame tra i due mandati. La valutazione circa l’accertamento e l’individuazione delle condotte illecite – tra cui vi rientrano, ad esempio, mancanze nell’esercizio della professione o fatti non conformi alla dignità ed al decoro professionale – è rimessa unicamente all’Ordine professionale e, “in sede di legittimità, la Corte di Cassazione, non può sostituirsi al Consiglio Nazionale Forense nell’enunciazione di ipotesi di illeciti disciplinari, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza”. Altro principio delineato dalla Suprema Corte (in altro giudizio) risiede nella configurabilità dell’assunzione della veste di testimone in capo al difensore, purché i due ruoli non si assumano contemporaneamente nell’ambito del medesimo procedimento. Attraverso la sentenza 16151 dell’8 luglio 2010 la Corte di Cassazione ha infatti stabilito che “non sussiste, in linea di principio, alcuna incompatibilità tra l’esercizio delle funzioni di difensore e quelle di teste nell’ambito del medesimo giudizio, se non nei termini della contestualità, per cui contemporaneamente il difensore non può assumere anche l’ufficio di testimone”. Dunque il legale può essere chiamato a rendere testimonianza o prima di aver assunto il ruolo di difensore, ovvero nell’ambito di un processo “in relazione al quale abbia cessato il ruolo di legale”. In ogni caso è rimesso al giudice il dovere di una prudente e critica valutazione circa la presenza o meno di interesse del difensore nella causa secondo il principio del libero convincimento. (M.C. per NL)