In RAI non sanno più che pesci prendere. Decenni di lottizzazione partitica hanno portato l’azienda in una situazione oramai ingestibile. Sembra la metafora della coperta troppo corta: chi la tira da un lato per non scontentare una parte politica inevitabilmente scontenta l’altra; chi, allora, decide di tirarla dal verso opposto, irritando fatalmente la fazione accontentata in precedenza. Ed ora che si avvicina il fatidico momento delle nomine per il nuovo CdA, la situazione pare ancora più infuocata, da crisi di nervi.
Crisi di nervi che il direttore generale Cappon (foto), travolto dalle, francamente troppe, discutibili performance di Santoro con il “suo” Annozero, non ha fatto nulla per nascondere. “Il destino di Marco Travaglio è nelle sue mani”, “alla prossima violazione, fuori”, sono affermazioni che tradiscono un evidente nervosismo. Nervosismo che trova la propria ragion d’essere nella certezza, o quasi, che la sua (e non solo) sarà una delle teste destinate a cadere.
“La RAI non fa censure – ha, poi, dichiarato Cappon – Travaglio prosegue nella sua attività, però la RAI pretende il rispetto delle regole. Tutti i collaboratori lo sanno, con il loro comportamento determinano la possibilità di proseguire il loro lavoro con noi”. Uomo avvisato, mezzo salvato (o mezzo annegato, nel caso di Santoro). Ma con Travaglio, neanche a dirlo. “Non ho mai violato nessuna regola – sostiene con il solito sorrisetto il giornalista dell’Unità – ho detto la pura e semplice verità sul Presidente del Senato, contenuta già in un libro di Abbate, minacciato dalla mafia proprio per quel libro. Continuerò a dirla su Schifani e su tutti gli uomini politici, come fanno tutti i giornalisti del mondo libero”. Strano concetto, il suo, della certezza della notizia (basta che un altro – di suo gradimento – l’abbia pubblicata e la notizia è fondata perché la fonte attendibile). Travaglio, però, non è stato l’unico contro cui si sono scagliate (peraltro giustamente, a nostro avviso) le ire dei vertici aziendali. Il cattivo in questione è ovviamente Michele Santoro, il cui destino in RAI pare sempre più appeso ad un filo non tanto per il ritorno al governo di Berlusconi (che, in verità, pare disinteressarsi al giornalista) e la scomparsa di un’opposizione nel senso che la Seconda Repubblica ha dato a questo termine (non per forza un senso positivo, anzi), quanto perché egli sta facendo di tutto per affossarsi. Il suo Annozero, criticato ed attaccato sempre più spesso a ragione da politici d’ogni colore sarà il banco di prova attraverso il quale Travaglio, ma anche il conduttore ed il giornalista Sandro Ruotolo, dovranno dimostrare di voler rientrare in carreggiata ed aderire a quel “rispetto delle regole”. E mentre Santoro dovrà richiamare Travaglio al “rispetto del codice etico”, il collaboratore de “L’Unità” rischia di dover pagare una multa salata: se l’Agcom condannerà la RAI, l’azienda chiederà i danni a Travaglio. Il giornalista rischia di dover sborsare da 5 mila a 51 mila euro per presunta violazione degli articoli 4 (“dignità della persona”) e 48 (“compiti del servizio pubblico”). E a dimostrare che per Santoro e Travaglio Annozero è considerato ormai il proprio palcoscenico, ieri abbiamo assistito ancora una volta ad una pessima offerta di servizio pubblico: a prescindere dall’imbarazzante duetto iniziale tra Santoro e Travaglio, nel quale il primo, del tutto indifferente alle critiche piovutegli contro da ogni parte, ha preso le difese e addirittura elogiato il secondo, i telespettatori paganti il servizio (volenti o nolenti) hanno dovuto pure subire una (pessima) lezione di diritto dal “giurista” Travaglio, che ha tenuto a spiegare che lui non è stato “condannato”, ma risultato solamente “soccombente” in sede civile. Capito? In sede civile, per Travaglio, non si può essere “condannati”, ma solo risultare “soccombenti” (evidentemente, per lui, si può solo essere condannati in sede penale). “Condannato”, invece, è, sempre per Travaglio, colui che è tale per l’accusa e non per il giudice, come nel caso di Castelli (che, come Travaglio, certamente non è un pregiudicato), che inutilmente ha cercato di far comprendere il complesso concetto giuridico all’esperto di diritto. Non solo, nel corso della puntata di ieri di Annozero abbiamo pure dovuto assistere alla penosa gestione del collegamento esterno da parte di Beatrice Borromeo dove un extracomunitario si è permesso di dare del “delinquente” a Castelli, che, fino a prova contraria, è un rappresentante dello Stato. La misura è colma. Travaglio eccede (tanto per lui è pubblicità), Santoro gongola (non capendo che il rischio del sopravvalutarsi è quello di fare la fine della Sinistra Arcobaleno), la credibilità del servizio pubblico affonda. E gli italiani capiscono sempre di più dove porterà il grillismo e il travaglismo.