«Una brutta foto d´epoca, dell´Italia ai tempi del governo Berlusconi. Un clima di collusione fra la Rai e Mediaset, giunto al punto tale che una parte rilevante dei vertici del servizio pubblico si adoperava insieme ai vertici dell´azienda di Berlusconi e con quelli politici per nascondere i risultati elettorali e attenuare la bastosta elettorale del centrodestra alle regionali del 2005».
Uno spaccato inquietante, ministro Gentiloni, questo che emerge dalle intercettazioni.
«Qualche volta le leggende metropolitane non sono tali, ma appunto verità. Che il clima fosse di quel tipo, all´epoca lo denunciammo in tanti dall´opposizione».
Quindi non è sorpreso di quella Rai “eterodiretta”?
«E´ una conferma dei sospetti, anche dei peggiori. Ora ne vien fuori uno squarcio dall´interno. Ma, se posso dire, “io c´ero”, e da capogruppo in commissione di Vigilanza tante volte ho sollevato dubbi sulla gestione dell´epoca. Come ad esempio la decisione dell´allora dg Saccà di affidare l´esclusiva per i sondaggi elettorali a due società di proprietà dell´ uomo che appena 10 mesi prima coordinava la campagna di Berlusconi, Luigi Crespi».
Come un cartello trasversale dal Biscione a Viale Mazzini?
«Di denunce come opposizione, ripeto, all´epoca il centrosinistra ne aveva fatte tante. Adesso arrivano le conferme: dentro la Rai c´erano personaggi interni molto rappresentativi legati a soggetti che erano proprietari di Mediaset. Le intercettazioni pubblicate, se confermate, dimostrano che non si trattava di generici sospetti ma di un preciso clima politico, che porta fino al presidente del Consiglio dell´epoca».
Adesso che svolge il ruolo di ministro delle Comunicazioni, ha i poteri per intervenire sul “patto scellerato” di Viale Mazzini?
«La Rai è già intervenuta in modo netto e tempestivo per accertare la verità».
I personaggi coinvolti sono però ancora al loro posto in viale Mazzini.
«No, non tutti. Il ricambio, e parlo soprattutto dei massimi vertici dell´azienda, c´è stato, ed è innegabile che si respiri un´aria diversa».
C´è chi chiede le dimissioni dei personaggi coinvolti, chi invoca una commissione d´inchiesta. E chi, Mediaset, querela.
«Non entro nel merito delle singole posizioni personali, tanto più che si tratta di intercettazioni, e che le responsabilità andranno verificate. Ma è la fotografia dell´Italia ai tempi di Berlusconi, che controllava o attraverso la sua famiglia o attraverso la maggioranza politica l´intero mondo della televisione. Ora dobbiamo evitare che questo fantasma, questo rischio si ripresenti ancora».
Secondo Schifani però si tratta di una bomba ad orologeria, innescata ora per accelerare la legge Gentiloni contro Berlusconi.
«Fantasie. Il partito di Schifani, il partito legato alla proprietà di Mediaset, in commissione al Senato ha presentato 1300 emendamenti contro la legge di riforma della Rai. A parole tutti vogliono l´azienda autonoma, sganciata dai partiti. Poi, davanti ad un progetto concreto che prevede la Fondazione e una nuova governance, il comportamento è tutt´altro. E nel frattempo in Parlamento si discute troppo di Rai, di nonime, perfino di stipendi».
Come se ne esce?
«Mettendo fine ai rinvii delle riforme sulla tv. Mi auguro che la stagione del confronto che potrebbe partire su riforme istituzionali e legge elettorale comprenda anche la riforma della Rai».
Cos´è, un appello a Forza Italia?
«La Rai, dopo i lunghi anni della I Repubblica con i partiti al centro di tutto, non ha ancora trovato un suo assetto. Da 15 anni è prigioniera di precarietà e spoils system. La chiave di volta è il riconoscimento della sua autonomia. Il governo ha presentato un progetto, confrontiamoci, possiamo anche prevedere una corsa preferenzuale, e approviamo insieme la riforma».
Basta questo per evitare il rischio-collusioni, il ritorno delle foto d´epoca?
«No, non basta. E qui invece il mio appello è rivolto alla maggioranza. Svegliamoci, per far passare in Parlamento la legge sul riassetto complessivo del sistema tv e norme più stringenti sul conflitto di interessi. Il testo sul riassetto finalmente sta per approdare in aula alla Camera. Un sistema più aperto, con nuovi soggetti in campo, con una vera concorrenza e non limitata solo a due grandi forze, che poi come si è visto a volte diventavano una sola, è l´antidoto per non rivedere più certe brutte immagini di un tempo».