dalla newsletter del sito Franco Abruzzo.it
Roma, 12 settembre 2007. “Non ho mai avuto dubbi che all’origine delle Brigate Rosse ci fosse l’Unione Sovietica. E sono sempre stato convinto che sullo sfondo del caso Moro ci fosse lo scontro tra i due blocchi, quello dell’Est e quello dell’Ovest. In questo quadro l’Italia rappresentava il ventre il molle dell’Alleanza Atlantica e veniva massacrata dai servizi segreti del Patto di Varsavia.” Francesco Mazzola, nel 1978 sottosegretario alla Difesa, quindi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega per i Servizi Segreti nei governi Andreotti, Cossiga e Forlani, torna a parlare del sequestro di Aldo Moro.L’occasione e’ data dalla nuova pubblicazione del suo libro ‘I giorni del diluvio’ a cura dell’editore torinese Nino Aragno. Il romanzo verita’ sulla drammatica vicenda del Presidente della Dc torna in libreria dopo piu’ di vent’anni, questa volta con la firma dell’autore, che nella prefazione spiega anche perche’ nel 1985 decise di pubblicare il volume con Rusconi scegliendo l’anonimato e scatenando interrogativi e sospetti. “Nel corso degli anni della mia vita di parlamentare avevo tenuto un diario nel quale annotavo giornalmente i fatti politici ma anche quelli famigliari e della vita quotidiana.L’esistenza di quel diario – scrive Mazzola- era abbastanza nota non solo nella cerchia dei miei amici, ma anche nell’ambiente politico e molti ritenevano che quelle pagine contenessero notizie inedite sulle vicende del tempo e capaci di gettare una luce sui fatti del terrorismo ed in particolare su molti aspetti oscuri della tragica vicenda del sequestro e dell’assassinio di Aldo Moro”. La prima edizione de ‘I giorni del diluvio’ ando’ esaurita in pochissimi giorni e non ne venne pubblicata una seconda. “Ho sempre avuto il dubbio -afferma Mazzola in un’intervista all’ADNKRONOS- che fosse stato ritirato”.
Ne ‘I giorni del diluvio’, sottolinea Francesco Mazzola, “sono rispecchiate le mie personali convinzioni sulla vicenda Moro, sul suo perche’, sul suo tragico epilogo. Convinzioni date dalla valutazione dello scenario interno e internazionale di quel periodo storico, della situazione dell’Italia, marca di frontiera del mondo occidentale, della politica italiana nei confronti del Medio Oriente teatro dell’eterno conflitto fra Arabi ed Israele sullo sfondo della guerra sotterranea per il controllo delle aree petrolifere”. A ‘smacherare’ Mazzola come autore del romanzo che per primo forniva una chiave di lettura internazionale al dramma di Aldo Moro e degli anni di piombo in Italia, fu Valerio Riva, il quale, a seguito del ritrovamento delle carte del presidente della Dc nel covo brigatista di via Montenevoso a Milano, racconto’ per ‘Epoca’ la storia del libro rivelando l’identita’ dell’anonimo.
Parlamentare per ventidue anni, per cinque capo di Gabinetto di Nicola Mancino, in tre governi sottosegretario con delega all’intelligence, Mazzola ha assistito da un’osservatorio privilegiato agli episodi piu’ drammatici della storia della Repubblica:il sequestro di Aldo Moro, la strage di Ustica, quella di Bologna e l’attentato a Giovanni Paolo II del 13 maggio 1981. Oggi, l’ex sottosegretario alla Difesa, componente del Comitato di crisi per il sequestro Moro che Francesco Cossiga istitui’ al Viminale pochi giorni dopo la strage di via Fani, si dice convinto che “all’origine del terrorismo in Europa ci fosse il Kgb, con il suo potentissimo primo direttorato centrale che utilizzava i cecoslovacchi per le operazioni, per poi sostituirli con i bulgari quando Jan Seina passo’ all’Occidente nell’agosto del ’68”. A quasi trent’anni di distanza dal rapimento del presidente della Dc da parte della Brigate Rosse, Mazzola ammette che “poco o nulla e’ stato detto di come siano andate effettivamente le cose”. Ad esempio: “ho sempre considerato incredibile -osserva- che la Renault 4 rossa delle Br potesse aver attraversato Roma la mattina del 9 maggio con il cadavere di Moro nel bagagliaio per arrivare a via Caetani. Quella macchina non ha percorso molta strada. E ritenevo invece che il falso comunicato del lago della Duchessa, del 18 aprile 1978, non fosse opera dei servizi segreti, ma al contrario un’idea partorita da qualcuno interno alle Br come diversivo per poter spostare l’ostaggio da una prigione all’altra. Ricordo di aver avvertito io stesso Cossiga che il lago era ghiacciato, ma vollero effettuare ugualmente tutte le ricerche”.
Nel 1978, il Sisde, servizio segreto per la sicurezza interna, aveva due mesi di vita. La legge 801 era appena entrata in vigore e Mazzola rammenta come il generale Giulio Grassini, neodirettore dell’intelligence civile, disponesse di quattro stanze e venti persone al Viminale: “si lamentava di non riuscire a fare nulla. Nel ’79 e nell’ ’80 ero sottosegretario ai servizi e dovetti ingaggiare un braccio di ferro con il direttore del Sismi, Giuseppe Santovito, che non voleva passare al Sisde di Grassini il materiale che riguardava gli affari interni”. “In questo quadro mi riesce quindi difficile ritenere -osserva ancora Mazzola- che quelle strutture potessero avere, come è stato più volte scritto in seguito, un controllo capillare delle Brigate Rosse tanto da avere persino delle basi nelle stesse zone che ospitavano i covi dell’organizzazione guidata da Mario Moretti”.
Sebbene tutti i nomi siano in codice, ne ‘I giorni del diluvio’ si riconoscono senza difficolta’ i protagonisti dello scenario internazionale del 1978. Il colonnello Gheddafi, il capo dei servizi segreti libici, Yalloud, il leader dell’Olp Yasser Arafat, il colonnello Stefano Giovannone, capocentro del Sismi a Beirut, l’uomo che venne incaricato di stabilire un contatto con le Br durante i 55 giorni del rapimento Moro. Viene descritta anche la competizione tra il leader della Jamahirja e Arafat per il tentativo, fallito, del primo di assumere le redini del mondo arabo. L’ex senatore ammette infine di essere sempre stato convinto della responsabilita’ dei bulgari per l’attentato al Papa. “Nell’estate dell’ ’82 rilasciai un’intervista ad una tv inglese dichiarando che i bulgari avevano ereditato il ruolo dei cecoslovacchi come braccio armato dei Kgb per le operazioni terroristiche. La tv italiana, alla quale gli inglesi offrirono il servizio, la mando’ in onda alcuni anni dopo”.
La rentree di Francesco Mazzola nel panorama editoriale dedicato al caso Moro suscita alcune considerazioni. Secondo Gian Paolo Pelizzaro, ex consulente della commissione Stragi e della Mitrokhin, “cio’ che colpisce del romanzo di Mazzola e’ la sbalorditiva lucidita’ nell’aver inquadrato il sequestro Moro nello scenario politico-strategico dell’epoca, nel quadro dei rapporti tra Est e Ovest.” “In questo contesto, emergono con spettacolare attualita’ la “doppiezza” della politica estera italiana nei confronti del Medio Oriente, il ruolo di Gheddafi, i legami tra i vertici delle Brigate rosse e la resistenza palestinese, nonche’ le coperture dei servizi segreti del blocco orientale per conto di Mosca al doppiogiochismo di Arafat”. “A distanza di tanti anni, rileggere quanto scriveva un ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio nei governi Andreotti, Cossiga, Forlani e Craxi (con delega ai servizi di informazione e sicurezza) sul ruolo del Kgb nel caso Moro e, piu’ in generale, nelle dinamiche del terrorismo internazionale fa venire i brividi”. (Gdd/Pn/Adnkronos) 13-SET-07 15:44