Si sta trasformando in una telenovela dai contorni parodistici questa querelle, che ormai va avanti da due settimane, tra Google ed il governo cinese.
Controversia che ha visto gli interventi, più o meno illustri, di capi di stato, ministri, manager di grandi aziende multinazionali, sia americani che cinesi. ieri è stata la volta di Hillary Clinton, Segretario di Stato statunitense, chi ha prontamente risposto il ministro degli Esteri di Pechino, come riportato da un’Ansa battuta questa mattina. A dire il vero, il discorso di Hillary Clinton, tenuto al Newsmesum di Washington, voleva – formalmente – sembrare un discorso generico su quanto gli Stati Uniti si impegnino ogni giorno per il rispetto della libertà d’informazione in rete, baluardo fondamentale di ciò in cui lo stato americano crede; costola post-moderna dei principi di rispetto dei diritti inalienabili dell’uomo e bandiera di ciò che oggi per l’Occidente – gli USA in particolare – significa libertà. Ovviamente, però, il Segretario di Stato, non poteva – dato il tema – non fare accenno al caso cinese che si sta sviluppando proprio in questi giorni e su cui era intervenuto già il presidente Obama. Anzitutto, partendo da un discorso generale ed un po’ arzigogolato, la Clinton ha condannato quei governi e quegli individui che fanno libero uso dei cosiddetti cyberattacchi. “Dovrebbero pagarne le conseguenze – ha detto – ed affrontare la condanna internazionale”. “In un mondo interconnesso – ha spiegato la moglie del quarantaduesimo presidente americano – un attacco contro la rete di una nazione può diventare un attacco a tutti”. Sottolineando, inoltre, di voler porre la issue della cyber sicurezza nell’agenzia internazionale, per garantire la totale libertà ed affidabilità della rete. Andando avanti nel discorso, è stato toccato il tema dei cosiddetti Paesi “nemici di internet”, ossia che pongono filtri e paletti alle normali ricerche in rete. E la Clinton ha nominato, oltre alla Cina, la Tunisia, l’Uzbekistan, il Vietnam e l’Arabia Saudita. Il ragionamento poi è passato sull’importanza delle nuove tecnologie per il mondo e per il mutuo aiuto tra i Paesi, facendo l’esempio del caso degli aiuti destinati ad Haiti, giunti tramite sms da tutto il mondo. Poi ha parlato dei colossi internazionali, delle grandi corporation, che dovrebbero essere i primi baluardi conto i cyber attacchi e gli strumenti di censura messi in atto dai Paesi. Gli Stati Uniti, ha poi detto l’ex senatrice democratica, stanzierà 15 milioni di dollari per “ampliare la partecipazione civile e accrescere le capacita della società civile nell’utilizzare i nuovi media in Medio Oriente e Nord Africa”.
L’affondo sulla Cina, però, non si è fatto attendere. E non poteva essere altrimenti. “La Cina dovrebbe condurre un’approfondita indagine sui cyber attacchi – dice in proposito – che hanno colpito Google”. Sottolineando, poi, l’importanza della “trasparenza” dei risultati. Dall’altra parte, però, non si è fatta attendere la risposta cinese. Dal ministro degli Esteri di Pechino, infatti, è giunta in poche la risposta, che ha giudicato il discorso della Clinton “dannoso”, che “nega la realtà” e “danneggia i rapporti tra i due Paesi”. “Internet -si legge ancora nell’Ansa – in Cina è aperto e la Cina è il paese più attivo nello sviluppo di Internet”. Su una cosa non c’è dubbio: ad oggi gli internauti cinesi sono più di quelli americani. Per quanto riguarda l’ “apertura” di internet in formato mandarino, c’è più di qualche dubbio. (L.B. per NL)