Caso Boffo. Mea culpa Feltri. Cei e Avvenire: troppo tardi. Siddi furbata se ora non cambia registro

Le classiche lacrime da coccodrillo, verrebbe da dire. Sarebbero per taluni quelle versate a fiumi da Vittorio Feltri, direttore de Il Giornale, che sul numero del suo quotidiano andato in edicola ieri l’altro, venerdì 4 dicembre, ha “ritrattato” la sua tesi accusatoria nei confronti dell’ormai ex direttore dell’Avvenire, Dino Boffo.

Il fatto è noto anche ai minerali, così come il responsabile del killeraggio. Proprio lui, Feltri, preso da un eccesso d’ira nello scenario della confusa estate italiana, scandita a colpi di gossip, escort, e di notizie di scappatelle di vario genere. Neanche a dirlo, la vittima, se così vogliamo chiamarla, del torrido clima estivo, era stata il presidente del Consiglio. E Feltri (foto), suo fido scudiero, aveva preso la palla al balzo, che più che una palla – col senno di poi – sembrava una pallina, per scagliarsi contro uno dei direttori che più aveva criticato la condotta “immorale” e “peccaminosa” del premier. Lo scandalo, ripreso da ogni media, aveva portato alle dimissioni di Boffo, ad un polverone durato qualche settimana. Poi nulla più. A distanza di tre mesi, quello che allora si era lanciato sulla preda designata come un leone, si è trasformato in un innocuo agnellino e, rispondendo ad una lettera di una lettrice, si è lasciato andare ad un mea culpa dai contorni strani. Già, proprio lui, Vittorio Feltri, il giornalista che venderebbe anche l’anima al diavolo pur di pubblicare un scoop sensazionale. Si sarà mica fatto prendere dai sensi di colpa? Ad ogni modo, il mea culpa feltriano ha assunto il profilo di una captatio benevolentiae nei confronti di Boffo che da “omosessuale attenzionato” è diventato “giornalista prestigioso e apprezzato”. Sempre nella lettera di risposta alla lettrice, il direttore de il Giornale ha sottolineato come Boffo abbia “saputo aspettare, nonostante tutto quello che è stato detto e scritto, tenendo un atteggiamento sobrio e dignitoso che non può che suscitare ammirazione”. E ancora, in riferimento al suo (di Feltri) peccatuccio, parla del periodo caldo della scorsa estate come di “un periodo di fuochi d’artificio sui presunti eccessi amorosi di Berlusconi”. Frangente nel quale si colloca l’attacco a Boffo, il cui obiettivo era semplicemente quello di dimostrare “che tutti noi faremmo meglio a non speculare sul privato degli altri, perché anche il nostro, se scandagliato, non risulta mai perfetto. Poteva finire qui”. Qui, invece, non è finita proprio per niente e anzi il suo attacco ha avuto un eco che ha costretto Dino Boffo a dimettersi e ha gettato fango su di lui e sulla sua famiglia. Dure, anche se parzialmente compiaciute, le reazioni da parte della Cei, editore dell’Avvenire e dei cdr dello stesso giornale romano e di Tg2000, altra testata di cui Boffo (foto a destra) era direttore. boffo%20dino - Caso Boffo. Mea culpa Feltri. Cei e Avvenire: troppo tardi. Siddi furbata se ora non cambia registroNon avevamo dubbi sull’inconsistenza delle accuse rivolte a Dino Boffo – scrive in una nota il cdr di Tg2000 – e siamo sempre stati consapevoli che il tempo lo avrebbe dimostrato. Oggi Il Giornale torna sui suoi passi, ma resta l’amarezza per i danni che la campagna diffamatoria del suo giornale ha provocato, calpestando e violentando l’onorabilità, la dignità e la vita di Boffo, come uomo e come professionista, della sua famiglia e delle sue redazioni”. Rincula quello dell’Avvenire, sostenendo che “un buon giornalista avrebbe verificato la notizia prima di pubblicarla. Le sue ammissioni rendono ancor più evidente la necessità di una seria riflessione sulla professione giornalistica, sulla responsabilità dell’informazione, a tutela del lettore e di chi, questo mestiere, cerca ancora di onorarlo con onestà intellettuale e umano rispetto”. Una bacchettata arriva anche dalla Cei, per bocca del suo portavoce, monsignor Domenico Pompili, che ha giudicato – a ragione – “tardive” le scuse (travestite da giustificazioni) del direttore Feltri. Sabato, intanto, è intervenuto sull’argomento anche Franco Siddi, segretario dell’Fnsi, nel corso di un incontro per celebrare i cinquant’anni dell’Unione cattolica della Stampa italiana. Secondo Siddi, “quello di Feltri su Boffo è una furbata più che una sincera retromarcia e una seria ammissione di errore cagionato. Conferma che questo non è giornalismo da insegnare a nessuno”. Durissimo, quindi, l’attacco di Siddi, che prosegue dicendo che “riconoscere oggi, tre mesi dopo un’allucinante vendetta mediatica compiuta nei confronti di un collega di cui ora riconosce l’onore, la dignità e soprattutto che non era protagonista di nessun misfatto è comunque una novità da rilevare nel giornalismo feltriano”. “La tardiva ammissione di Feltri – continua -, certo meglio tardi che mai, avrebbe un valore profondo se fosse accompagnata da un cambio di registro, se cioè significasse la fine di un giornalismo fatto di tesi spacciate per notizie e di operazioni di killeraggio mediatico nei confronti di chi non la pensa nello stesso modo”. Insomma, non convince la “conversione” di Feltri, agnellino per un giorno. Sia mai che questa possa rappresentare una spinta per una futura trasformazione permanente. Che oggi va tanto di moda. (G.M. per NL)
 

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