Perché la (eventuale) vendita di Radio Capital (gruppo GEDI) costituirebbe un ulteriore importante passaggio nel processo di dematerializzazione del medium radiofonico?
Ora, non è certo una novità che l’emittente meno performante del gruppo GEDI sia sul mercato: è da almeno “un paio d’anni e di stagioni”, per dirla con Loredana Berté, che se ne parla, con fascicoli che si posano e si sollevano da tavoli di studi legali, società di M&A, banche d’affari, fondi di investimento, ecc.
La dematerializzazione mediatica
Così come coglie di sorpresa solo gli sprovveduti che il medium radiofonico sia ormai proiettato – al pari di tutti gli altri mezzi di comunicazione di massa – ad operare in assenza di una propria infrastruttura tecnica di distribuzione.
OTT
Come un OTT, un over the top, cioè un soggetto che agisce al di sopra delle reti, senza farsi carico diretto dei costi relativi alla trasmissione ed alla gestione della rete (acquistando servizi di distribuzione da terze parti).
Angelucci
Quindi l’indiscrezione del quotidiano Italia Oggi di qualche settimana fa (ribadita in un articolo odierno con maggiori dettagli sui conti) sulla trattativa tra GEDI ed il gruppo editoriale della famiglia Angelucci (che edita i quotidiani Il Giornale, Libero, Il Tempo), non ha provocato particolari reazioni nel settore.
Valori degli asset
L’unica questione significativa, almeno ai nostri occhi, paiono essere i valori dell’asset concessione nazionale + impianti FM + marchio resi noti dal quotidiano economico-finanziario.
12 vs 30
Asset valutato dagli Angelucci 12 milioni di euro e da GEDI tra 25 e 30 (quindi 25). Importo che si traduce in una trattativa in alto mare.
Il nodo
In realtà, diversi osservatori hanno riferito che il vero nodo della negoziazione, con ogni probabilità, potrebbe non essere costituito solo dal prezzo, ma anche dai dipendenti e collaboratori applicati a Radio Capital (emittente in capo ad Elemedia s.p.a., il cui capitale è al 100% di GEDI).
Ridistribuzione
Consistenza organica che, qualora non trasferita alla newco degli Angelucci (che avrebbero escluso tale possibilità), potrebbe imporre la ridistribuzione sugli altri asset di Elemedia o, più in generale, di GEDI, appesantendone la gestione.
Il cane e la sua coda
E quindi rideterminando quel problema di costi che si vorrebbe correggere attraverso l’alienazione di un bene evidentemente considerato non più strategico.
Frizioni e contenziosi
Peraltro, l’esperienza insegna che operazioni di questa portata quasi mai si concludono senza frizioni sindacali e contenziosi giudiziali.
I valori…
Comunque sia, tornando al discorso iniziale dell’interesse specifico sulla questione, quand’anche volessimo limitarci a valutare l’oggetto della trattativa, cioè brand, concessione e ferro (le frequenze FM), dalla ricostruzione effettuata da Italia Oggi apprendiamo che l’iscrizione a bilancio 2022 di quest’ultimo nella s.p.a. Elemedia è di circa 86 mln di euro.
Ripartizione
Di cui una quarantina riferibili a Radio DeeJay e presumibilmente poco meno di una trentina a Capital ed il resto a m2o (bilanciamenti attraverso migrazioni di impianti da Capital a m2o a parte).
… in caduta libera
Tutto sommato, valori non molto disallineati da quelli di mercato (a differenza di altri gruppi che hanno iscritto valutazioni totalmente scollegate dalla realtà), anche se in caduta libera (nella prospettiva di un azzeramento entro il 2035).
Vita utile del bene
Quest’ultimo aspetto è infatti particolarmente rilevante, considerato che un eventuale acquirente dovrebbe suddividere il valore d’acquisto del bene per i suoi anni di vita utile.
Orizzonte temporale FM
Quindi per andare al sodo, al netto degli (importanti) costi d’esercizio delle frequenze FM acquisite e dell’impegno economico per la realizzazione e promozione del prodotto, il business plan dovrebbe tenere in considerazione la durata di vita residua della modulazione di frequenza e quindi la effettiva potenzialità di sfruttamento degli impianti analogici.
Il comportamento degli utenti
Non tanto in previsione di eventuali switch-off FM/DAB+, quanto per disaffezione dell’utenza e costrizioni tecnologiche. Non è infatti elemento irrilevante di valutazione il fatto che le nuove autoradio discriminano la FM a favore del DAB+.
Il futuro sulle quattro ruote
E presto faranno la stessa cosa a danno di quest’ultimo favorendo soluzioni streaming come Android Auto ed Apple Car Play.
Quel che resta dell’analogico
Parliamo cioè dell’ultimo baluardo analogico nelle comunicazioni elettroniche.
Scelte differenti
Un bastione su cui il gruppo GEDI ha confidato forse più di altri gruppi radiofonici, evidentemente più sensibili ed attivi sulle piattaforme di distribuzione digitale.
Senza il traino
Ben si comprende, quindi, la scarsità di soggetti interessati ad un asset troppo radicato sull’analogico e niente affatto brillante per riscontri di audience, che, una volta acquisito, non godrebbe più del traino commerciale del prodotto di punta (DeeJay) e comunque delle sinergie editoriali di gruppo.
I conti
Circostanza rilevante nel caso di specie, considerato che già la marginalità delle attività radiofoniche di Elemedia è quasi insignificante nell’universo GEDI: nel 2012 i ricavi radiofonici erano di 60,4 milioni di euro, con un risultato operativo positivo per 16,4; nel 2022 i ricavi erano scesi a 57 milioni di euro, con un risultato operativo crollato a 2,6 milioni, di cui è facile ipotizzare la componente di Capital (se esistente).
Dubbi
E che, ovviamente, solleva molti dubbi sulla possibilità di collocazione dell’asset Radio Capital ai valori auspicati da GEDI, che troppo poco ha fatto in questi anni (e sta facendo tuttora) per dematerializzarsi, cogliendo la necessità di seguira la via degli OTT.
Incentivo al superamento del concetto di broadcasting
Probabile, quindi, che questa operazione – che si faccia o meno – costituirà un forte incentivo per tutti i player che ancora non l’hanno fatto, ad abbracciare i processi di bypass dei multiple-system operator nel controllo o nella distribuzione del contenuto, prima di trovarsi solo con del ferro da rottamare.
Il precedente
Peraltro la vicenda di Capital fa venire alla mente un’altra operazione, complicata e molto simile per principi economico-finanziari-editoriali, conclusasi poco più di un anno fa nella stessa famiglia editoriale: la vendita de L’Espresso.