E’ caos sui canoni per i diritti d’uso DTT: l’emendamento dell’esecutivo che congelava la delibera Agcom e prorogava il previgente regime basato sul pagamento dell’1% del fatturato, è stato dichiarato inammissibile dalla commissione Bilancio del Senato e quindi ritirato.
"Gli operatori di rete – recitava il testo cassato – sono tenuti al pagamento di un contributo annuale, determinato in via transitoria dal ministero dello Sviluppo economico di concerto con il ministero dell’Economia e delle Finanze, secondo i parametri del regime di contribuzione di cui all’art.27, comma 9, della legge del 23 dicembre 1999 n°488”. A parte le questioni non secondarie sul piano giuridico relative ai conflitti di competenze tra MiSE, MEF ed Agcom, la motivazione starebbe nel fatto che la novella non avrebbe consentito l’attuazione piena della delibera dell’ente di garanzia, con la conseguenza che, in difetto di intervento legislativo (compatibile con la separazione dei ruoli dei ministeri e delle autorità indipendenti), dal 2014 si applicheranno i controversi criteri dell’Autorità, che affossano i player minori favorendo il duopolio RAI e Mediaset. D’altro canto, il Governo dubita della sostenibilità finanziaria della delibera Agcom, come emerge dalla relazione tecnica sull’emendamento bocciato: “L’applicazione progressiva del nuovo sistema di contribuzione determinerebbe per i primi otto anni e sino alla sua applicazione a regime una riduzione significativa di gettito per l’erario rispetto al 2013”. Al centro del confronto c’è la legge 44/2012 che impone che dall’attuazione "progressiva" del nuovo regime “non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Altamente probabile a questo punto una diversa formulazione dell’emendamento bocciato ai fini di una ripresentazione con rapida approvazione per evitare il precipitare della situazione. (E.G. per NL)