I criteri fissati da Agcom per la determinazione dei canoni per i diritti d’uso delle frequenze del digitale terrestre non piacciono all’UE.
Le tariffe per l’utilizzazione dei canali per la radiodiffusione televisiva terrestre fissate da Agcom che favoriscono gli operatori nazionali esistenti (che pagherebbero meno di oggi per lo svolgimento della loro attività) ma penalizzano pesantemente i network provider locali e i cd. "nuovi entranti" (che difficilmente riuscirebbero a stare sul mercato), non convincono l’Unione Europea. Nel merito, la Commissione Europea, temendo un consolidamento del duopolio in pendenza della chiusura della procedura d’infrazione avviata a seguito del caso Europa 7, il 18 luglio 2014 ha inviato ad Agcom e Ministero dello Sviluppo Economico una nota dal tono inequivocabile sia su tale argomento (con particolare riferimento all’assegnazione di uno dei tre lotti del dividendo digitale interno all’unico richiedente, il gruppo Cairo) che, appunto, sulla vicenda "canoni" (qui il testo integrale). Raccogliendo le doglianze degli operatori di rete locali, Bruxelles ha, senza mezzi termini, bacchettato nuovamente le autorità italiane, che ora dovranno prendere atto delle vincolanti indicazioni comunitarie (impartite sulla base del principio di "leale cooperazione" che vincola gli stati membri dell’UE) e disporre gli adeguamenti alle indicazioni sovranazionali, pena l’apertura di nuove procedure per la verifica di eventuali infrazioni al diritto europeo. (M.L. per NL)