L’Italia è lontana anni luce dal panorama europeo per quel che riguarda gli spazi pubblicitari nelle tv pubbliche: la società presieduta da Anna Maria Tarantola non sembra adattarsi ai modelli regolamentati delle emittenti che godono di canoni forzosi dall’utenza nel vecchio continente.
In Spagna, Tve non trasmette più spot dal 1° gennaio 2010 (fatta eccezione per quelli in occasione degli eventi sportivi e dei patrocini culturali), zero pubblicità anche per Bbc nel Regno Unito; France Télévision dal 2009 ha cancellato gli intervalli pubblicitari dalle ore 20 alle 6 del mattino e anche in Germania Ard e Zdf non trasmettono spot dopo le 20 e durante il giorno le inserzioni non possono superare la soglia dei 20 minuti (con divieto di interrompere film o eventi sportivi). Lo stesso panorama non è sicuramente riscontrabile in Italia, dove RAI mantiene un peso preponderante sul mercato, con 682 mln di euro incassati nel 2013 – cui sono da sommare gli 1,76 mld di euro dei ricavi “da canone”, ossigeno garantito per l’emittente di via Mazzini, che parte con una marcia in più rispetto alle tv commerciali che si cibano di sola pubblicità -. Certo è che se inizialmente l’unico vero concorrente della Rai nel settore pubblicitario era il Biscione di Cologno Monzese, ora il mercato si è aperto a colossi come Sky, La7, Mtv e Discovery, che raccolgono complessivamente 650 mln (cifra molto vicina al totale dell’emittente pubblica). Necessità di adattarsi al modello europeo? L’adeguamento al resto della situazione europea potrebbe però implicare – ahinoi! – il rischio di un aumento del tanto odiato canone italiano: in Francia l’imposta annua è di 123 euro, i britannici devono sborsare annualmente 175 euro, mentre in Germania l’imposta costa ai cittadini la bellezza di 215,76 euro. Come ricorderanno gli attenti lettori, nelle scorse settimane tutte le tv commerciali attive sul territorio italiano, hanno premuto l’acceleratore per convincere il governo ad attuare un sistema di riscossione del canone teso a limitare il più possibile l’evasione, colpendo i morosi: tra le ipotesi serpeggiava la possibilità di agganciare la riscossione dell’odiata imposta alla bolletta elettrica (anche se per ora il provvedimento impopolare non è stato inserito nel decreto Irpef). Il presidente dell’Autorità per l’Energia Elettrica, Guido Bortoni, in merito a questa ipotesi ha dato un netta smentita sottolineando che “abbiamo letto la notizia sulla stampa. Non siamo interessati a questa situazione e non abbiamo altre informazioni. Nella bolletta dell’energia elettrica c’è già una voce esazione che riguarda gli oneri generali di sistema e che è nell’interesse generale del consumatore elettrico. Non credo che il canone Rai possa essere qualificato di tale interesse”. (V.R. per NL)