Il compito delle autorità indipendenti è quello di vigilare sul rispetto delle regole dei propri settori. Ma, tra tali organismi, in Italia c’è chi piantona e chi, invece, sonnecchia.
Al primo gruppo appartiene senza dubbio l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ente agile, energico, organizzato, capace di randellare chi gioca fuori dai precetti. Nel secondo dobbiamo – ahinoi – annoverare l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, organismo lento, affaticato e mescolato, con una fragile emancipazione. Non a caso, se le prese di posizione del presidente dell’Agcm, Catricalà, sono sempre forti e chiare, gli avvertimenti del suo collega all’Agcom, Calabrò, appaiono frequentemente sussurrati e vaghi. Catricalà non le manda mai a dire: i sacrosanti strali contro l’ennesimo tentativo delle corporazioni professionali (con lo sconfortante appoggio del ministro Alfano) di abbattere le liberalizzazioni faticosamente conseguite nel nostro paese, reintegrando ed addirittura potenziando anacronistici privilegi a tutto danno di cittadini e giovani professionisti, ne sono ricco esempio. La fiacca e acciarpata gestione delle problematiche dell’ordinamento dei canali (LCN) – su cui ha dovuto incitare la stessa Antitrust – della revisione del Piano nazionale di assegnazione delle frequenze digitali e della radio numerica da parte di Agcom è indicativa sulla sponda opposta. Le autorità indipendenti dovrebbero essere, sempre, cani da guardia posti ai confini delle regole. Non scodinzolanti cagnetti da salotto.