Sono molte le super-alleanze (attuali o prospettiche) che hanno interessato il settore mediatico italiano questa settimana: Discovery con Scripps, Netflix insieme a Sky, Mediaset e TIM (quest’ultima in prospettiva di un accomodamento tra il Biscione e Vivendi, controllore di Telecom Italia).Segno che il comparto è più vivo che mai e che, casomai qualche ingenuo ancora lo pensasse, i cambiamenti si cavalcano, non si osteggiano.
Già, perché di questo si tratta: dei nuovi equilibri televisivi che interesseranno gli utenti non tra 15 anni e nemmeno tra 10: nel 2022, cioè tra quattro anni, lo scenario tecnologico – non ci stancheremo mai di scriverlo – sarà molto differente da oggi, con una convergenza assoluta tra etere e IP.
Ma se lo sfondo (tecnico) sarà diverso, non necessariamente lo saranno i superplayer che avranno saputo attraversare proficuamente le trasformazioni. Perché la tv ibrida, quella che dal DTT (e/o dal sat) passa all’IP e viceversa è potenzialmente uno strumento fantastico per rafforzare le rendite di posizione.
Altro che apertura e crollo del business tradizionale: la tv del futuro sarà ancora più concentrata di quanto lo è oggi. I giganti lo hanno capito da tempo. Chi, su un piano inferiore, ci crede ancora e vuole crescere è bene che lo comprenda a sua volta. Quanto prima.