Intervento del Presidente Corrado Calabrò alla presentazione del volume “Il diritto della concorrenza nella giurisprudenza” di Manfredi De Vita (22 marzo 2010, h.16.30 presso sede Autorità Antitrust).
Introduzione: l’attività giurisdizionale
La lettura di questo interessante volume dell’Avvocato De Vita ha avuto come primo risultato di farmi fare un tuffo nel passato. A quei quattro anni in cui, da presidente del TAR del Lazio, ho esercitato la giurisdizione nella I^ sezione nei confronti della Banca d’Italia, della Consob e … dell’Antitrust.
E devo dire che niente fa impadronire dei meccanismi del procedimento e niente fa entrare più intus et in cute in una valutazione approfondita, anche tecnica, quanto l’esame che si fa in sede giurisdizionale, alla luce del contraddittorio svolto da un Foro di altissima qualità.
Alla mia esperienza giurisdizionale rimango molto legato; 41 anni di attività giurisdizionale alle spalle nel Consiglio di Stato e nel TAR non passano senza lasciare un segno.
Ma veniamo al libro di cui discutiamo oggi.
E’ un lavoro di grande utilità. Probabilmente un unicum nella pubblicistica italiana, come sottolineato dal Pres. de Lise; una sintesi tra una raccolta di massime, un commentario e un manuale svolta sulla base del dettagliato esame della giurisprudenza.
Vorrei articolare il mio intervento su tre livelli, tre flash:
1) Il primo, di carattere generale, sul significato del vaglio del giudice amministrativo sui provvedimenti delle autorità indipendenti;
2) Il secondo, che ha un taglio più settoriale e deve inevitabilmente molto al ruolo che attualmente ricopro, verte sul contributo che il settore delle telecomunicazioni ha dato al diritto della concorrenza, anche alla luce dell’evoluzione dei mercati;
3) Il terzo sull’evoluzione del rapporto tra regolazione e concorrenza, e conseguentemente tra le due autorità, con una proiezione sul futuro della regolazione.
Ma prima ancora consentitemi qualche parola sul ruolo delle Autorità indipendenti. Un argomento di massima attualità in questi giorni.
I. I referenti delle Autorità indipendenti.
Le Autorità indipendenti non sono tali per definizione.
O sono indipendenti davvero nelle loro decisioni o non hanno motivo di essere.
Indipendenza delle Autorità indipendenti non significa irresponsabilità.
Sono cinque i referenti cui le Autorità indipendenti –e in particolare l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni- rendono conto della propria attività.
1. Referente politico è il Parlamento.
Il rapporto con il Parlamento è un aspetto chiave della legittimazione democratica delle Autorità indipendenti.
2. Secondo referente è l’Unione europea, la quale presiede alla contestualizzazione, nel quadro comunitario, delle regole dettate dalle Autorità nazionali e dell’azione di vigilanza da esse svolta.
Il dialogo con gli uffici della Commissione europea è intenso e continuo. Da segnalare è il contributo che l’AGCOM dà al Quadro comunitario sia nella fase ascendente di formazione delle norme mediante le cosiddette procedure comunitarie di comitatologia, sia nella fase discendente per il referto agli organi comunitari sulle regole adottate e sui risultati della loro applicazione.
A latere si svolge il confronto con le altre Autorità regolatrici d’Europa.
3. Il controllo del giudice amministrativo.
Terzo referente è il giudice amministrativo; di questo parleremo oggi ex professo.
Si tratta di un riscontro di straordinaria importanza e incisività, sia quando il giudice amministrativo corregge, sia quando – come il più delle volte accade – il giudice conferma le nostre determinazioni.
Il caso del regolamento applicativo della par condicio è al riguardo una cartina di tornasole. Il regolamento che abbiamo deliberato noi per le emittenti private era la “fotocopia” di quello deliberato dalla Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai – per una questione, sofferta, di opportuna equivalenza (che io ritenevo comunque che non potesse prevalere sul dovere di non ribaltare la legge: ma venni messo in minoranza …).
Ora, nei nostri confronti il TAR si è espresso dopo 10 giorni sospendendo le regole della nostra delibera confliggenti con la legge. Ottemperando alla decisione del giudice la Commissione Servizi e Prodotti dell’Autorità ha annullato le disposizioni in questione a distanza di poche ore dall’ordinanza del TAR.
Un analogo controllo giurisdizionale non è stato invece esercitato e non era esercitabile sul regolamento della Commissione parlamentare di vigilanza, che è organo del Parlamento – almeno fino a quando qualcuno non sollevi la questione davanti alla Corte costituzionale -; con il risultato, paradossale, che una norma sospesa dal TAR per le emittenti private continua a produrre effetti per la Rai.
Con buona pace del pluralismo e della par condicio, anche in termini di raccolta pubblicitaria.
4. Quarto referente è il mercato.
La valutazione dell’operato delle Autorità indipendenti sul terreno operativo è un elemento centrale per la loro accountability. Il potere politico –piaccia o no- è in qualche modo costituzionalmente accountable tramite il processo di selezione elettorale; le Autorità indipendenti, per definizione, no, ed è quindi evidente che il loro operato debba essere aperto alla valutazione del mercato e dei contribuenti.
5. Quinto viene il controllo dell’opinione pubblica e, quindi dei mezzi d’informazione
Le notizie riportate dagli organi di stampa in questi giorni non possono non creare un senso di disorientamento. L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha visto messa in discussione la propria terzietà.
Il polverone sollevato è tale che rischia di far sottovalutare l’evidenza della riscontrata mancanza di effetti delle ipotizzate pressioni e delle sicure interferenze; e quindi della tenuta dell’Istituzione.
Addirittura, in prospettiva, si rischia di veder prevalere un senso generale di sfiducia e disistima verso il modello delle Autorità indipendenti.
Le Autorità indipendenti non rappresentano un fine in sé, né tantomeno un perimetro del settore pubblico in cui si accentrano poteri al di fuori del circuito di ogni responsabilità; ma uno strumento di garanzia di diritti sensibili inseriti in un contesto di bilanciamento di poteri tra contrapposti diritti costituzionalmente garantiti, nel quadro di una continua trasformazione del rapporto fra economia e poteri pubblici, tra mercato e istituzioni.
L’indipendenza deve sussistere non soltanto nei confronti degli operatori di mercato ma anche nei confronti dell’Esecutivo. E’ essenziale che nella gestione delle questioni di loro competenza le Autorità indipendenti operino in condizioni di terzietà. Cioè da vero arbitro, non da arbitro-giocatore; i giocatori sono tutti gli altri stakeholder, tra i quali anche il Governo per il suo ruolo nella politica economica e nella comunicazione.
La terzietà delle Autorità indipendenti deve essere garantita dal meccanismo di nomina e dalla tipologia di requisiti di autorevolezza, competenza e statura morale ritenuti necessari, escludendo fenomeni di cooptazione per appartenenza, favor verso l’Esecutivo o vicinanza alle imprese vigilate.
Le Autorità indipendenti non nascono dalla mente di Giove, come Atena (Minerva). Nel Regno Unito, l’OFCOM (l’Autorità indipendente che si occupa di Tlc, televisione e radio) ha, come Direttore generale, il consigliere politico per i media di Tony Blair e consulente di Gordon Brown e, come nuovo Presidente, un consigliere di amministrazione di banche e imprese, (secondo quanto si legge nel suo curriculum).
In Francia, più della metà degli attuali 9 componenti del Conseuil Supérieur de l’Audiovisuel, l’Autorità indipendente tra le cui funzioni c’è quella di “garantire la libertà di comunicazione nel settore audiovisivo”, hanno avuto incarichi politici come direttori di gabinetto e consiglieri tecnici di vari Ministri. L’attuale Presidente è stato, tra l’altro, direttore di gabinetto del primo ministro Raffarin.
Negli Stati Uniti il Presidente Obama ha nominato il responsabile della propria campagna elettorale a capo della FCC (Federal Communications Commission, definita Agenzia indipendente governativa), ch’è preposta alla regolamentazione del settore dei media e delle comunicazioni. Nello Statuto della FCC è previsto espressamente che “non più di 3 commissari possano essere membri dello stesso partito politico”. Infatti essi dichiarano sul sito web il partito di appartenenza.
E tuttavia –quali che siano state le pregresse esperienze- ci s’aspetta che tutti nell’esercizio delle loro funzioni dimostrino indipendenza , sia pure nell’ambito del loro orientamento generale, così come ce lo si aspetta dai membri della Corte costituzionale o, negli Stati Uniti, dai membri della Corte Suprema.
L’imminente appuntamento con il recepimento della direttiva 2009/140/CE, entrata in vigore nel dicembre scorso nell’ambito della riforma del quadro normativo europeo del settore delle comunicazioni elettroniche, costituisce un’occasione unica per introdurre nel nostro ordinamento le rafforzate garanzie previste dalle direttive comunitarie a tutela dell’indipendenza delle Autorità.
Alcuni passaggi della nuova Direttiva europea non potrebbero essere più espliciti:
“È opportuno rafforzare l’indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione per garantire un’applicazione più efficace del quadro normativo, rafforzare la loro autorità e assicurare una maggiore prevedibilità delle loro decisioni.
Ancora, “le autorità nazionali di regolamentazione responsabili della regolamentazione ex ante del mercato […] operano in indipendenza e non sollecitano né accettano istruzioni da alcun altro organismo nell’esercizio dei compiti loro affidati. […]”
E’ vero che l’indipendenza si pratica e non si postula – meno che mai si assume in assioma per legge. Si esercita giorno per giorno nel lavoro e nelle decisioni che si è chiamati a prendere. Ma chiunque sia chiamato a svolgere l’importante ruolo di arbitro nei collegi delle Autorità indipendenti deve avere garantite tutte le condizioni per essere indipendente. Se poi non si comporterà come tale, sarà perché non vuole esserlo.
In questo senso, più volte, guardando alle migliori esperienze internazionali (si veda ad esempio il meccanismo di nomina dei Commissari europei), a garanzia della scelta dei candidati in base alla competenza e non in base all’appartenenza politica, ho proposto che il meccanismo di nomina parlamentare per i componenti sia preceduto dal parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, espresso a seguito dell’audizione dei candidati (come attualmente già previsto per la nomina del presidente). Le Commissioni esprimono il loro parere previa audizione degli aspiranti Commissari e procedono a un esame penetrante della loro preparazione, del loro profilo e della loro attitudine.
La terzietà è poi consolidata da una congrua durata del mandato dei componenti delle Autorità – mandato non rinnovabile di durata tale da scongiurare meccanismi di nomina contingente – e dall’impossibilità di rimozione se non per il venire meno dei requisiti richiesti per la loro nomina e nel loro comportamento.
Al riguardo la Direttiva prevede che “Gli Stati membri garantiscono che il responsabile di un’autorità nazionale di regolamentazione o i membri dell’organo collegiale […] possano essere sollevati dall’incarico [col giusto procedimento] solo se non rispettano più le condizioni prescritte per l’esercizio delle loro funzioni fissate preventivamente nell’ordinamento nazionale” (art 1, co. 3, lett. b), punto 3bis).
Come ho detto qualche giorno fa dinanzi alla Commissione Affari costituzionali della Camera, le Autorità indipendenti sono ormai entrate a far parte della Costituzione vivente del nostro Paese perché svolgono una funzione di garanzia imprescindibile, segnando il nuovo ambito e i nuovi limiti della sfera del “pubblico” rispetto a quelli propri dell’iniziativa privata.
Gli atti delle Autorità indipendenti devono essere informati al rigoroso rispetto di procedure trasparenti, note e neutre rispetto agli impulsi che le attivano.
L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni non adotta giudizi a priori, valuta tutte le questioni che le vengono segnalate da qualsiasi parte purché nei modi appropriati e, dopo adeguata istruttoria degli uffici, adotta decisioni attraverso votazioni collegiali.
Una cornice di legge chiara e rigorosa al riguardo, a partire dai criteri di nomina fino alle garanzie a tutela del comportamento e delle scelte esercitate, può essere un passaggio utile a rafforzare alcuni principi, e, non ultimo, a migliorare il grado di percezione della valenza delle authorities da parte dell’opinione pubblica.
Indubbiamente, già oggi, una legge dello Stato non può cancellare un’Autorità che fa parte di un sistema di coordinamento europeo; e – malgrado le tentazioni ricorrenti, e non solo in Italia – con norme di diritto interno non si possono trasferire all’Esecutivo compiti che il diritto comunitario assegna alle Autorità indipendenti.
Il riconoscimento –per il quale basterebbe una legge ordinaria- che l’Antitrust, l’AGCOM e qualche altra Autorità indipendente di pari livello rientrano tra i Poteri dello Stato, ci consentirebbe di sollevare conflitto di attribuzioni nel caso in cui si tentasse di sottrarci le nostre competenze.
Una via, questa, più rapida del ricorso al giudice amministrativo nel quale sollevare la pregiudiziale comunitaria dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee o, addirittura, di quella di attendere l’esito della procedura d’infrazione che la Commissione europea potrebbe promuovere nei confronti del nostro Paese.
Comunque, anche indipendentemente da tali auspicabili miglioramenti del quadro normativo, noi al modello vigente delle Autorità indipendenti crediamo e, nel momento forse di massima vulnerabilità, ci tengo a riaffermarlo.
Nell’editoriale di ieri de La Repubblica Eugenio Scalfari riconosce che nel nostro Paese sono ancora esistenti e operanti Autorità neutre e capaci di imporre il rispetto delle regole.
L’indipendenza delle Autorità è infine – e, non da ultimo,- garantita dall’autonomia economica e finanziaria. Dalla previsione cioè di un’adeguata dotazione finanziaria e professionale – in termini di dimensione dell’organico e di sua idoneità rispetto alle competenze – tale da assicurare l’assolvimento dei compiti assegnati al regolatore e l’adozione di opportune politiche di incentivazione del personale.
Le Autorità indipendenti sono unanimemente considerate amministrazioni di eccellenza anche per la qualità del loro personale.
Ne sono profondamente convinto. Rivendico orgogliosamente i risultati ottenuti in questi anni in termini di efficienza, professionalità e dedizione della struttura di AGCOM. Ma l’eccellenza non avviene per decreto; essa si garantisce con una preparazione superiore del personale e con un lavoro quotidiano dedito e responsabile.
Nel processo di trasformazione della pubblica Amministrazione verso l’efficienza e la meritocrazia, le Autorità indipendenti devono dare una prova ancora maggiore. I rispettivi ordinamenti autonomi devono dotarsi di norme ancor più orientate verso la valorizzazione dell’eccellenza e della meritocrazia. L’utilizzo di criteri ultra-selettivi di reclutamento e di avanzamento di carriera deve essere un caposaldo del loro funzionamento e deve in modo sempre più marcato rappresentare il segno distintivo del sistema delle Autorità indipendenti, a garanzia della qualità del nostro lavoro.
II. Ma torniamo al significato del controllo giurisdizionale
Non si tratta di un mero esercizio tecnico, sia pure di elevato livello.
Il procedimento amministrativo in contraddittorio e il contenzioso identificano infatti –come dicevo- i necessari contrappesi dell’indipendenza delle Autorità di regolazione e di controllo.
I Presidenti Catricalà e de Lise hanno detto e diranno al riguardo funditus e meglio di me.
II. 2. Il contributo che il settore delle comunicazioni elettroniche ha dato al consolidamento del diritto antitrust.
Il settore delle comunicazioni elettroniche ha rappresentato negli ultimi venti anni un “laboratorio per le riforme”. A partire dagli anni novanta, la liberalizzazione delle telecomunicazioni ha infatti costretto gli Stati membri a confrontarsi con questioni sempre nuove e complesse, i cui fatti stilizzati hanno costituito il fil rouge regolatorio applicato poi ad altri servizi di interesse economico generale.
E’ il contesto in cui forse per prima, insieme al trasporto aereo, si è sviluppata la dinamica incumbent-versus-nuovi entranti a seguito del processo di liberalizzazione.
E difatti ritroviamo – puntualmente rappresentati nella raccolta curata da De Vita – molteplici esempi in cui condotte poste in essere nel settore delle comunicazioni elettroniche, hanno rappresentato casi importanti – quando non seminali – per lo sviluppo della dottrina e delle soluzioni giurisprudenziali antitrust.
Una rilettura a posteriori di alcuni esempi analizzati nel volume segna momenti significativi dell’evoluzione del settore.
Ma, sono anche qui, costretto a sorvolare, perché ho già parlato tanto.
Nel 1999 l’Autorità si espresse sulla violazione da parte della RAI dell’obbligo di notifica di operazioni di concentrazione che riguardavano l’acquisto di radiofrequenze.
Il TAR e il Consiglio di Stato confermarono questa impostazione, sottolineandone a maggior ragione la validità nel caso delle frequenze, considerate alla stregua di un bene limitato e non riproducibile, nonché di una risorsa necessaria per lo svolgimento dell’attività, in quel caso, radiofonica.
A più di 10 anni dalla decisione, e in pieno passaggio al digitale sia per la TV che per la radio, le frequenze mantengono ancora una centralità assoluta nel processo concorrenziale fra operatori e -punto che rileva in particolar modo per l’Autorità di garanzia nelle comunicazioni- nella tutela del pluralismo televisivo.
Telefonia mobile
Il contesto della telefonia mobile, dove la concorrenza è più facilmente innescabile dal momento che non vi sono colli di bottiglia infrastrutturali e la situazione di dominanza singola è stata velocemente superata, ha rappresentato principalmente l’ambito in cui si sono verificati comportamenti di intesa.
Penso ad un caso risalente del 1999 che riguarda un parallelismo di comportamenti fra Tim e Omnitel.
Da quegli anni il mercato si è trasformato radicalmente, tanto che ad oggi sembra siano trascorsi dieci anni luce, non dieci anni solari.
Una prova tangibile dell’iniezione di concorrenza sostenibile è offerta dal dato relativo al cambio di gestore: dal 2002 a settembre 2009 più di 21 milioni di utenti hanno cambiato gestore. E’ un dato unico in Europa, sia in termini assoluti che pro-capite, che esprime una incredibile vivacità nel settore. Sullo sfondo, non va dimenticato, di un’incessante introduzione di innovazioni (dall’IP TV al 3G fino ad arrivare alla larga banda mobile).
L’apertura del mercato italiano e la congruità delle regole rispetto a quelle europee sono testimoniate dalla presenza nel nostro Paese, unica nel contesto internazionale, dei maggiori operatori stranieri.
II. 3. L’evoluzione del rapporto tra regolazione e concorrenza (ed una proiezione sul futuro della regolazione).
Farò invece, conclusivamente, qualche considerazione sul rapporto fra regole di concorrenza e discipline di settore.
L’Autorità Antitrust è nata prima del regolatore AGCOM e quest’anno compie un compleanno importante: vent’anni. Auguri!
Da un punto di vista giurisprudenziale il rapporto fra concorrenza e regolazione si è pertanto sviluppato con un’attenzione speciale che il giudice ha dedicato al confine e ai limiti delle competenze parallele. Ad esempio, ed il volume lo ricostruisce con dovizia di particolari, più volte TAR e Consiglio di Stato hanno ribadito il principio – peraltro affermato nell’ordinamento comunitario – per cui le indicazioni che vengono fornite dalle Autorità nazionali di regolamentazione per la definizione dei mercati rilevanti e delle significative posizioni di mercato non pregiudicano l’applicazione delle norme relative alla concorrenza da parte degli organi nazionali concorrenti. L’AGCOM ha competenza a sanzionare la violazione degli obblighi di regolamentazione da essa impartiti con i propri provvedimenti, ma resta integra la competenza dell’Antitrust ad accertare fattispecie anticoncorrenziali previste dalla legge.
Nell’esercizio delle competenze parallele le due Autorità devono peraltro coordinarsi in un’ottica di leale collaborazione -anche, se del caso, con lo strumento tipico dell’intesa-. L’accordo di collaborazione tra le due autorità, risalente al gennaio 2004, definisce in questo senso i meccanismi di cooperazione e consultazione previsti nel codice delle comunicazioni elettroniche. In tale contesto assume valore di atto endoprocedimentale il parere tecnico-giuridico rilasciato dall’Autorità di regolazione nel corso delle procedure istruttorie antitrust e quello formulato dall’AGCM nell’ambito dell’analisi dei mercati rilevanti effettuato dall’AGCOM.
Il sistema si fonda sulla distinzione tra regolazione ex ante ed intervento ex post.
In presenza di ostacoli strutturali all’accesso sul mercato la sola azione ex post avverrebbe, infatti, necessariamente in ritardo e con riferimento a singoli casi.
E’ vero che in Europa la regolamentazione dei mercati delle comunicazioni elettroniche va progressivamente riducendosi, a testimonianza dell’efficacia delle misure regolamentari assunte nel corso dei primi due cicli di analisi di mercato. Proprio perché meno intrusiva, la regolazione viene ora ad assumere un’identità più matura, potendosi focalizzare sui problemi che ancora pregiudicano lo sviluppo della concorrenza nel settore delle comunicazioni.
Il nuovo Commissario all’Agenda digitale, Neelie Kroes, ha auspicato che entro alcuni anni (non è prevedibile, ad oggi, stabilire quanti) tutti i mercati delle comunicazioni elettroniche divengano sufficientemente concorrenziali, tali cioè da non avere più bisogno di una regolamentazione ex ante.
E’ un auspicio che condivido, che era ben chiaro fin dall’avvio della regolamentazione del settore, vent’anni fa, e che non coglie impreparata l’AGCOM. E’ un passaggio tanto più stringente quanto più efficace risulterà il quadro regolatorio che in Europa si è andato via via delineando dagli anni novanta ad oggi, e che sta permettendo di rimuovere quei “forti ostacoli non transitori all’accesso” che rallentano il traghettamento dei mercati ad uno stadio di maturità.
Ma, per quello che possiamo intravedere, il ruolo delle Autorità nazionali di regolazione nel settore delle comunicazioni elettroniche è ancor oggi tutt’altro che esaurito, tanto che esse ora fanno parte di un organico sistema comunitario di Autorità indipendenti – anche senza voler considerare (ma come si fa a non considerarle?) le competenze in materia di tutela del pluralismo informativo proprie di autorità convergenti come l’AGCOM.
In primo luogo, il processo di ri-regolazione e di fine tuning è stato, e sarà, inevitabilmente continuo e in divenire; oltre a ciò c’è da tener presente che nuove regole sono necessarie per il costante adeguamento all’evoluzione tecnologica.
La discontinuità tecnologica delle nuove reti in fibra (NGN), ad esempio, postula la necessità di nuova regolazione, anzi, di un nuovo approccio regolatorio. La necessità di conversione della rete fissa alla fibra ottica per tenere il passo coi tempi richiede regole nuove che contemperino l’esigenza di una giusta rimunerazione del capitale impegnato in un investimento a bassa redditività di medio-lungo periodo, con quella, indeclinabile, della salvaguardia della concorrenza e della parità di accesso alla rete.
Il ruolo del regolatore è interessato da un continuo processo di evoluzione e assume nei fatti sempre più una funzione concorrente con quella delle Autorità antitrust. Sempre più ampio è il ricorso da parte dei regolatori a strumenti di analisi tipici del diritto antitrust.
In questa angolazione, come già accaduto in diversi Paesi europei (a cominciare dal Regno Unito, con OFCOM), ritengo sia fondamentale iniziare a ragionare su un percorso in cui le Autorità di regolazione – per la competenza tecnico-giuridica maturata nel tempo proprio nella fase regolatoria – siano investite degli strumenti idonei a garantire il funzionamento della regolamentazione ancora in vigore e, al contempo, ad impedire agli operatori che restano comunque in posizione di dominanza di abusare di questa posizione.
Qualcuno, in questa sede, potrebbe sottolineare che non è il caso di provocare nella tana del lupo. Ma, a parte la considerazione che io non sarò direttamente interessato dall’eventuale cambiamento, dato il termine del mio mandato, qui c’e’ solo l’intenzione di porre le basi per un dibattito franco, trasparente e serio sulle prospettive della regolazione concorrenziale nel settore delle comunicazioni elettroniche e della migliore strada verso un controllo efficace di mercati sempre più strategici per l’economia di domani.
Corrado Calabrò