Quella che da più parti è stata definita un’anomalia tutta italiana, è stata l’oggetto di una indagine congiunta dell’Agcom e dell’Authority che, a seguito della firma di un protocollo di intesa, sono giunti ad un accordo per la definizione della questione relativa ai costi di ricarica dei telefoni cellulari. L’indagine parte dalla ormai famosa petizione varata dallo studente Andrea D’Ambra, che ha raccolto oltre 700 mila adesioni: la petizione è nata la prima metà del mese di aprile 2006, lanciata senza alcun supporto da parte di associazioni dei consumatori e che, dopo essere stata segnalata da Punto Informatico, ha avuto una grossa eco presso siti e associazioni dei consumatori ed è finita sul celebre blog di Beppe Grillo. Notizia di ieri è che, stando ai calcoli effettuati dalle due authority, considerando che il 91 per cento degli utenti mobili italiani utilizza una prepagata invece di un abbonamento, nelle casse di Tim, Vodafone, Wind e 3 solo lo scorso anno entrati 1.714 milioni di euro grazie ai costi di ricarica, con un aumento dei ricavi del 30.2% in tre anni. Ad essere colpiti sono le persone meno abbienti e gli studenti, che di solito effettuano ricariche di basso importo, quelle su cui in percentuale grava maggiormente il costo di ricarica. In termini relativi, affermano le autorità, lo studente che paga un euro in più su di una ricarica di tre euro, soffre più del manager che paga 5 euro di costo su di una ricarica di 250 euro: Non convincono nemmeno le agevolazioni messe a disposizione dai gestori, che abbuonano la “gabella” solo per i tagli di ricarica più elevati, come pure il meccanismo adottato da 3 che rimborsa il costo di ricarica in credito da utilizzare per l’accesso a contenuti sul proprio portale mobile. Le aziende telefoniche si sono difese affermando che i costi di ricarica sono necessari per mantenere in funzione il servizio di distribuzione delle ricariche: ma, una volta sostenuti tali costi, che ammontano a 769 milioni, restano comunque nelle casse degli operatori mobili qualcosa come 945 milioni l’anno. Inoltre, sempre secondo le due autorità, gli operatori hanno imposto costi di ricarica molto simili e “questo significa” affermano “che Tim, Vodafone, Wind e Tre non si sono fatti concorrenza come avrebbero dovuto, arroccati a difesa di questa sacca di redditività”. La conclusione a cui si giunge è che l’eliminazione del costo della ricarica “garantirebbe immediati vantaggi per i consumatori”, gli operatori, in ogni caso, “vanno costretti ad una vera concorrenza così da allontanare il sospetto di patti sotterranei e collusivi” e infine, i clienti dovranno essere meglio informati, in quanto, ad oggi, “ricevono spesso notizie né veritiere né complete”. (TL per NL)