Blogger: il confine tra hobby e lavoro, una sottile linea rossa

Spesso sfruttati dalle multinazionali della rete, lavorano gratis per pura soddisfazione personale. Il caso di Facebook è emblematico


Il “New York Times” lo ha ribattezzato “autosfruttamento”. Si tratta di una pratica sempre più in voga, specie negli Stati Uniti, tra i fanatici della rete. L’eccesso di passione per questo new medium, accompagnato da un’informatizzazione prodigiosa, porta un numero sempre maggiore di ragazze e ragazzi a spremersi fino al midollo pur di far parte dell’affascinante e variegato mondo dei blogger. Blogger, per definizione, può essere chiunque, l’importante è avere qualcosa da scrivere, qualcosa da dire. E spesso i più accaniti, i più appassionati, passano intere giornate a curare il proprio blog personale, il sito presso il quale prestano collaborazione gratuita, il blog di un amico. Questo finisce per trasformarsi in un vero e proprio lavoro, sottraendo tempo ad ogni altro tipo d’attività. Nella stragrande maggioranza dei casi, però, questo pseudo-lavoro non è neanche lontanamente retribuito. Secondo il “New York Times”, inoltre, diversi di questi “prolifici commentatori tecnologici” muoiono precocemente, spesso per infarto. C’è una qualche connessione con la loro attività di blogger-lavoratori a tempo pieno? Può darsi.
Questa sorta di target, comunque, è stato ben studiato da molti colossi del settore informatico, in maniera particolare dai portali che si occupano di social networking, che hanno inaugurato un fenomeno noto sotto il nome di crowdsourcing, ossia l’utilizzo (o lo sfruttamento, che dir si voglia) delle masse collegate alla rete per eseguire dei lavori. Facebook, ad esempio, 70 milioni di utenti e 15 miliardi di dollari di valutazione, ha deciso di utilizzare i suoi utenti per tradurre il proprio sito nelle differenti lingue, utilizzando manodopera a costo zero, ma penalizzando sensibilmente la qualità del lavoro. Lo può fare chiunque, ad un’unica condizione: si lavora gratis. Questa nuova frontiera del lavoro creerà una classe di sottoproletariato “internettiano”, composta da appassionati della rete senza un soldo? Questo si vedrà, ma intanto viene da chiedersi: se la classe operaia andava in Paradiso, l’esercito dei blogger, dove andrà a finire? (Giuseppe Colucci per NL)

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