Pare un perfetto esempio di controllo da epoca sovietica, riadattato ad un contesto da ventunesimo secolo, dal momento che al centro della questione v’è l’accesso a internet da parte dei cittadini bielorussi.
Il governo di Minsk ha reso noto il varo di un decreto che dal primo luglio di quest’anno porterà ad un radicale controllo dell’accesso a internet da parte delle istituzioni bielorusse. L’esecutivo guidato da Alexander Loukachenko (che pochi giorni fa aveva criticato “la melma che cola da Internet e in cui la gente non si ritrova più”) ha, infatti, lanciato il decreto n. 6 che nei piani di Minsk stringerà la morsa attorno al popolo degli internauti, costretti ad un processo d’autenticazione prima dell’accesso alla rete. Processo che, inevitabilmente, sarà monitorato dalle istituzioni preposte (con ogni probabilità, il dipartimento ideologico del gabinetto del presidente) che si arrogano il diritto di registrare e conservare – per un anno – tutti i percorsi in rete effettuati dai comuni cittadini. Non solo, la norma, relativa alle “misure di miglioramento per la rete internazionale di Internet (computer, telefoni cellulari)”, prevede anche l’istituzione di un “centro analitico” in cui i contenuti delle connessioni saranno debitamente analizzati per scovare eventuali comportamenti “a rischio”, eventuali frequentazioni di siti invisi al potere autoritario del governo Loukachenko. Ciò varrà, ovviamente, nel caso di connessioni private, da abitazione, ma anche nei cybercafè dove ogni utente dovrà necessariamente registrarsi – per poi farsi spiare – prima di ogni utilizzo, e delle abitazioni in condivisione, dove ogni residente avrà la sua bella password ed il suo bel nickname per non rischiare che le sue potenziali frequentazioni pericolose intacchino l’incolumità dei suoi coinquilini. Perlomeno in questo, la norma, appare democratica. Scherzi a parte, la norma, come detto, entrerà in vigore il prossimo 1° luglio, nonostante i proclami del presidente che sostiene che in Bielorussia chiunque può dire e fare ciò che gli pare online. Certo, finchè non gli arriva a casa il responsabile del dipartimento ideologico. E proprio il direttore di questo dipartimento, Usievalad Yancheuski, ha invece indirettamente smentito le parole del presidente, dichiarando che la norma s’ispira a quelle attuate dal governo cinese, non propriamente un esempio calzante in termini di libertà d’accesso alla rete. L’arma che ha in mano il potere politico bielorusso è potenzialmente molto pericolosa, dal momento che difficilmente sarà prevedibile un comportamento all’acqua di rose da parte dei cittadini che sapranno benissimo i rischi cui vanno incontro nel caso clicchino su siti sgraditi al governo, e saranno portati ad autocensurarsi. Strumento che si fa ancor più pericoloso in vista del controllo ideologico che sarà esercitato dal 1° luglio alla primavera del 2011, quando sono previste le prossime elezioni politiche. Come sempre a farsi portavoce della denuncia da parte della comunità internazionale è stata Reporters sans Frontiers, sul cui portale è apparsa una nota in cui si legge: “I timori espressi da Reporters sans frontières agli inizi del mese si sono concretizzati. Le autorità della Bielorussia tentano di rinforzare il loro controllo su Internet come hanno fatto con i media tradizionali. Questo decreto, che sottomette l’accesso alla rete ad una verifica dell’identità degli internauti o ad una autorizzazione preventiva dell’esistenza online in base al contenuto e a chi ne fa domanda, porta gli utenti all’autocensura. Questo risultato è evidentemente ciò che ci si prefigge col decreto, al di là delle dichiarazioni falsamente rassicuranti del governo bielorusso sulla libertà di espressione online”. (G.M. per NL)