Sono decenni che la danno agonizzante, fagocitata dai nuovi media che incalzano, rinfoltiscono il mercato e creano abitudini e diete mediali differenti.
La radio, il primo medium del Novecento, avrebbe dovuto chiuder bottega già da un pezzo ed, invece, è sempre lì, competitiva e ricettiva a nuove modalità di fruizione e diffusione dei contenuti. In principio era la radio da salotto, poi si è trasformata in radio da stanzetta – libera ed ascoltata dai giovani, mentre gli adulti erano davanti alla tv -, poi ancora da automobile. È arrivata la rete, ed anche la radio si è spostata online, a fare – in versione broadcasting – da sottofondo alla navigazione o – in versione IP, 2.0 e User generated Content – a rigenerarsi, strizzando un occhio al futuro, mutata nei contenuti e negli stili di fruizione. Il futuro della radio, questo è stato il tema centrale dell’incontro tenutosi lunedì pomeriggio, 29 marzo, presso l’università IULM di Milano ed ampiamente documentato dalle pagine di Radio Passioni di Andrea Lawendel. L’incontro internazionale, moderato da Tiziano Bonini, ha registrato la partecipazione di numerosi esperti e ricercatori: da Pierre Belangèr, dell’Università di Ottawa, Canada, ad Albino Pedroia, ricercatore della Sorbona di Parigi, da Mike Mullane dell’EBU (European Broadcasting Union), ad Adam Advirsson, della Statale di Milano, fino a Nico Perez, ventisettenne co-fondatore della Mixcloud.com. Ma il ciclo di vita della radio è davvero agli sgoccioli? A giudicare dalla sua duttilità nell’integrarsi nei nuovi scenari cross-mediali si direbbe di no. Ma qual è il futuro del mezzo? E quale il modo perché continui ad essere competitivo con gli altri mezzi e non soltanto un piatto di second’ordine della dieta mediale? A tal proposito, Adam Ardvisson, sociologo dei nuovi media, ha esordito parlando dei nuovi modelli produttivi, economici e sociali, con focus sui nuovi modelli di business dei contenuti user generated. In uno scenario in evoluzione costante, incerto e sovrabbondante, il ricercatore ha posto l’accento sull’importanza – oggi e sopratutto domani – della reputation economy e del social impact dei brand, sempre più svincolati dai classici canali pubblicitari. Hanno continuato, poi, Nico Perez, inglese, ventisette anni, co-fondatore di Mixcloud.com, che ha parlato dell’intreccio tra radio, internet e mercato musicale, e Mike Mullane, che si è addentrato nel mondo dei contenuti User Generated, il cui futuro dipende dalla capacità dei generatori di gestirli in modo qualitativo e diversificato. Mullane ha portato, ad esempio, il curioso progetto Save Our Sounds del BBC World Service, per la raccolta ed il salvataggio dei suoni dell’ambiente che ci circonda, a rischio estinzione. Gli ultimi due interventi sono stati, infine, quelli di Belangèr, che ha illustrato quello che potrebbe essere il futuro della radio "connessa", nelle sue diverse sfaccettature, ed Albino Pedroia che ha esaltato, – trovando su questo punto opinioni sostanzialmente convergenti – il futuro della radio ibrida, né solo "broadcast" né solo "IP", ma anche quello della radio digitale satellitare. Tanti futuri per tante radio, quindi. Altro che agonia, sembra molto più agonizzante la ben più giovane televisione. (G.M. per NL)