Media 2.0 il blog di Marco Mele (Il Sole 24 Ore)
C’è qualcosa di non dichiarato in questa guerra Berlusconi-Sky. Una guerra, oltretutto, portata avanti con strumenti impropri, come lo spot messo in onda da Sky e i contenuti dei Tg di Mediaset e di quello di Sky, tutti dalla parte dei rispettivi proprietari.
Gli effetti. Secondo il decreto, che si basa su un incremento medio del 10% del volume d’affari annuo delle pay tv nel 2008 e nel 2009, stima in 214 milioni l’introito nel 2009 e in 270 ogni anno dal 2010 al 2012. E stima il valore del mercato della pornografia in Italia in 1,1 miliardi di euro (da fonte Eurispes relativo al 2004, alla quale assegna una crescita annua del 5% medio sino al 211, con un gettito di circa 140 milioni nel 2009. La porno tax, della quale pochi parlano, è un’addizionale sul 25% degli utili, determinati prima dell’utilizzo di perdite pregresse.
Il contesto. Il mercato televisivo è ad altissima concetrazione di ascolti, risorse, diritti, frequenze. Il digitale, a causa del modello normativo scelto con la legge Gasparri, aumenta la concentrazione: permette a Rai e Mediaset di espandere la loro offerta su più reti (sei in Sardegna), sfruttando la rendita di posizione acquisita sul mercato analogico. Le tv locali, ad esempio, rischiano di essere falcidiate, perchè costrette a sostenere i costi della conversione al digitale senza avere le risorse per accrescere l’offerta di contenuti.
La valutazione. Negli ultimi tempi erano arrivati segnali di una riprese dai rapporti Sky-Mediaset, dall’ingresso di Fininvest nella pay tv tedesca Premiere al lancio, dal primo dicembre di Mediaset Plus su Sky. La stangata dell’Iva non più agevolata decisa dal Governo congela tutto questo; ma non c’è dubbio che la guerra Mediaset-Sky è onerosa per entrambi. Meglio, per loro, non per il mercato, sarebbe un’intesa sui diritti del calcio ancora in mano a Mediaset e per i canali Gallery. Tale trattativa, portata avanti da Pier Silvio Berlusconi e James Murdoch è fallita nei mesi scorsi ma non è detto che la partita non si riapra, a fronte di una crescita dei ricavi inferiori ai business plan.
Per adesso, ci perdono soprattutto gli abbonati alla pay tv e i suoi fornitori di contenuto. Il sistema tv, in ogni caso, non funziona, non produce innovazione, ha un basso grado di concorrenza e di pluralismo. Più che schierarsi con Rai o con Sky, bisognerebbe schierarsi per cambiarne le regole.