Basta al reddito di cittadinanza editoriale: a radio e tv servono contributi per investimenti tecnologici

tecnologici

In vista degli importanti avvicendamenti tecnologici cui sono chiamati gli operatori nell’immediato, è quanto mai opportuno che il modello governativo di sostegno all’editoria radiotelevisiva sia aggiornato, introducendo misure di supporto per gli investimenti in tecnologie innovative per adeguare le infrastrutture e i processi produttivi. Occorre passare dalla logica di mero sostegno all’impegno informativo locale (da preservare, ma non certo con l’attuale sistema della piramide della ricchezza, dove pochi si spartiscono quasi tutta la provvista) ad un sistema di contribuzione che favorisca il miglioramento della qualità dei contenuti e la loro fruizione da parte dell’utenza.

5 anni che faranno la differenza negli aspetti tecnologici

Nei prossimi 5 anni gli editori radiofonici dovranno investire cifre enormi per la successione nelle piattaforme di distribuzione dei contenuti (da FM verso DAB+IP), mentre quelli televisivi dovranno prepararsi allo switch-over da DVB-T (forse nemmeno passando al T2) a DVB-I.

Raschiare il Fondo

In tal senso, è opportuno che lo Stato riservi una quota consistente del Fondo straordinario per gli interventi di sostegno all’editoria ad investimenti tecnologici in apparati in bassa frequenza per la realizzazione di programmi, in software per l’interazione con piattaforme IP e proiettate al DVB-I, in app e, ovviamente, per quanto attiene alla radiofonia, in infrastrutture DAB+.

Circuito chiuso

Se, infatti, non si uscirà dal circuito chiuso di contributi ormai divenuti, nella sostanza, un vergognoso reddito di cittadinanza editoriale, le emittenti perderanno definitivamente il treno in partenza verso il loro imminente futuro.

foto antenne di Floriano Fornasiero

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