In un mare di difficoltà, principalmente dovute alla scarsa chiarezza di alcune risposte fornite dal MSE ad importanti quesiti posti dagli operatori tv locali o a dubbi interpretativi rimasti tali, venerdì scorso sono state presentate le ultime domande per l’assegnazione delle frequenze DTT in Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Lazio (esclusa la provincia di Viterbo) e Campania.
"Tante emittenti sono preoccupate per i criteri adottati dal Ministero ai fini della valutazione dei requiti e dell’assegnazione dei punteggi", lamenta la Federazione Radio Televisioni (FRT), secondo la quale "oltre alle note problematiche riguardanti la corretta attestazione del regime di separazione contabile e il metodo di imputazione della quota di patrimonio netto in capo all’operatore di rete, preoccupano i criteri di valutazione nei casi di reti esercite in K-SFN o MFN". La scelta del Ministero di "spacchettare" patrimonio e dipendenti in ragione di ogni parte isofrequenziale della rete televisiva, per il sindacato, "rischia seriamente di penalizzare le emittenti che eserciscono tali reti rispetto a quelle che operano esclusivamente in modalità SFN. Tale criterio introduce una novità in quanto non è stato adottato negli altri bandi di gara emanati per le regioni Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e per la provincia di Viterbo. Nella regione Lazio le stesse emittenti che hanno partecipato al bando per la Provincia di Viterbo si trovano oggi a rifare un altro bando con regole diverse. In Lombardia, contrariamente a quanto pianificato dall’Agcom con la delibera 265/12/CONS, è stato sottratto il canale 35 dall’elenco dei canali riservati alle tv locali". Non solo, per la FRT "appare discutibile la scelta del Ministero di avviare le gare in tutte le regioni digitalizzate entro il 2010 (eccetto la Sardegna), nonostante il rilascio volontario delle frequenze nelle regioni Piemonte, Veneto, Trentino Alto Adige e Lazio". Per il portatore di interessi diffusi, "il clima di elevata incertezza che si è creato spingerà molte emittenti – in primo luogo quelle che dovessero essere escluse dalle graduatorie – a ricorrere al TAR del Lazio avverso i bandi ministeriali per far valere le proprie ragioni". Critiche esattamente analoghe vengono anche dall’associazione Aeranti-Corallo (del resto, ormai da tempo, i due organismi viaggiano più che a braccetto), che le ha puntualmente elencate nel suo ultimo bollettino e che qui riportiamo: 1) "il Ministero, contrariamente a quanto formalmente richiesto in data 9 agosto u.s. congiuntamente da Aeranti-Corallo e dalla Associazione Tv locali Frt, non ha avviato sulla problematica una consultazione delle associazioni di categoria del settore a carattere nazionale (in analogia a quanto previsto dall’art. 1, comma 6, n. 2 della legge 249/97 per l’elaborazione dei piani delle frequenze da parte della Agcom); 2) il Ministero ha ritenuto di avviare le gare in tutte le sopracitate regioni, nonostante che in quattro delle stesse (Piemonte, Veneto, Trentino Alto Adige e Lazio) fossero state volontariamente dismesse tutte le reti previste dal DM 23 gennaio 2012; 3) il Ministero ha, immotivatamente e inaspettatamente, modificato i criteri dei bandi, rispetto agli altri dieci bandi già emanati per le regioni Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e per la provincia di Viterbo, sulla base della stessa disposizione di legge (art. 4 del citato decreto legge n. 34/11, convertito dalla legge n. 75/11); 4) il Ministero ha sottoposto a valutazione esclusivamente l’attività (patrimonio netto e dipendenti) di operatore di rete delle società televisive locali, senza tener conto dell’attuale fase di transizione in relazione alla quale sarebbe stato opportuno valutare l’azienda nel suo complesso (attività di operatore di rete e di fornitore di servizi di media audiovisivi per almeno un programma ex analogico), come è stato, peraltro, fatto dallo stesso Ministero nell’ambito dei bandi degli ultimi anni per le misure di sostegno delle tv locali delle aree digitalizzate; 5) il Ministero ha ritenuto che, in mancanza di separazione contabile (prevista dall’art. 25, comma 2 della delibera n. 353/11/CONS della Agcom, senza però una specifica dei relativi criteri) nell’ambito del bilancio 2011 debba essere attribuito punteggio zero al criterio del patrimonio al netto delle perdite; 6) Il Ministero non ha però considerato che il contenuto dei bilanci è stabilito dal codice civile e che la delibera n. 353/11/CONS è entrata in vigore a luglio 2011 e che quindi non poteva certamente trovare applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2011; 7) il Ministero ha erroneamente ritenuto (nelle risposte ai quesiti pubblicati, con grande ritardo, il 26 settembre u.s.) che il criterio del patrimonio al netto delle perdite dovesse essere valutato al 31 dicembre 2011 e non alla data di pubblicazione dei bandi in G.U. (5 settembre 2012) come previsto dai bandi stessi; 8) il Ministero non ha indicato i criteri di ponderazione del patrimonio netto nell’ambito della pretesa separazione contabile. Nelle risposte ai quesiti ha anche affermato di non aver mai previsto alcun criterio di ponderazione nei precedenti bandi, mentre è sufficiente leggere, al riguardo, l’art. 2, comma 4, lettera b dei precedenti bandi; 9) il Ministero ha sottratto il canale 35 dall’elenco dei canali assegnabili alle tv locali in Lombardia, nonostante che la delibera n. 265/12/CONS della Agcom preveda espressamente l’assegnabilità di tale canale alle tv locali; 10) il Ministero ha violato l’art. 19, comma 3 della delibera n. 353/11/CONS della Agcom sopprimendo le intese che le emittenti legittimamente abilitate alle trasmissioni in ambito locale in una stessa regione potevano raggiungere al fine di chiedere le assegnazioni frequenziali ai sensi della soprarichiamata norma; 11) il Ministero ha introdotto un meccanismo (le cosiddette intese d’ufficio) in base al quale le emittenti che operano su frequenze che non sono state assegnate sull’intero territorio di una regione (es. alcune frequenze di banda III o dell’ex beauty contest) sono fortemente penalizzate nelle redigende graduatorie; 12) il Ministero ha previsto nei casi di reti MFN o K-SFN una valutazione separata di ogni parte isofrequenziale della stessa rete, con ciò penalizzando le emittenti che eserciscono tali reti rispetto a quelle che operano esclusivamente in modalità SFN; 13) il Ministero non ha chiarito se le frequenze di banda III verranno assegnate, come avvenuto all’esito delle gare in alcune altre regioni". Posizioni, quelle assunte dalle due principali organizzazioni di categoria che, come si può leggere, risultano molto critiche nei confronti di un’amministrazione pubblica che, per la prima volta da molti anni, ha dimostrato nei fatti di non voler concertare decisioni molto delicate per l’assetto televisivo locale con i rappresentanti degli operatori. Un atteggiamento, in verità, che forse consegue ai numerosi pasticci giuridico-amministrativi combinati nell’ultimo decennio, prevalentemente su impulso politico degli stessi editori locali nel tentativo di riparare ai gravissimi errori strategici commessi da chi aveva sopravvalutato i vantaggi tecnici di un DTT nato zoppo (e cresciuto ancora più storto) e sottovalutato i rischi di una polverizzazione dell’offerta tv. E si sa che, prima o poi, i nodi vengono al pettine. (M.L. per NL)