A seguito dell’approvazione della Direttiva 2005/29/Ce e del successivo decreto legislativo di attuazione (147/2007), il 21 gennaio 2008 è entrato in vigore il nuovo codice.
L’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) si confronta con un nuovo scenario di regolamentazione dell’attività di promozione che non tiene più solo conto della pubblicità tradizionale, ma anche della comunicazione e del marketing in senso più ampio, racchiudendo al proprio interno tutte quelle attività di promozione e comunicazione svolte da un’azienda. La Direttiva, infatti, “ha esteso la precedente disciplina sulla pubblicità commerciale a tutte le altre leve di marketing idonee a incidere sul comportamento economico dei consumatori”, secondo quanto dichiarato dal Dr. Vincenzo Guggino, segretario dell’IAP. Le leggi degli Stati membri, in materia di pratiche commerciali sleali sono caratterizzate da differenze notevoli che possono provocare sensibili distorsioni della concorrenza e costituire ostacoli al buon funzionamento del mercato interno. Queste differenze sono fonte di incertezza per quanto concerne le disposizioni nazionali da applicare alle pratiche commerciali sleali, lesive degli interessi economici dei consumatori, e creano molti ostacoli sia alle imprese, sia ai consumatori. Questi ostacoli rendono più oneroso per le imprese l’esercizio delle libertà del mercato interno, soprattutto dove tali imprese intendano effettuare attività di marketing, campagne pubblicitarie e promozioni delle vendite transfrontaliere. Tali ostacoli causano inoltre incertezze circa i diritti di cui godono i consumatori e compromettono la fiducia di questi ultimi nel mercato interno. La presente direttiva ravvicina pertanto le legislazioni degli Stati membri sulle pratiche commerciali sleali, tra cui la pubblicità sleale, che ledono direttamente gli interessi economici dei consumatori e quindi, indirettamente, gli interessi economici dei concorrenti legittimi. Secondo il principio di proporzionalità, la presente direttiva tutela i consumatori dalle conseguenze di tali pratiche commerciali sleali allorché queste sono rilevanti, ma riconosce che in alcuni casi l’impatto sui consumatori può essere trascurabile. Essa non riguarda e lascia impregiudicate le legislazioni nazionali sulle pratiche commerciali sleali che ledono unicamente gli interessi economici dei concorrenti. Dall’armonizzazione deriverà un notevole rafforzamento della certezza del diritto sia per i consumatori sia per le imprese, che potranno contare entrambi su un unico quadro normativo, fondato su nozioni giuridiche chiaramente definite che disciplinano tutti gli aspetti inerenti alle pratiche commerciali sleali nell’UE. In tal modo si avrà l’eliminazione degli ostacoli derivanti dalla frammentazione delle norme sulle pratiche commerciali sleali, lesive degli interessi economici dei consumatori e la realizzazione del mercato interno in questo settore. (M.P. per NL)