Con la sentenza della Corte di giustizia Europea del 14 settembre 2006, causa n. 228/05, è stata dichiarata l’illegittimità della norma nazionale che vieta la detrazione dell’Iva sulle spese delle autovetture utilizzate da imprese e professionisti. Per giungere a tale conclusione, i giudici europei hanno preso come punto di riferimento la direttiva n. 77/388/Cee del 17/05/1977 che, a partite dal 1° aprile 1979, ha introdotto le limitazioni del diritto di detrazione sulle spese dei veicoli non essenziali per l’attività (ad esempio l’acquisto del mezzo, del carburante). In particolare, l’art. 17, par. 6 della direttiva sopra citata consente agli stati membri di mantenere tali limitazioni finché non intervenga una regolamentazione della materia; inoltre, lo stesso articolo, al par. 7, dispone che possono essere introdotte nuove limitazioni solo per motivi congiunturali e previa consultazione del comitato Iva. Pertanto, i giudici europei si sono dovuti esprimere riguardo al carattere congiunturale delle limitazioni mantenute dalla normativa nazionale per oltre 25 anni (art. 19-bis del D.P.R. n. 633/72 – art. 30 della Legge n. 388/2000), ritenendo che non abbia carattere temporaneo e non possa considerarsi motivata da ragioni congiunturali. Di conseguenza, come disposto dalla Corte stessa, la norma italiana non è conforme alla direttiva comunitaria n. 77/388/Cee e, quindi, il soggetto passivo ha la possibilità di computare il suo debito Iva conformemente all’art. 17 della direttiva. Tanto è bastato a far sì che tutti i soggetti passivi interessati che avessero versato l’imposta secondo il disposto della norma nazionale, si mobilitassero immediatamente per recuperare quella “persa” dal 2003, usufruendo dell’istituto della detrazione (tramite il quale dal totale delle imposte da pagare si detrae la somma prevista per legge; la detrazione si distingue dalla deduzione, poiché quest’ultima consente di sottrarre somme non direttamente dalle imposte, ma dal reddito su cui queste si calcolano). Chiaramente, gli effetti che avrebbe potuto provocare una simile manovra sul già precario bilancio dello Stato italiano sarebbero stati sconvolgenti, cosicché il Governo ha approvato il 15 settembre scorso un decreto legge cosiddetto “lampo”, entrato in vigore il giorno stesso, mediante il quale impedisce l’utilizzo della detrazione per il recupero dell’Iva a partire dal 2003. Specificatamente, il decreto legge n. 258/2006 dispone: “Ai fini dell’attuazione della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 14 settembre 2006 nella causa C-228/05, i soggetti passivi che fino alla data del 13 settembre 2006 hanno effettuato acquisti ed importazioni di beni e servizi indicati nell’articolo 19-bis1, comma 1, lettere c) e d), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, presentano in via telematica entro il 15 dicembre 2006, a pena di decadenza, apposita istanza di rimborso, utilizzando uno specifico modello, da approvarsi entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. Con il medesimo provvedimento sono individuati i dati e i documenti che devono essere indicati o predisposti a fondamento dell’istanza di rimborso. Al fine di evitare ingiustificati arricchimenti, i dati hanno ad oggetto anche gli altri tributi rilevanti ai fini della complessiva determinazione delle somme effettivamente spettanti. 2. Sono in ogni caso escluse le procedure di detrazione e di compensazione dell’imposta sul valore aggiunto di cui agli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ed all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”. Quindi, le domande per il rimborso dell’Iva degli anni dal 2003 al 2006, dovranno essere presentate entro il prossimo 15 dicembre, utilizzando un modulo ad hoc che l’Amministrazione finanziaria dovrebbe mettere a disposizione entro ottobre 2006. (D.G. per NL)