La connotazione di indipendenza attribuita da sempre alle Authority è messa alla prova. Su richiesta della commissione affari costituzionali di Montecitorio, la Corte di Cassazione mette in discussione la concreta autodeterminazione dei Garanti, ritenuta una maschera dietro la quale si cela il mondo politico.
Le Authority dovrebbero essere un corpo estraneo ed indipendente dalla politica, invece “di fatto” costuiscono uno strumento pilotato dal Governo: un corpo la cui testa è la politica. Infatti, le procedure di nomina non sono altro che regolamentate scelte politiche: alla Consob i commissari sono eletti su proposta del presidente del consiglio dei ministri, all’Antitrust su scelte di presidenti di camera e senato; all’Agcom 4 componenti sono nominati dalla camera, 4 dal senato e il presidente è proposto dal premier; all’Autorità per l’energia i componenti, dopo la proposta del ministero per lo sviluppo economico, sono individuati da una delibera del consiglio dei ministri e poi sottoposti a parere vincolante delle commissioni parlamentari competenti. Il medesimo legame emerge dall’analisi dei procedimenti di finanziamento dei Garanti, che rimangono gestiti dalla “mano” politica. La Corte di Cassazione ritiene quindi doveroso e necessario tagliare definitivamente il cordone ombelicale, che inevitabilmente disegna gli apparati delle Authority e ne influenza l’operato. Il problema è in primis la continua sopravvivenza della definizione di indipendenza, che equivale ad una mera etichetta, senza l’effettiva realizzazione della stessa. Un disordinato labirinto di norme confonde l’intreccio con la politica, ma la Corte di Cassazione interviene, districa i nodi e preme per una tabula rasa della disciplina dei Garanti, affinchè sia approvata una legge quadro sull’indipendenza di tutte le autorità amministrative. L’obiettivo è l’effettiva indipendenza capace di sfatare l’illusione dell’“indipendenza formale” tanto scrupolosamente acclamata nelle leggi istitutive delle varie strutture e siti internet. È chiaro come il sottile collegamento con il Governo ha generato una sorta di “dipendenza” dalla politica, non in linea con il concetto di autonomia che dovrebbe appartenere alle autorità amministrative. Al tal proposito il primo presidente della Corte suprema di legittimità, Ernesto Lupo, chiede al parlamento una legge quadro in grado di disciplinare ex novo: le modalità di nomina dei membri dei collegi, i requisiti minimi richiesti alle persone nominate, le regole di scelta del presidente del collegio, ridisegnano l’intera struttura organizzativa fino alla determinazione del finanziamento. La realtà eterogenea delle Authority non può continuare ad agire adagiata su una prerogativa di indipendenza “fittizia”, ma deve ricostruire il suo apparato in linea al valore assoluto che la connota. Il duro giudizio della Corte stimola il parlamento a “liberare” i Garanti dalla politica. (C.S. per NL)