Aumentano le diffusioni e la spesa pubblicitaria nei paesi emergenti

Il Times of India è in forte crescita mentre il Financial Times lancia nuove edizioni in Cina, in Medio Oriente e nell’area asiatica del Pacifico


Al contrario di quanto avviene negli Stati Uniti e in Europa, nei paesi in via di sviluppo l’industria dei giornali sta vivendo un vero e proprio boom, generando profitti in pubblicità e guadagnando lettori. In Asia, America Latina, Africa, l’alfabetizzazione delle nuove generazioni e la relativa diffusione di Internet hanno contribuito all’aumento di copie vendute. Secondo una ricerca di ZenithOptmedia, il mercato attuale della pubblicità sui giornali passerà dagli attuali 125 miliardi di dollari, ai 130 del 2010, mentre la pubblicità sui periodici salirà da 55,4 a 61,5 miliardi. Le aree emergenti in tutto pesano per il 63% del totale mondiale. La carta stampata quindi non è più una specie in via di estinzione, visto che in molti paesi viene preferita ad internet o alla televisione. Il Times of India, appartenente al Times Group, ha una diffusione di 3,5 milioni di copie, più del 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, classificandosi come uno dei più grandi giornali in lingua inglese nel mondo. Nei prossimi mesi nasceranno altre tre edizioni locali. L’India, secondo l’Unesco, ha una popolazione di 1,13 miliardi di persone con un tasso di alfabetizzazione del 61%. I giovani fra i 15 e i 24 anni sono alfabetizzati più del 76%, quindi, secondo la World association of newspaper, quest’anno il numero di giornali supererà i 300 dopo essere passato dai 185 del 2005 ai 287 del 2006. Crescite analoghe si registrano anche in Pakistan e soprattutto in Cina, dove le copie in cinese come quelle in inglese aumentano. La Cina spende 15 miliardi di dollari in pubblicità, classificandosi al quinto posto nella top ten mondiale. Secondo le previsioni di ZenithOptmedia, Pechino diventerà il quarto investitore mondiale nel 2010 con oltre 24 miliardi di dollari spesi in pubblicità. Nuove edizioni vengono lanciate da esponenti governativi, gruppi finanziari e uomini d’affari e il loro successo nei mercati in via di sviluppo comporta un aumento del loro giro d’affari. Il Financial Times sta investendo nel lancio di un giornale dedicato alle classi medie cinesi, “Rui”, e ha appena lanciato un’edizione per Abu Dabhi, espandendosi in Medio Oriente e anche in Vietnam, Indonesia, Filippine, Malaysia. L’area asiatica del Pacifico, lo scorso anno, spendeva in pubblicità su giornali, riviste, radio, tv e internet, 98,8 miliardi di dollari, cifra che entro il 2010 arriverà a 122 miliardi di dollari e che eguaglierà la spesa nel settore dell’Europa occidentale. Situazione diversa, invece, in Africa, dove la crescita della carta stampata è minore rispetto agli altri paesi prima elencati. Qui la crescita negli ultimi cinque anni è stata costante e, secondo l’associazione dei giornali mondiali Wan, l’instabilità politica, la perenne povertà e i tassi minimi di alfabetizzazione impediscono la nascita di nuovi giornali. Nel 2006 il continente ha speso 13 miliardi di dollari in pubblicità, ma entro il 2010 arriverà a raddoppiare gli investimenti a 26 miliardi. Internet, invece, nonostante gli investimenti fatti nel continente non trova molti sostenitori. Infatti naviga solo il 5,3% del totale e meno dell’1% ha accesso alla banda larga. Il 61% dei direttori di giornali dei paesi emergenti, secondo una ricerca del World editor forum, afferma che la stampa sopravviverà a internet solo se seguirà la logica della free press, pubblicando gratuitamente le notizie. Diverso è ciò che sostengono molti vertici dei giornali occidentali secondo i quali è meglio focalizzarsi sulla qualità piuttosto che sulla quantità, preferendo un futuro caratterizzato da minore diffusione. Insomma, pochi ma buoni. (Sara Fabiani per NL)

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