I dati di ascolto Auditel di novembre evidenziano movimenti interessanti, ma non rivoluzionari, nel panorama dell’Italia televisiva.
Innanzitutto la conferma che il nostro paese continua ad essere in larga parte innamorato della TV generalista: nonostante l’avanzare della penetrazione dei nuovi canali, lo share rimane per più dell’ 80% in mano ai soliti noti: la triade Rai (Rai Uno, Rai Due e Rai Tre) e quella Mediaset (Canale 5, Italia 1 e Rete 4) più La7. Sky rimane praticamente al palo (4,27%), con la sola Sky Uno che raddoppia gli ascolti grazie a X-Factor. E se il digitale satellitare piange, quello terrestre non ride: nonostante l’avanzare degli switch-off, marchi come Rai 4, Rai News, Iris, La5, ecc. evidentemente ancora convincono poco i telespettatori, non riuscendo a sfondare la soglia dell’1%. L’unico settore che sembra mostrare una certa vitalità è quello dei canali dedicati ai bambini, con buone performance di Rai YoYo e del nuovo Cartoonito di Mediaset. Segno evidente che la maturazione del mercato televisivo italiano è appena iniziata, e la strada verso la tv tematica e personalizzata è ancora lunga. Non basta moltiplicare l’offerta: occorre favorire le condizioni di un cambiamento di prospettiva, anche culturale, che attualmente le direzioni editoriali dei grandi network non sembrano voler perseguire, preferendo adagiarsi sugli effimeri allori delle grandi produzioni nazional-popolari stile Fiorello. In ogni caso, anche all’interno delle corazzate televisive qualcosa si muove: colpisce in particolare l’ascesa di Rai 3, ormai assurta al ruolo di seconda rete RAI (8,98% contro 7,49% di Rai Due) ma anche quella di La7, che ormai vede da vicino l’ultima rete Mediaset, Rete 4 (5,40% contro il 6,35% di quest’ultima nel prime time). E qui pare ovvio attribuire le nuove tendenze agli ultimi effetti dell’informazione schierata politicamente che le ammiraglie (e non solo) del duopolio hanno prodotto negli anni del governo Berlusconi, finendo per favorire testate percepite come più equilibrate. E proprio Mediaset, in concomitanza con il declino del suo referente politico, sembra perdere sempre più colpi, accusando 5 punti di meno rispetto alla Rai, che diventano 6 in prima serata. In ogni caso, aspettando i prossimi e ultimi switch-off, l’Italia televisiva sembra restare per ora tenacemente incollata ai primi dieci tasti del telecomando, scontando probabilmente gli effetti di una digitalizzazione gestita in modo approssimativo e vissuta come imposizione dall’alto piuttosto che come opportunità di un reale cambiamento. (E.D. per NL)