Quando c’è da protestare, la tendenza radiofonica italiana è quella del "tutti per uno, uno per tutti". Nel senso che poi uno solo va avanti, mentre gli altri guardano. E infatti così è stato anche per il "caso soglia" di Audiradio: tutti scandalizzati, tutti favorevoli al reclamo. A parole.
Tanto che, poi, nessuno è andato più in là della mera incitazione degli altri. Insomma, tutti alla finestra, sperando che, in fondo, la malasorte cogliesse i colleghi-concorrenti. Dal primo pomeriggio di oggi, però, decine e decine di quegli spettatori delle lagnanze del prossimo, editori locali (che si credevano) blasonati, piangono come vitelli. Perché Audiradio li ha cacciati dal salotto dell’etere che conta. Peggio per loro: chi è causa del suo mal pianga se stesso. Del resto non è nient’altro che l’ennesima dimostrazione della piccolezza di gran parte della radiofonia locale minore. Fatta di guerre tra poveri, di iprocrisia, di finta solidarietà, di falso spirito di corpo. E’ così dagli anni ’80. E i risultati si vedono.