È stato pubblicato il terzo rapporto Super Listener (s) di Edison Research e Ad Results Media relativo al 2021 e incentrato appunto sui cd. super listener. La ricerca, presentata durante una conferenza tenuta da Marshall Williams, partner presso Ad Results Media e Tom Webster, senior VP presso Edison Reseach, ha avuto luogo a novembre 2021 ed ha riguardato un campione di 1000 ascoltatori. Ne sono emerse alcune osservazioni interessanti. Anche se il vero colpo di scena della conferenza proveniva da tutt’altro studio.
Super Listener
Chi sono i super listener ? Nella presentazione (al minuto 1:23) vengono indicati come “le persone nei due principali quintili in termini di ascolto, in sostanza quel 37% (sic) dei fruitori di podcast che ne consuma almeno 5 ore settimanali”.
Due quintili (o quasi)
Non facciamoci spaventare dalla parola quintile: si tratta di quinti, ovvero il 20% di un insieme. Scegliendo di parlare dei due principali quintili si va a descrivere le abitudini di ascolto del 40% degli utenti, qui per qualche motivo arrotondati per difetto a 37%.
Quel che resta dell’ascolto
Nulla è stato detto sulle abitudini di ascolto del restante 63% (il che, detto per inciso, ci ha lasciati perplessi).
Breaking News
La ricerca fornisce dunque numerosi dati relativi a questo sottoinsieme, ma prima di presentarli – forse per mancanza di dati veramente hot – viene offerta una ghiotta breaking news… proveniente da un’altra ricerca. Edison Research produce infatti anche Share of Ear, una sorta di Total audience relativa all’audio e basata un campione “molto ampio”.
Podcast vs radio
Ebbene, l’ultima edizione ha rilevato come nella fascia 13-24 anni il tempo speso all’ascolto di programmi in voce veda ormai la categoria podcast vincente rispetto alla tradizionale AM/FM per un importante margine (35% vs 16%).
Shift generazionale
Commentando i dati, i due analisti hanno parlato di uno shift generazionale nelle fonti dalle quali vengono ricavate le informazioni.
Reality Check
A conferma di questi dati, Edison cita una fonte indipendente, Pew Research – una “fact thank” senza scopo di lucro basata a Washington, D.C – che nello studio pubblicato il 15 febbraio 2022 rileva come un quarto della popolazione nella fascia 18-29 anni consuma news “tramite podcast”. Il dato sembra eclatante, ma come sempre occorre fare attenzione ai dettagli.
Il 23% degli adulti statunitensi riceve news almeno sporadicamente da un podcast
Il commento alla slide dice infatti testualmente “il 23% degli adulti statunitensi riceve news almeno sporadicamente da un podcast”, percentuale che diminuisce in modo inversamente proporzionale all’età. Sporadicamente: una categoria che comprende chi ascolta news via podcast anche solo una volta al mese.
Tempo di ascolto in aumento
Tornando a Edison Research, possiamo osservare come il sottoinsieme di coloro che consumano oltre 5 ore di podcast alla settimana ne ascolta in media ben di più: si passa infatti dalle poco meno di 10 ore rilevate nel 2019 alle 11,2 ore (11 ore e 12 minuti in media) del 2021.
Strumenti di ascolto
Un dato molto interessante riguarda gli strumenti utilizzati per la fruizione dei podcast. Come si vede, YouTube risulta essere la piattaforma dominante, con Spotify e Apple Podcast non troppo distanziati. Occorre comunque notare come la somma dei dati presentati sia pari al 375%, chiara indicazione del fatto che non esista una fedeltà alla singola piattaforma, forse in parte spiegabile dal recente fenomeno delle exclusive.
Video non indispensabile
Commentando la slide, è stato sottolineato come solo il 50% dei fruitori di podcast via YouTube guardi effettivamente il video: il restante 50% mette probabilmente il cellulare in tasca e si limita all’ascolto in cuffia.
Would You Be Willing ?
I due ricercatori passano dunque a esporre una tesi forse ardita: quella che gli utenti sarebbero disponibili a pagare per la fruizione “del proprio podcast preferito” nel caso questo divenisse a pagamento.
Estremismi
Riteniamo l’ipotesi estrema in quanto si tratta di risposte affermative ad una situazione ipotetica, senza peraltro indicazione del livello di costo.
Polling error
In altre parole, non siamo di fronte ad una rilevazione del comportamento effettivo dell’utenza a seguito di un evento, ma alla dichiarazione di un’intenzione, cosa che porta spesso a previsioni non propriamente esatte.
Pubblicità
Riportiamo infine due dati sui quali val la pena riflettere. Escludendo casi quali quello di Joe Rogan, la gran parte dei podcast utilizza il classico modello dell’advertising.
Preferenze
Ebbene – e questa è anche l’esperienza diretta di chi scrive, decisamente appartenente all’ultimo quintile – gli utenti preferiscono di gran lunga quella caratteristica pubblicità redazionale che fa parte integrante del programma, una sorta di racconto del prodotto in promozione a volte decisamente lungo.
Host dixit
Racconto che gioca sulla fiducia nell’host: se – come spesso accade – questo afferma di essere in prima persona consumatore o utente dell’oggetto in promozione l’interesse è pressoché certo, portando spesso a successivi approfondimenti pro attivi da parte dell’ascoltatore.
Conclusioni
In conclusione vogliamo riportare la nota scritta da Laura Badiini di Kvox, un analisi particolarmente utile per chi mastica soprattutto di radio: “Lo studio mostra il podcast come un ottimo strumento di digital advertising. Nonostante i Super Listeners abbiano riscontrato un aumento, sia nel numero che nella durata, delle pubblicità all’interno dei podcast restano molto propensi all’acquisto di un prodotto/servizio citato negli episodi ascoltati.
Attenzione elevata
Questo, però, evidenzia come l’attenzione debba essere molto alta. Non si può pensare d’inserire troppe pubblicità e nemmeno utilizzare il modello del cluster pubblicitario radiofonico, potrebbe rivelarsi estremamente controproducente e il rischio di perdere ascolti è elevato“. Niente spot a effetto e registrati, nel mondo del podcasting. (M.H.B. per NL)