Come Google e Facebook, anche Spotify Italia non include importanti voci nel bilancio annuale. Le entrate da abbonamenti rimangono infatti accreditate alla sede centrale.
Spotify Italia nel 2020
Il bilancio 2020 di Spotify Italia si è chiuso con ricavi per 11,2 milioni di euro, frutto della raccolta pubblicitaria. Rispetto al 2019, il fatturato della divisione italiana del servizio streaming è cresciuto dell’8%.
Gli utili
Anche gli utili finali, pari a 342.821 euro, sono in crescita sul precedente periodo, in cui si erano attestati a circa 203 mila euro. Le imposte versate dalla società ammontano invece a 120.171 euro.
Abbonamenti esclusi
Il bilancio italiano, però, tiene conto solo dei ricavi pubblicitari, non includendo dunque le entrate provenienti dalle sottoscrizioni a pagamento degli abbonamenti Premium. Questa voce, la più importante sul bilancio di Spotify a livello globale, ha un peso dell’87% sulle entrate.
I ricavi reali di Spotify Italia
Partendo da questi dati è possibile stimare che i ricavi reali di Spotify Italia siano ben più alti di quelli segnati in bilancio. Infatti, includendo le entrate degli abbonamenti, si può presupporre che il fatturato della società arrivi a toccare i 90 milioni di euro nel 2020.
Spotify AB
La voce relativa agli abbonamenti, però, non viene segnata sul bilancio italiano, bensì su quello della svedese Spotify AB. Con un meccanismo già visto ad esempio con Google, alcune voci non compaiono come ricavi delle singole divisioni, ma incidono direttamente sui bilanci delle sedi centrali, non incidendo a livello fiscale sui paesi in cui hanno sede le unità territoriali.
Spotify Italia come Google e Facebook?
In realtà a differenza di Google, Facebook e degli altri giganti del web che hanno sede negli USA e imputano i ricavi in nazioni europee dalla tassazione favorevole, la sede di Spotify è proprio in Svezia, che non risulta essere un “paradiso” fiscale.
Google vs Spotify
In ogni caso, l’indagine del fisco italiano ha portato, ad esempio, Google Italia a includere per la prima volta in un suo bilancio i ricavi pubblicitari. Questa voce, al contrario di quanto avviene per Spotify, è la fonte principale di guadagno per il motore di ricerca.
Agenzia delle Entrate
Nel caso dell’OTT audio, Agenzia delle Entrate ha contestato alla società gli anni di imposta dal 2014 al 2019. Nello specifico, l’oggetto dell’indagine riguarda un meccanismo messo in atto da Spotify Italia riguardo l’acquisto di servizi dalla casa madre e la rivendita degli stessi nel nostro Paese.
Reverse charge
In questo passaggio tra le due società, l’Iva è assolta dalla divisione italiana con il reverse charge. Questo meccanismo, però, non si applica nel caso in cui il soggetto che cede il servizio può essere considerato una stabile organizzazione in Italia. Spotify potrebbe dunque trovarsi, in futuro, nella stessa condizione di Google e Facebook e dover quindi includere nel bilancio italiano anche i proventi delle sottoscrizioni a pagamento.
Coordinamento Europeo
Al solito, problemi che nascono dalla mancanza di un’armonizzazione europea sulla questione delle aliquote fiscali. (A.M. per NL)