Il fenomeno podcast negli Stati Uniti, nonostante mantenga un’audience ancora molto alta e in continua crescita, non ottiene gli stessi risultati in termini di monetizzazione. Così, pare che le case di produzione non vogliano più investire per via della carenza di introiti adeguati.
Nel settore è emblematico il caso di Spotify, che ha proceduto a ridurre i budget e le partnership con i V.I.P. destinati a questo business.
Podcast quotidiano
Se in Italia il podcast sta ancora cercando di connotarsi come una forma di entertainment del quotidiano, in America, dopo esserlo diventata, sta probabilmente subendo una battuta d’arresto. Ma non dal punto di vista degli apprezzamenti, bensì degli investimenti.
Audience in salita…
I dati afferenti all’audience, infatti, rimangono elevati; tuttavia non ottengono la monetizzazione sperata. Fatto che ha comportato una conseguente riduzione degli investimenti pubblicitari.
… monetizzazione in discesa
Il calo di questi ultimi, poichè unica fonte di reddito dei podcast, ha avuto conseguenze negative sulla produzione dei contenuti di audio-entertainement.
Mosse Ostroff sui podcast
Un esempio è Spotify, che con le dimissioni di Dawn Ostroff – ingaggiata nel 2018 per lanciare la piattaforma podcast dell’OTT – ha visto la chiusura di ben 12 show original e il taglio del personale.
Progetto podcast in perdita?
I manager di Spotify hanno dichiarato, in incontri con analisti del settore, che “il podcasting è stato un grande peso per il nostro business nel 2022”. Infatti la piattaforma musicale aveva investito miliardi di dollari per l’ideazione del progetto podcast, che però ha generato solo grandi perdite.
Budget al vaglio…
Questa ondata di investimenti poco fruttuosi – se così si possono chiamare – non ha investito solo Spotify, bensì ha interessato anche Vox Media, Pushkin Industries, Amazon, SiriusXM, Npr e Religion of sports.
… ed al taglio
Anche queste società si sono ritrovate, infatti, a dover effettuare grossi tagli sia del personale che del budget dedicato al comparto.
Spotify e podcast
Tornando al fenomeno di Spotify, è necessario ripercorrere l’evoluzione del proprio comparto podcast. L’OTT ha iniziato a credere nel fenomeno dal 2016, che ha poi strutturato e potenziato maggiormente nel biennio 2017/18.
L’investimento maestro
L’investimento cardine – pari a 230 milioni di dollari – è stato effettuato nell’anno 2019, anno in cui Spotify ha acquistato la casa di produzione Gimlet media. Nel 2020 ha versato circa 200 milioni di dollari per acquistare la sportmedia company di Bill Simons, The Ringer.
Ingaggi
Ma l’OTT svedese, negli anni in cui il podcast sembrava promettere prospettive di monetizzazione ingenti, non si è limitato ad ingrandire la rete acquistando esclusivamente case di produzione, bensì ha ingaggiato spesso produttori di programmi come Joe Rogan con “The Joe Rogan Experience” (per 200 milioni di dollari) e Alex Cooper con il suo podcast “Call her daddy” per circa 60 milioni di dollari.
Tre pilastri
Come per le pellicole cinematografiche, anche il business dei podcast si sarebbe dovuto basare su una strategia multicanale fondata su tre pilastri: pubblicità, abbonamenti e diritti della vendita delle licenze a Hollywood.
Ingaggi V.I.P.
Per questo motivo la Ostroff (ex responsabile dei contenuti e della pubblicità di Spotify), per far crescere il più possibile questo business, aveva ingaggiato numerosi V.I.P. come Gigi Hadid, Kerry Washinton, la coppia reale Harry e Megan e gli Obama, nonostante questi fossero del tutto decontestualizzati dal mondo dell’audio-entertainment.
Spicco non raggiunto
Perciò, nonostante tutte le tecniche di business che la piattaforma svedese ha cercato di adottare negli anni, il mondo podcast non ha mai goduto di un momento di spicco vero e proprio.
Perché?
Un po’ dovuto dal fatto che gli utenti optano spesso per ascoltare podcast fruibili gratuitamente, un po’ perché non era ancora una modalità di entertainment affermata.
Podcast non emersi
Inoltre, Spotify non è riuscita, nonostante tutte le mosse commerciali, a far radicare ed emergere nemmeno una hit tra i propri originals, rendendo la situazione ancora più difficile. L’OTT ha optato, quindi, per una riduzione della raccolta pubblicitaria.
Business plan dei podcast: revisionato
Tutta questa escalation di avvenimenti (non sempre fruttuosi) hanno portato i manager di Spotify a dover revisionare il business dei podcast già nella primavera del 2022, non rinnovando i contratti di collaborazione con le star chiamate – a loro tempo – dalla Ostroff.
Alta l’audience
Ma tutto questo non è sintomo che il mondo dei podcast stia morendo, anche perché rimangono in costante crescita (+ 20% nel 2022 rispetto al 2021) sia l’apprezzamento degli utenti che l’utilizzo frequente dell’audio-entertainment.
“finita l’era dei soldi stupidi”
Anche il New York Times affronta questo argomento caldo con le parole del co-fondatore della società di produzione di podcast e consulenza creativa Magnificent noise, Eric Nuzum, il quale sostiene che “è semplicemente finita l’era dei soldi stupidi, nella quale la gente butta denaro solo per testare, per capire se quei business avrebbero scalato velocemente le audience. Ora tutti sono molto più cauti e conservativi”.
Il futuro dei podcast
Quindi, gli aspetti negativi della carenza di monetizzazione vengono sgravati da un’audience sempre crescente, probabilmente si tratta semplicemente di riparametrare l’intero universo podcast.
Verso un modello sostenibile
Ad essere rimisurate dovranno essere le possibilità effettive di produrre reddito, ben differenti dai pronostici formulati cinque anni fa. La sostenibilità dei podcast potrebbe essere l’unica strada percorribile al fine di ottenere il massimo da un business “difficile” (G.L. per NL).