Dopo le reazioni allarmistiche iniziali, quale è, oggi, il rapporto tra speaker e doppiatori con l’intelligenza artificiale?
Newslinet ne ha parlato a fondo con Marco De Domenico, esaminando i pericoli, le opportunità e comunque la necessità di scendere a patti con uno strumento che esiste ed evolverà sempre di più (e molto velocemente).
Sintesi
Marco De Domenico, in un esteso confronto con NL, affronta, con estremo pragmatismo, il rapporto tra speaker, doppiatori ed Intelligenza Artificiale (IA).
L’impatto dell’IA è paragonabile a quello di altre rivoluzioni tecnologiche passate, da cui discende la necessità di comprenderla ed utilizzarla consapevolmente.
Pur riconoscendo i rischi legati alla clonazione vocale, come lo sfruttamento improprio, l’uso della propria voce per addestrare l’IA è un’opportunità; purché i contratti siano chiari e garantiscano una giusta rendita ai professionisti.
Nondimeno, il valore dell’elemento umano nella creatività vocale rimane insostituibile: l’IA potrebbe diventare un utile supporto, ma non è ancora in grado di superare l’imprevedibilità artistica del doppiaggio e dello speakeraggio.
Sul fronte radiofonico, occorre prestare attenzione al confezionamento dei contenuti come elemento distintivo, soprattutto nell’era della competizione con le piattaforme OTT.
La selezione musicale ed il lavoro creativo sulla programmazione devono essere curati al massimo per differenziarsi.
Sì, l’I.A. mi spaventa, ma…
(Newslinet) – Entriamo direttamente nel merito: l’Intelligenza Artificiale ti fa paura?
(Marco De Domenico) – Sì, mi spaventa. Ma lo fa come ogni cosa nuova: come spaventò l’avvento dei personal computer, di internet, dei social, i nuovi media. Ma anche la scoperta del petrolio e la scienza tecnica che ne è derivata spaventavano. Ogni novità tecnologica ha bisogno di un tempo fisiologico per essere prima appresa, poi piegata alle proprie esigenze e infine cavalcata.
Scendere a patti con la I.A.?
(NL) – Eppure doppiatori e speaker, almeno inizialmente non l’hanno presa bene. Salvo poi sottoscrivere accordi per lo sfruttamento della propria voce mediante clonazione…
(Marco De Domenico) – Come Associato ADAP (Associazione Doppiatori Attori Pubblicitari) ho ascoltato ogni genere di congettura circa l’Intelligenza Artificiale. In parte trovandomi d’accordo, in parte no.
Tritacarne
Ad esempio, una collega che qualche anno prima aveva firmato un accordo in cui in cambio di molti soldi si era resa disponibile ad addestrare un meccanismo ancora rudimentale di sintesi vocale, è finita nei pre-roll di un famoso sito pornografico. Il che le ha automaticamente impedito di prestare la sua voce per prodotti destinati ai ragazzi.
Nickelodeon
Per dieci anni esatti sono stato voce ufficiale di Nickelodeon e poi per due anni di POP e sul contratto era scritto, a chiare lettere, che non avrei potuto prestare la mia voce per contenuti per adulti. Ragionevole.
Io non avrei nessun problema ad addestrare la moderna AI offrendo la mia voce, ma l’accordo deve essere così preciso da evitare ogni forma di sfruttamento che sfugga al mio controllo.
Rendita
(NL) – Però cedere i diritti per la clonazione della propria voce è una specie di rendita. Se il gioco vale la candela…
(Marco De Domenico) – E’ a tutti gli effetti una rendita del tutto automatica. Sempre a patto che al Voice Talent venga riconosciuta una percentuale ragionevole sui diritti di utilizzo però. Anche perché chi come me fa lo speaker e il doppiatore pubblicitario, ha impiegato moltissimi anni per arrivare fino a qui, a questo assoluto livello di consapevolezza del proprio apparato fonatorio e soprattutto per agganciare il proprio mondo interiore con l’arte di emettere suono di qualità.
1000 euro per girare una vite
Io faccio questo lavoro dall’ottobre del 1994 e non ho ancora cinquant’anni. Sono il famoso ingegnere che chiede mille dollari per girare una vite. Trenta secondi per la rotazione della vite, trent’anni per capire quale vite girare.
C.V. di rispetto
(NL) – La tua attività, tuttavia, non si limita solo a prestare la voce…
(Marco De Domenico) – No, tutt’altro. Da circa vent’anni insegno dizione italiana e uso espressivo della voce. Da dieci anni sono docente presso Accademia 09 sia nell’ambito del corso di doppiaggio che in quello di tecniche di conduzione radiofonica. Da circa due anni collaboro col Politecnico di Milano dove nell’ambito del corso di marketing mi occupo di Public Speaking.
GoodHabitz
Per la Società GoodHabitz (una specie di Netflix per la formazione aziendale che come clienti ha le più famose multinazionali presenti anche in Italia) ho tenuto una Masterclass sull’uso della voce, il nostro meraviglioso strumento musicale personale. Ma arrivo dalla Radio.
La radio
Ho iniziato in piccole realtà locali per poi approdare a Reteotto Network, Radio Number One, Radio Reporter, Radio Company e quindi come voce ufficiale ma in diretta di Italia 1 nei primi anni 2000. Ho doppiato qualche migliaio di ore di materiale audiovisivo, prodotto decine di migliaia di promo per le emittenti più famose fra cui Radio Kiss Kiss e Radio Montecarlo.
Gli spot
In TV e in Radio mi avete ascoltato negli spot di Coca Cola, Burger King, BMW, Nutella, Volkswagen, Leroy Merlin, Tic Tac e molti, moltissimi altri. Attualmente sono voce ufficiale della Radio in-store di McDonald’s, di Metro, delle Eni Station e di Unieuro. Ma sicuramente mi sono dimenticato qualcosa.
Trial I.A.
(NL) – Ecco, in questo contesto (la realizzazione di speech) l’utilizzo dell’I.A. può essere un supporto interessante?
(Marco De Domenico) – Forse non ancora. Sto conducendo personalmente una serie di esperimenti per clonare in modo credibile la mia voce. Diciamo che attualmente siamo all’80% di valori perlomeno accettabili.
L’allievo che supera il maestro
E’ anche vero che il mio è un lavoro dalla spiccata componente artistica, e come tale prevede una quota di imprevedibilità dovuta all’estro creativo. Ma resto in ascolto e sempre più incuriosito. Non escludo che a un certo punto l’allievo possa superare il “maestro”.
Farci i conti
(NL) – D’altra parte, esiste: indietro non si può tornare ed occorre conviverci.
(Marco De Domenico) – Esattamente. Proprio lo scorso mese Fly Dubai, la compagnia aerea low cost di Emirates (potete immaginarvi quanto low cost possa mai essere) mi ha commissionato tre comunicati commerciali areali. Ho ricevuto un brief in Inglese.
Takes
Con Chat GPT ho ottenuto tre testi da 30 secondi davvero pronti per essere incisi. Mi trovavo in vacanza e ho prodotto in condizioni tecniche un po’ precarie. Beh, potete immaginare: l’AI ha migliorato le takes al punto che pareva fossero incise agli Abbey Roads. Le ho mixate con la base ufficiale fornita da loro e… il risultato è davvero strabiliante.
L’evoluzione dell’offerta radiofonica
(NL) – Cambiamo discorso: con la moltiplicazione dell’offerta attraverso le piattaforme digitali ed il livellamento della distribuzione dei contenuti favorito dalla disintermediazione delle reti broadcast, ma anche dall’utilizzo condiviso di infrastrutture degli operatori digitali (DTT, DAB), il confezionamento del prodotto diventa essenziale. Pensi che ci sia consapevolezza degli editori a riguardo?
(Marco De Domenico) – Un editore giovane, al passo coi tempi e illuminato non mancherà di seguire l’evolvere della situazione e troverà un modo brillante di adeguarsi. Uno prossimo alla pensione o che è privo di risorse psichiche per gestire un cambiamento così repentino e radicale, molto probabilmente soccomberà.
L’importanza della confezione
Il genio che fu Steve Jobs aveva intuito già quasi vent’anni fa che un prodotto vincente è un prodotto perfettamente confezionato. Anzi la confezione funge da carrier per un humus emotivo che varca la soglia di una perfetta selezione musicale o un air check di qualità.
Esperienza nell’esperienza
Pensiamo all’unboxing di un iPhone. Non è di per sé un’esperienza nell’esperienza? E se l’iPhone fosse consegnato dentro una bustina di pluriball, verrebbe percepito con lo stesso valore? La risposta è scontata.
Gli editori, se non l’hanno già capito lo capiranno. A parità di contenuto musicale, clock azzeccato, presenza adeguata sui social, abilità tecnica ed estro dei conduttori radiofonici, il confezionamento fa la differenza. La fa.
La competizione delle piattaforme OTT
(NL) – Certo è che le più esposte alla concorrenza delle piattaforme di streaming on demand ed al livellamento della distribuzione sono le radio solo musicali, che devono necessariamente qualificarsi ai massimi livelli e possibilmente differenziarsi…
(Marco De Domenico) – Non sottovaluterei il ruolo dell’essere umano nella selezione musicale. Proprio qualche settimana fa ho fatto un provino in un famoso network nazionale e quando mi hanno consegnato la scaletta delle due ore di programma, ho capito quanto non solo la scelta dei brani ma la loro sequenza fosse l’esito di un lavoro che definirei un’opera d’arte.
Chiedersi perché ascoltare un’emittente
Per differenziarsi, una radio musicale dovrà curare fino al parossismo la selezione musicale e differenziarsi il più possibile da ogni altro player. Come? Non è esattamente il mio mestiere, ma qualche idea ce l’avrei. Perché dovrei ascoltare un’emittente tradizionale che ha come modello di business la raccolta pubblicitaria quando con un abbonamento premium ad una qualsiasi piattaforma avrei quasi lo stesso risultato e senza spot? Torniamo al discorso di prima.
Differenziazione massima, una selezione perfetta e un confezionamento degno di Tiffany o Prada.
Il 2025
(NL) – Un’ultima domanda: progetti per il 2025?
(Marco De Domenico) – Moltissimi. La canizie non mi ha tolto l’entusiasmo che mi ha portato fino a qui.
Oltre a portare avanti tutti i miei contratti in essere, desidero, anzi pretendo, che tutto quel che ho imparato in questi trent’anni non muoia con me. Non voglio salutare questo mondo senza prima aver insegnato a tutti come si porta fra i cordoli la propria voce, come si legge in modo espressivo e naturale, come si trasferisce tutto il mondo trascendente che alberga in noi nell’immanente che ci circonda.
Tutti dovrebbero imparare ad usare la voce
Ecco perché ho in mente di reclamizzare al massimo i miei corsi sull’uso della voce. Le persone si possono scrivere, possono chattare, ma poi alla fine si devono vedere.
Immaginate due persone nella stessa stanza che stanno mute per otto ore. Tornando a casa, quanto uno potrà saperne sul conto dell’altro? Niente, o pochissimo.
Con la voce si fa
E’ parlando, usando al meglio la nostra voce che noi ci esprimiamo compiutamente nel mondo, affasciniamo le persone, le convinciamo della bontà delle nostre idee e del nostro sentire.
E in ultimo (e qui parla il narcisista/giullare di corte che è fuso nel mio DNA) le intrattiene, le fa sorridere, le fa riflettere, le manda a casa contente di avermi conosciuto. (E.G. per NL)