Audio. Automobilisti non attendono acquisto nuova auto per avere Android Auto o Apple CarPlay: è boom di adattatori. Attirano comandi vocali

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Gli adattatori wireless per Android Auto od Apple CarPlay non sono certamente una novità; ma è sintomatico che l’introduzione sul mercato della versione Two di uno dei più diffusi, AAWireless, abbia visto l’immediato esaurimento delle scorte, tanto da aver indotto il produttore ad un rafforzamento dell’approvvigionamento. Ed è così anche per molte altre marche di adattatori senza fili.
Ad attrarre gli automobilisti è soprattutto la possibilità di sfruttare i sistemi di navigazione Google Maps ed Apple Maps attraverso i comandi vocali. Ma, siccome l’appetito vien mangiando, l’utilizzo dei comandi vocali progressivamente si estende anche al car entertainment, con riflessi importanti sulle regole di ingaggio degli operatori radiofonici.

L’attrattiva del mirrorlink

Si tratta dell’ennesimo segnale che le possibilità offerte dal mirrorlink (lo standard di interoperabilità dei dispositivi che consente l’integrazione tra uno smartphone ed il sistema di infotainment di un’auto) solleticano l’interesse degli automobilisti che non hanno in previsione il cambio di vettura nel breve termine (le nuove auto sono per oltre il 90% nativamente equipaggiate coi sistemi Android Auto ed Apple CarPlay).
Ad attrarre l’utenza, è soprattutto la possibilità di sfruttare l’infotainment delle auto attraverso i comandi vocali (con Google Assistant e Siri).

Da 25 a 300 euro per trasformare l’auto

Gli adattatori per Android Auto ed Apple CarPlay sono commercializzati a prezzi estremamente variabili: si va da 25 euro fino a 300, ovviamente con features profondamente differenti tra loro (per esempio, il citato AAWireless Two è commercializzato negli USA al prezzo di 65 dollari, mentre la prima versione è ancora in vendita a 59 dollari) e con alcuni limiti di compatibilità con determinati brand dell’automotive (spesso BMW, Tesla e Mazda).

Le funzionalità

Gli adattatori più costosi supportano il controllo originale dell’auto, i comandi vocali Siri e Google, le interazioni del volante, i pulsanti di gestione dell’infotainment, il touch screen, il download di app, l’accesso a YouTube, Netflix, Disney+, Google Store, Apple Store e, generalmente, la gestione di tutte le app presenti sullo smartphone compatibili coi sistemi Android Auto ed Apple CarPlay. Chiaramente, una delle differenza principali tra i vari modelli è la memoria interna per scaricare i software, che può arrivare anche a 150 GB nei modelli più performanti.

Google Maps e Apple Maps

Del resto, secondo uno studio condotto nel 2023 da J.D. Power, società americana di ricerca di marketing e di servizi di informazione, il 70% degli automobilisti preferisce utilizzare i propri smartphone per la navigazione, sfruttando, come detto, applicazioni come Google Maps e Apple Maps per mezzo di Android Auto e Apple CarPlay.

Progressivo aumento

Questa tendenza è in aumento rispetto al 2018, quando solo il 50% degli utenti manifestava una preferenza per i sistemi di navigazione basati su smartphone.

Emarginazione del navigatore captive

In confronto, oggi, rispetto al 70% di chi preferisce esclusivamente lo smartphone, solo il 20% degli automobilisti continua a fare affidamento esclusivamente sui sistemi di navigazione integrati nei veicoli, mentre il restante 10% utilizza una combinazione di entrambi i metodi.

Le ragioni della scelta del navigatore disintermediato dall’auto

Le ragioni di questa preferenza sono molteplici. La prima è che il navigatore su smartphone (o integrato sulle piattaforme per auto) offre aggiornamenti in tempo reale sul traffico, una migliore interfaccia utente e la familiarità con le applicazioni mobili che gli utenti già utilizzano quotidianamente.

User experience integrata e personalizzata

Inoltre, la possibilità di collegare il proprio dispositivo tramite Android Auto e Apple CarPlay rende l’esperienza più integrata e personalizzata.

Propulsione automobilistica

Le case automobilistiche, dal canto loro, hanno riconosciuto questa propensione ed hanno iniziato a rendere questi sistemi compatibili con le proprie vetture, ampliando così l’offerta.

Aggiornamenti

Un altro fattore chiave è la questione degli aggiornamenti: mentre i sistemi integrati richiedono aggiornamenti software che possono essere sporadici e talvolta costosi, le app mobili ricevono upgrade frequenti e gratuiti che migliorano continuamente le funzionalità e l’accuratezza delle mappe.

Facile…

Secondo un’indagine di Statista dello scorso anno, il 60% degli intervistati aveva dichiarato che la facilità d’uso è la principale motivazione per preferire i sistemi di navigazione su smartphone.

… affidabile

Altri stimoli vengono dalla fiducia nella precisione delle indicazioni (55%) e dall’abitudine all’uso quotidiano delle applicazioni (50%).

Perché è un bene per la radio

Ma non è questo il tema principale: abbiamo infatti evidenziato che l’uso del navigatore recherà benefici per la radio, almeno ad alcune condizioni. Vediamo perché.

Il 55% usa comandi vocali…

Tanto per cominciare, il 55% di coloro che impiegano il navigatore in auto lo fa ormai attraverso comandi vocali. “Ciò determina una progressiva familiarizzazione con la gestione vocale dei servizi, non necessariamente solo in auto”, spiega un report della società di analytics strategy in ambito radiotelevisivo Media Progress (gruppo Consultmedia) di cui ci siamo già occupati nelle scorse settimane.

… e chi li usa in auto è propenso a farlo anche a casa

Prova ne è che, spesso, chi si è abituato ad utilizzare il navigatore in auto attraverso comandi vocali tende a sfruttarli anche per altri impieghi, smart speaker in testa“, osservano gli analisti di Media Progress.

L’abitudine vien parlando

Accade quindi che, una volta familiarizzato con il comando vocale di Google (Android Auto), Siri (Apple CarPlay) o, in misura enormemente inferiore in auto, Alexa, l’utente inizi a sfruttarlo anche per somministrazione di contenuti audio.

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Proprio quel che vuole l’industria automobilistica

E, del resto, è proprio quello che vogliono le case automobilistiche, che già hanno iniziato l’eliminazione della radio via etere: partendo dalla AM, per arrivare ora all’autoradio in sé, come denunciato su queste pagine.

Target automotive: ridurre i costi (senza problemi)

“Le case automobilistiche tenteranno ogni mossa possibile per contenere i costi, soprattutto se riuscissero ad aggirare le norme”, aveva avvertito qualche mese fa fa Fred Jacobs, fondatore e presidente di Jacobs Media Strategies, società americana di consulenza strategica, in un intervento ripreso da questo periodico riferendosi all’elusione normativa e regolamentare a riguardo della soppressione di autoradio AM ed ora (in Europa) FM e DAB+.

Le ragioni dell’automotive

Una scelta motivata dall’industria radiofonica con la necessità di “eliminare le interferenze su un veicolo elettrico a basso costo”. Opzione considerata “più importante che preservare la ricezione via etere della radio”, tenuto conto che [la radio] può sempre essere seguita col mirroring dello smartphone”, aveva ricordato sul punto il guru della tecnologia automobilistica Roger Lanctot.

Gate di ingresso all’online

D’altra parte, Jacobs Media, nel suo rapporto Techsurvey 2024, di cui ci siamo già occupati, mostra come al primo posto tra le richieste degli automobilisti, a riguardo delle auto di nuova produzione, ci sia la funzione Bluetooth, cioè il gate d’ingresso al mondo online.

Migliore delle ipotesi

E ciò è ancora più rilevante se si considera che, come spiegato da Fred Jacobs, “la maggior parte degli intervistati nel nostro sondaggio sono ascoltatori radiofonici abituali” e, quindi, un pubblico non indifferente al mezzo.

Visione più ampia

Pertanto, a voler ben vedere, con una visione più ampia, la situazione è sicuramente meno favorevole alla radio, tanto che nel forum degli acquirenti delle nuove auto elettriche prive di autoradio (nelle versioni base) Citroën ë-C3 berlina e nel SUV Dacia Duster, le lamentele per l’assenza dell’autoradio sono praticamente inesistenti.

Radio nascosta

Tendenza (quella del bluetooth come feature prioritaria) indirettamente confermata da Tomas Granryd, responsabile del progetto Playbook per EBU (European Broadcasting Union), che, in occasione del WorldDAB Automotive 2024, ha stigmatizzato la tendenza sempre più frequente a nascondere la radio “in un confuso dedalo di pulsanti e menu e addirittura elencata al pari degli standard di connettività come USB e Bluetooth”.

Spostamento fisiologico verso l’ascolto in streaming in auto tramite app

Una condizione di non ritorno, perché fisiologica, secondo Granryd, che nel consesso avvertiva: “Stiamo assistendo ad un lento spostamento del pubblico verso l’ascolto in auto tramite app e dobbiamo fare in modo che la nostra utenza continui a trovarci facilmente, come avviene col broadcast.

Risalto nel dashboard

Tuttavia, spesso altri servizi di streaming hanno maggiore risalto sul dashboard, mentre le fonti di contenuto più affidabili stanno diventando sempre più difficili da trovare, in un momento in cui la fiducia conta davvero.

Controllo vocale sempre più importante in auto

Il controllo vocale in macchina diventerà sempre più importante. La voce diventerà probabilmente un modo consolidato di interagire con l’auto, proprio perché evita la distrazione del conducente.

Monorisultato

Ma la ricerca vocale restituisce un solo risultato”, richiama il responsabile del progetto EBU Playbook.

Primo comandamento

“Il problema dei comandi vocali però è farsi trovare”, commenta Patrizia Cavallin, consulente editoriale di Consultmedia, che sulla questione è impegnata da diversi anni a questa parte.

Hey Google, metti Radio DeeJay

“Chi attraverso il microfono di Android Auto chiede: “Hey Google, metti Radio DeeJay”, sarà immediatamente indirizzato allo streaming della stazione, seppur con la mediazione di TuneIn (con cui Google ha rapporti stretti).

Nomi rappresentativi

La stessa cosa accade con nomi rappresentativi del contenuto (cd. nomen omen)”.

Tra il dire ed il fare c’è di mezzo Google

Ma se l’emittente ha un nome complicato da pronunciare (per esempio denominazioni in inglese che potrebbero essere pronunciati nella maniera sbagliata da un italiano), ha omonimie, o, peggio, non è su TuneIn? “In questo caso sono problemi”, allerta la Cavallin.

Un bacio a chi?

Condizione non peregrina, se si pensa, per esempio, che chiedendo a Google di sintonizzare Radio Kiss Kiss, si sarà indirizzati alla stazione ceca nazionale Radio Kiss.

Uso plurimo o equivoco

Stesso problema per nomi utilizzati contemporaneamente da diverse stazioni anche nella stessa nazionale, come Radio Città; oppure caratterizzati da frequenze FM (Radio 108, Radio 101, ecc.).

Problema attualissimo

E’ una questione attualissima – resa ancora di più tale dalla recentissima delibera Agcom sulla prominence che impone l’uniformazione della denominazione su tutte le piattaforme da parte dei SIG, cioè Servizi di Interesse Generale (quindi le emittenti con posizionamento preferenziale nelle liste dei device, ndr) -, che esige approcci sistematici. Tra le soluzioni protettive, che, come Consultmedia, proponiamo, c’è l’individuazione e l’adozione di nomi alias. Anche se l’ideale, purtroppo non in pochi casi, è un restyling con ridenominazione integrale.

Processo ri-denominativo

Un processo che passa attraverso un esame approfondito della situazione sui piani della mnemonica, dell’orecchiabilità, della capacità evocativa, dell’impatto fonetico e del posizionamento negli elenchi dei ricevitori, oltre ovviamente agli aspetti legali alla tutela del brand”. 

Le (nuove) regole di ingaggio

“Secondo le nuove regole di ingaggio, una denominazione radiofonica deve attirare l’attenzione, suscitare curiosità, creare interesse, essere facile da ricordare e rimanere impressa nella memoria delle persone.

Suonare bene, essere univoca, d’impatto ed evocativo

Ma deve anche suonare bene (essere piacevole) e, soprattutto, essere univoca (per evitare confusione), d’impatto ed evocativa del contenuto (nomen omen).

Consolidamento

Se non ha queste caratteristiche, difficilmente il brand si consoliderà al cospetto dei nuovi dispositivi di somministrazione audio/video“, conclude la consulente. (E.G. per NL)

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