Potrebbe essere veramente l’ultimo capitolo della vita di molte tv locali. E’ inutile nascondersi dietro un dito: moltissime (qualcuno dice 500 sulle circa 650 attive) tv locali trova una fetta consistente di risorse economiche per il sostentamento delle proprie attività dalla pubblicità notturna delle linee telefoniche erotiche o comunque da attività commerciali (lecite) legate al mondo dell’erotismo (quindi non necessariamente della pornografia). Teniamo subito a precisare agli agguerriti moralisti che in molti, moltissimi, casi a trasmettere gli spot incriminati dall’Agcom sono emittenti locali di rilievo, che durante il giorno producono informazione e programmi anche di rilievo socioculturale (apprezzati ed sfruttati proprio da molti di quei politici che oggi plaudono al provvedimento). Ma si sa, l’informazione e la cultura pagano poco, sicché, per far quadrare i conti, occorre destinare quote residue del palinsesto (quelle notturne) a settori merceologici economicamente più appetibili, qual è, appunto, quello dell’erotismo. Non si vuole qui certamente difendere chi ha fatto del sesso ad oltranza un business esclusivo, né non ammettere che controlli ed imposizioni di continenza siano necessari, ma oggettivamente rilevare come, oggi, la voce pubblicitaria in argomento è quella che fa quadrare i bilanci di molte imprese televisive locali che di sesso certamente si interessano solo nei termini (e negli orari) descritti e, comunque, come la deriva della qualità dei programmi televisivi (e della strumentalizzazione politica del medium) sia ben altra e decisamente più preoccupante e pericolosa. Se la decisione dell’Agcom non troverà una pronta revisione, saranno moltissime le emittenti che saranno costrette a cedere le armi, consegnando i propri canali ai migliori offerenti nazionali, posto che la possibilità di usufruire dell'”accesso condizionato” e del “parental control” (il sistema che impedisce l’accesso ai minori) è applicabile solo in ambiente digitale, tecnologia che non trova ancora soddisfazione commerciale da parte degli inserzionisti per il ristretto numero di decoder DVB-T in circolazione. Per ora, a livello politico, l’unico intervento sugli allarmanti risvolti della decisione dell’Agcom viene dall’esponente di Rifondazione, onorevole Luxuria, che ha dichiarato al quotidiano telematico Affaritaliani: “In Italia esiste già una legge che proibisce di trasmettere film pornografici. Questa nuova ondata censoria, con la decisione di vietare la rappresentazione anche verbale di soggetti erotici, non avrebbe consentito, ad esempio, la trasmissione di programmi di intrattenimento che nulla hanno a che fare con le linee erotiche. Secondo le nuove disposizioni si salvano solo immagini il cui valore artistico è riconosciuto da un’autorità che si appropria, in questo modo, di una competenza di giudizio troppo discrezionale e pericolosa. Credoche di questo passo torneremo ai tempi in cui si censurava l’ombelico della Carrà o si imponevano pesanti calzamaglie alle gemelle Kessler”. E la pubblicità delle linee erotiche? Niente paura: ci saranno sempre i satelliti fuori dalla giurisdizione italiana e, soprattutto, Internet. Con le censure non si è mai fatto progredire il pluralismo.