Gli esperti sono sempre più chiari sull’argomento: fare pubblicità su internet è estremamente complesso, soprattutto considerando il fatto che il web offre (nasconde?) un’immensa gamma di possibilità, pari almeno alle conseguenti insidie (per il consumatore come per le imprese), sulle quali l’Antitrust sembrerebbe vigilare in modo estremamente meticoloso. Inoltre la massiccia infiltrazione del web 2.0 (nella rete quanto nella mentalità dei naviganti) rischia di mandare in pensione fenomeni, considerati non più all’avanguardia nella schiera delle strategie pubblicitarie, come per esempio gli storici banner o i fastidiosi pop-up. Succede così che le imprese, costantemente alla ricerca di soluzioni meno invasive, oltre che più efficaci, negli ultimi anni avrebbero approfittato dei consumatori raggiungendoli direttamente dove gli stessi sono più deboli (e creduloni): blog, forum dei siti di e-commerce e social network in genere, immense aree di internet dove i controlli hanno dimostrato di essere minori e presumibilmente meno funzionali, soprattutto se l’imprenditore, fingendosi utente regolarmente iscritto, avesse animato le discussioni tra internauti elogiando o denigrando apertamente un determinato prodotto. Negli Stati Uniti questa pratica è stata identificata con l’espressione Astroturfing – il primo utilizzo sarebbe da attribuire all’ex senatore americano Lloyd Bensten – e indicherebbe l’azione promozionale tipica di tutti quei soggetti, imprenditori e simili, che sfrutterebbero indebitamente la popolarità di certi siti (e l’ingenuità di certi internauti) pubblicizzando in modo trasversale alcuni prodotti, prima ancora che gli stessi siano lanciati ufficialmente, arrivando ad agire direttamente sull’opinione del consumatore. Per intenderci, l’Astroturfer non è altro che una versione evoluta, e decisamente molto più insidiosa, del più comune Fake (in italiano “falso”), sfruttato da colossi americani come Wal-Mart, Sony e Coca-Cola, per estendere al web campagne pubblicitarie di natura subliminale. In Italia, il responsabile commerciale di Ciao.it (portale italiano di e-commerce) Vincenzo Calenne, considera i fenomeni di Astroturfing all’ordine del giorno. Intervistato per Il Sole 24 Ore di lunedì 7 gennaio, Calenne avrebbe ammesso di poter facilmente riconoscere le inserzioni di aziende celate dietro un profilo utente apparentemente regolare: “In genere sono fatti veramente male – afferma Calenne -. Di solito si riconoscono da alcune caratteristiche: l’opinione sull’eventuale prodotto è l’unica scritta dall’utente; è corta; è elogiativa ai limiti del ridicolo…”. Questo permette al direttore di Ciao.it, come ad altri professionisti nella stessa posizione, di attribuire un basso “ranking” (classifica delle voci ricercate, ndr) ai commenti di questi particolari utenti, nella speranza di vanificare le loro intenzioni. In Italia, per le pratiche commerciali scorrette (dlgs 146/2007), sono comunque previste sanzioni fino a 500 mila euro. (Marco Menoncello per NL)