"… la storia delle privatizzazioni, di chi le ha fatte e perché, di chi ci ha guadagnato e come, non può rimanere un ‘buco nero’ nell’autocoscienza italiana…" (dalla Prefazione di Giorgio Vittadini).
Primi anni Novanta: l’Italia cambia pelle. Si apre il periodo delle privatizzazioni, cioè della (s)vendita ai privati e della collocazione sul mercato delle imprese di proprietà dello Stato. Liquidato il sistema delle Partecipazioni Statali, smantellato il cosiddetto sistema misto italiano, vengono messe in vendita le imprese dell’Istituto per la Ricostruzione Industriale (ORI); l’Ente Partecipazioni e Finanziamento Industrie Manifatturiere (EFIM) e "pezzi" importanti dell’ENI. In questo colossale affare di smantellamento delle sue proprietà lo Stato ci ha veramente guadagnato? Perché tutto è avvenuto in tempi così rapidi, senza avere un quadro normativo adeguato e senza correre il rischio di creare monopoli privati al posto di quelli pubblici? Quale la vera ragione del grande interesse delle privatizzazioni per i vecchi e impoveriti poteri forti italiani? Quale il reale motivo della conversione alle privatizzazioni del mondo cattolico di sinistra e dell’erede del cadaverico partito comunista? Perché la magistratura diventa un vigilante etico in questo processo contorto e complicato? Tre sono i protagonisti di questo processo, tre soggetti collettivi in profonda crisi. Il primo gruppo è rappresentato dai cosiddetti «poteri forti», imprenditori privati, rampanti finanzieri e banchieri. Il secondo soggetto è il mondo comunista italiano che, dopo il crollo di Mosca, deve necessariamente rinnovarsi. Il terzo è la magistratura italiana. Ironia della sorte o alterna fortuna, sono proprio questi tre soggetti ad accompagnare come protagonisti, in sintonia tra loro, le privatizzazioni con il confuso periodo di Tangentopoli. Le privatizzazioni passeranno sotto silenzio sui mezzi di comunicazione. Il totale ricavato dallo Stato è stimato in circa 200mila miliardi di lire. Una vera e propria svendita, una sorta di saldo di fine stagione. Nelle elezioni del 1994, il potere finisce nelle mani di Silvio Berlusconi, che si presenta come «figlio» del pentapartito che ha governato l’Italia fino al 1992 e si apre un periodo di transizione e di concitazione politica che ha profondamente segnato la nostra storia degli ultimi vent’anni. Scritto da Gianluigi Da Rold (1942), giornalista del Corriere della Sera e della RAI, "Assalto alla diligenza – Il bottino delle privatizzazioni all’italiana" è un libro dall’agevole lettura, con una prefazione di Giorgio Vittadini e l’introduzione curata da Giulio Sapelli. Edito da Guerini e Associati (www.guerini.it), è in vendita ad euro 16,50. (M.L. per NL)