Le tv locali sono finite: nessuno le segue, nessuno le vuole. E’ finita un’era e bisogna farsene una ragione. Ma è veramente così?
In linea di principio sì; ma, in gran parte, ciò consegue agli imperdonabili gravissimi errori strategici commessi dagli editori sospinti dalle loro rappresentanze. Vediamoli punto per punto. Si dice che la moltiplicazione dei canali indotta dal digitale terrestre abbia in forma speculare frazionato gli ascolti delle televisioni. Non è vero, o almeno non lo è del tutto. Sommando gli ascolti delle tv nazionali ex analogiche con quelli dei canali nativi digitali spinoffati da esse, si ha un volume d’ascolto superiore a quello precedente all’avvento della tv numerica. Eseguendo l’analoga operazione sulla maggioranza delle tv locali, si ottiene invece un risultato opposto. Vogliamo spiegare ciò con l’ipotesi più semplice (la scarsa attrazione dei programmi tv locali nativi DTT) o cavalcare le lamentose decifrazioni dei sindacalisti che consolano i sedicenti perseguitati televisivi?. Imbesuiti da cantastorie che hanno posto a capo del loro gregge, i boriosi editori locali si sono gonfiati di capacità trasmissiva. La bolla poi è scoppiata e al posto della fila di aspiranti content provider, fuori dalla porta ci sono solo i creditori. Le potenzialità economiche delle tv locali suggerivano da subito una forse più umile ma certamente più realistica gestione consortile dell’attività di operatore di rete, a fronte di una naturale evoluzione del ruolo come fornitori di contenuti locali (concentrandosi su quella che era all’evidenza la missione naturale), potenziati, quanto ad appeal, dalle sinergie e dalle condivisioni che la tv digitale facilitava. Invece, confidando utopicamente nelle loro capacità di pressione politica, i superbi berluschini si sono fatti pigiare dai loro sindacati nelle ristrette stanze ministeriali per conseguire dei titoli fuffa di network provider, dilapidando i pochi ghelli che avevano nel borsellino (e spesso nemmeno in quello) per allestire reti che si sono vaporizzate alla prima revisione delle assegnazione, giunta "dopo un paio d’anni e di stagioni", come sussurrava la Bertè. Dopo aver sottovalutato le potenzialità del web, gli altèri prìncipi dello spettro radioelettrico sono corsi ad questuare visibilità da YouTube, ricevendo un umiliante grazielefaremosapere. Difficile fare di peggio. La tv per come la fruiamo non sta affatto andando in pensione. Dovrebbero invece farlo coloro che hanno dimenticato il confronto con la realtà. Illuminanti, a riguardo, sono le brillanti performance del canale nativo digitale terrestre Cielo, che in un periodo di (inesistente) declino televisivo sta prosperando. Un po’ di sana retrospettiva filtrata col metodo di William of Ockham sulle proprie sconsiderate scelte da parte dei coccodrilli dell’etere sarebbe istruttivo…