Non è nemmeno più un problema di pirateria informatica. Perché devo scaricare un brano musicale quando posso ascoltarlo, sempre e gratis, su YouTube?
In effetti, è una rivoluzione nella rivoluzione. La piattaforma di contributi audiovideo (per ora) completamente free sta riscrivendo le regole di un gioco ancora in corso, con effetti destabilizzanti anche su ambiti adiacenti. Per esempio, mentre dieci anni fa i giovani dai 13 ai 19 anni che ascoltavano la radio erano il 92% e lo facevano per 122 minuti (al giorno), ora sono scesi all’81% con un consumo quotidiano di 90 minuti. Una tendenza che, pur con quote differenti, si ripropone fino ai 35 anni. Segno che la radio sta diventando un medium da “vecchi”? No, indice che occorre una ristrutturazione. Di idee, anzitutto. La radio è da troppo tempo rinchiusa nel proprio castello, a torto ritenuto inespugnabile, con l’unico concreto risultato di conseguire un isolamento tecnologico e culturale. La storia, invece, insegna che evoluzione e prosperità passano dall’apertura, dalla condivisione e dall’integrazione. Del resto, recita un antico adagio, “se non puoi sconfiggere il tuo nemico, cerca di averlo come alleato”. E allora, cari radiofonici, aprite (la menti), condividete (le piattaforme), integrate (i contenuti). Prima di finire come i baroni della carta stampata.