Questa settimana i Corecom italiani hanno pubblicato un avviso esplorativo per la manifestazione d’interesse delle emittenti radiofoniche che desiderano far parte della Giuria delle Radio nell’ambito della 75ª Edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo, alla quale possono candidarsi solo le emittenti che trasmettono in FM, escludendo quindi le “radio solo DAB e solo WEB”.
Non è chiaro se la decisione di limitare la partecipazione alle sole emittenti analogiche sia stata presa dalla RAI o dagli organizzatori del Festival.
In ogni caso, si tratta di una scelta anacronistica, che dimostra (quantomeno) l’inconsapevolezza dell’evoluzione del panorama radiofonico verso il digitale.
Se fosse una decisione RAI
Se la stesura del regolamento sulla Giuria delle radio al Festival di Sanremo provenisse dalla RAI, sarebbe in imbarazzante contraddizione con le costanti dichiarazioni del direttore generale Roberto Sergio che, partendo da Newslinet, ha promosso sui media l’importanza del digitale nella radiofonia, arrivando addirittura a suggerire la dismissione delle reti in modulazione di frequenza.
Passo indietro di dieci anni
Un approccio, quello del Regolamento per l’istituzione della Giuria delle radio, quindi, che costituisce, di fatto, un passo indietro di almeno dieci anni e che mina ulteriormente l’immagine di un’azienda già alle prese con gravi problemi strutturali nella distribuzione DAB e con una rete FM che è da sempre un colabrodo.
Le onde medie
Ma, soprattutto, che aveva fatto vanto della decisione di dismettere i trasmettitori in onde medie perché antieconomici ed incoerenti con un mondo proiettato al digitale.
(in) Coerenza
Quel digitale che oggi viene emarginato a favore dell’analogica per la scelta dei componenti di una giuria radiofonica.
Il Festival di Sanremo
Se invece la decisione fosse del comitato organizzatore del Festival, essa sarebbe ancora più preoccupante.
Da Spotify all’analogico
Dopo edizioni in cui la radio è stata progressivamente emarginata a favore di piattaforme come Spotify, istituire una giuria composta esclusivamente da emittenti analogiche dimostrerebbe, infatti, una scarsa comprensione delle dinamiche attuali nel mondo della comunicazione, caratterizzato da una crescente disintermediazione delle reti broadcast.
Scelta illogica ed inutile
Questa scelta appare illogica ed inutile (sulla scia di quella di TER prima ed Audiradio poi, di non accogliere le domande di iscrizione alle indagini d’ascolto dei nativi digitali, così scattando una fotografia dell’ascolto radiofonico incompleta), considerando che la selezione delle 10 radio locali (una per regione, mentre le reti nazionali sono tutte presenti) si basa su criteri di audience, anzianità e solidità aziendale, radicamento sul territorio e presenza quotidiana di programmazione musicale, preferibilmente italiana.
Criteri necessari e sufficienti
Cioè criteri che sarebbero, da soli, ampiamente sufficienti per una valutazione adeguata ed una conseguente decisione di ammissione, indipendentemente dalla piattaforma distributiva utilizzata dai candidati.
Occasione persa
In definitiva, si tratta di un’occasione persa per dimostrare, da parte di chi l’ha presa, una comprensione dell’evoluzione della radio nel contesto odierno.
Dimostrazione perfetta di anacronismo
Oppure una perfetta espressione di anacronismo.
Interrogativi
Comunque sia, la decisione di escludere le emittenti digitali dalla Giuria delle Radio al Festival di Sanremo 2025 solleva interrogativi significativi sul futuro della radiofonia italiana.
Incapacità di stare al passo coi cambiamenti
In un’epoca in cui il digitale rappresenta il presente e il futuro della comunicazione, tale scelta appare come la dimostrazione dell’incapacità di stare al passo con le tendenze globali.
Il medium non è il messaggio
Chiudere gli occhi non fa scomparire la realtà. Parafrasando il sociologo canadese Marshall McLuhan, il medium non è il messaggio: la Radio non è la piattaforma che la distribuisce.
Mancata assimilazione dei cambiamenti intercorsi
Concetto che pare non essere stato assimilato da chi ha voluto questo regolamento che, se provenisse da RAI, sarebbe la grave attestazione che multipiattaforma è, per la concessionaria pubblica, solo un claim senza sostanza.
Regolamento stile fine anni 90
Un testo che pare scritto alla fine degli anni 90 da un ingessato grigio funzionario. Un regolamento che sarà interpretato come l’ennesima resistenza al cambiamento della radiofonia italiana, chiusa in cima alla torre ed indifferente agli incontrovertibili cambiamenti in atto.
Segnale negativo al mercato pubblicitario
E, infine, un segnale negativo inviato anche agli investitori pubblicitari, già proiettati massimamente verso il digitale.
Ma questa è un’altra storia di cui parleremo nei prossimi giorni.