Per la prima volta dopo dieci anni la società di Mountain View accusa il colpa della crisi economica. Nessuno rischio per i dipendenti diretti, ma indecisioni e tagli per i collaboratori a contratto.
Sembrava che la grande G potesse rimanere immune dall’andamento globale dei mercati. Sembrava addirittura che fosse controtendenza rispetto alle altre aziende della Silicon Valley, soprattutto in considerazione della miriade di progetti innovativi nei quali i propri collaboratori sono costantemente impegnati. Ma il duro colpo è arrivato anche a Mountain View, la cui sede coordina circa 20mila dipendenti diretti, oltre a quasi 10mila collaboratori a contratto. E sono questi ultimi a rischiare grosso, proprio perché considerati troppi anche dallo stesso Sergey Brin che attualmente si trova impegnato nello smantellamento di alcune delle attività meno redditizie di Google per limitare i danni e contenere gli eventuali licenziamenti. Tra queste spiccano Lively, alternativa “googliana” a Second Life che scompare dal web dopo solo pochi mesi dal suo arrivo, naturalmente con grandissima delusione dei propri utenti. Allo stesso modo è stato chiuso in tronco SearchMash, motore di ricerca votato alle sperimentazioni online. Non ultima arriva la riflessione sulla riorganizzazione del cosiddetto “20 percent time”, quel giorno della settimana che ogni dipendente di Google aveva il diritto di dedicare all’ideazione di progetti nuovi o al miglioramenti di quelli già esistenti. Tra gli internauti ora scattano scommesse, sinceramente preoccupati di sapere quali saranno i prossimi progetti che affonderanno nel mare della rete. Forse Knol, alternativa a Wikipedia? O più semplicemente Google Video, servizio considerato superfluo dopo l’acquisizione del più noto e vasto YouTube da parte di Mountain View. Qualunque siano le intenzioni, quelli di Google non sembrano essere gli unici a doversi preoccupare del prossimo futuro. Secondo la rivista Forbes, tutta