Mi considero molto fortunato. Quando ho cominciato a interessarmi attivamente di radioascolto questo fantastico mezzo di comunicazione aveva già mezzo secolo di vita. Ma la radio che ho imparato a conoscere (e ad amare) non era poi tanto diversa da quella che muoveva i suoi primi passi negli anni venti del secolo scorso. Ora, leggendo articoli come quello pubblicato pochi giorni fa sul Media Guardian (richiesta la registrazione gratuita), sul futuro della radio nel Regno Unito, mi ritrovo a riflettere sulla mia fortuna: quella di avere forse qualche pallida chance di vedere qualche indizio di come la radio sarà tra altro mezzo secolo. Il Guardian parla della consultazione appena aperta dall’Authority britannica, l’Ofcom, sulla possibile evoluzione del mercato radiofonico, anche dal punto di vista delle tecnologie. E’ la prima volta che si parla concretamente di totale – anche se non imminente – dismissione delle onde medie e dell’FM analogiche. Non solo per l’arrivo di standard digitali vecchi e nuovi, il DAB, il DAB+, il DRM+. Ma anche per la possibile riallocazione delle attuali frequenze analogiche a nuovi servizi digitali, broadcast o meno che siano. Ci vorranno ancora anni, ovviamente, forse decenni, ma immagino sia inevitabile che il digitale cancelli l’analogico, non foss’altro per la pressione esercitata dall’industria del silicio. E quella delle batterie, aggiungerei con un po’ di malizia, visto quanto riescono a consumare le radio digitali.
Un punto molto importante della notizia del Guardian è però quello che riguarda la questione, vera o presunta, della qualità (sonora) digitale. Il DAB, scrive il collega Jack Schofield, ha dimostrato di essere un disastro su questo piano, ma l’Ofcom non affronta il tema della qualità audio. Ma, ricorda Schofield, la gente ascolta la radio per la qualità dei programmi. Quando quarant’anni fa strizzavano i loro primi transistor per ascoltare Radio Caroline, i giovani della qualità dell’audio se ne fregavano: per quando gracchiante ed evanescente, quella musica la potevano sentire solo su Caroline, non dalla soporifera BBC. La quale proprio da Caroline imparò moltissimo, come tante altre radio pubbliche in Europa. Certo, messa di fronte alla possibilità di scegliere tra un buon audio e un cattivo audio, gli ascoltatori preferiscono il primo.
Fatevi una grande regalo, se volete. Leggetevi la storia del Guardian e andate a prelevare il lungo documento di consultazione stilato dall’Ofcom. Ci sono molti dati interessanti, come un grafico che evidenzia come l’ascolto digitale della radio, tra DAB, TV digitale e Internet, sia già al 13,6% in Gran Bretagna. O come il pubblico britannico ascoltasse nel 2005 3,2 miliardi di ore di FM, 0,6 di ore di onde medie e 0,45 miliardi di ore in digitale (nel 2006 immagino che le onde medie risulteranno già non pervenute). Trovate il link a questo straordinario documento in fondo al pezzo qui riportato. Direi che si possa sorvolare sul riferimento ai presunti ricevitori DAB/DRM “commercializzati” al momento. Funzionano male, ma questo il giornalista del Guardian non può saperlo. E dopo tutto conta poco: prima o poi funzioneranno. Non so voi, ma a me pare già di avvertire un inquietante ticchettio.