da Altroconsumo
Ha avuto molta eco la recente sentenza della Cassazione n. 149/2007, che ha assolto due ragazzi che avevano scaricato e condiviso in rete file musicali, film e software coperti da copyright. Ma di questa notizia è stata data in rete e sulla stampa una lettura scorretta, poiché la sentenza si riferisce a un caso del 1999 e quindi si basa sulla legge in vigore allora. Oggi, purtroppo, le cose stanno in maniera molto diversa:
attualmente il semplice downloader (chi si limita a scaricare dalla rete file protetti da diritto d’autore) rischia sanzioni esclusivamente amministrative, in particolare quelle previste dall’art. 174-ter l.d.a. (154 euro, aumentati in caso di recidiva o di fatto grave per la quantità delle violazioni o delle copie acquistate o noleggiate fino a 1.032 euro). Ma, com’è noto, è alquanto improbabile, per come sono strutturati la maggior parte dei sistemi peer-to-peer che un downloader non sia nella pratica anche uploader (chi immette in Rete file);
il soggetto che, invece, senza una contropartita economica, condivide o comunque utilizza (anche solo come downloader) una piattaforma peer-to-peer (che prevede la messa in condivisione automatica di quanto scaricato), rischia già la sanzione penale, di cui all’art. 171 comma 1 lettera a-bis l.d.a., una multa da 51 a 2.065 euro;
chi, infine, condivide a fini di lucro rischia la reclusione da uno a quattro anni, nonché una multa anche oltre i 15.000 euro, in base all’art. 171-ter, comma 2, lett. a-bis.
Attenzione dunque. Nonostante quanto riportato spesso in maniera inesatta dai media, la recente sentenza della Cassazione non cambia proprio nulla. Le sanzioni penali rimangono eccome, anche quando non c’è scopo di lucro. Quello che ci chiediamo è se ha senso considerare reato scaricare e condividere file coperti da copyright se non c’è scopo di lucro; reato previsto sì dalla legge, ma quasi mai perseguito dai Pubblici Ministeri, e di fatto non percepito come tale dalla maggior parte dei cittadini. Appare poi sorprendente l’immobilità del Governo, che dopo aver criticato la precedente maggioranza per l’approvazione del famigerato Decreto Urbani (e tutto quello che ha fatto seguito), non ha poi però ancora fatto nulla per bilanciare gli interessi dei titolari dei diritti sulle opere con quelli legittimi dei consumatori a poter finalmente beneficiari degli sviluppi tecnologici. Sia chiaro: Altroconsumo non è dalla parte di chi pretende che in Rete sia tutto scaricabile gratuitamente; riteniamo che gli autori debbano essere adeguatamente remunerati per il loro lavoro creativo, ma allo stesso tempo avversiamo la strumentalizzazione della proprietà intellettuale da parte delle major, arroccate su posizioni di rendita e su modelli tecnologici e di distribuzione obsoleti.
Per questi motivi, se vuoi anche tu:
l’abolizione delle sanzioni penali per chi, senza scopo di lucro, scarica e condivide in Rete contenuti protetti;
un mercato moderno, efficiente e concorrenziale dei contenuti digitali basato su una gestione dei diritti d’autore digitali che rispetti anche i diritti degli utenti;
il divieto della coesistenza di DRM (la gestione dei diritti d’autore digitali) e dell’Equo Compenso (il sovrapprezzo applicato ai supporti come compenso agli autori per il mancato guadagno sulle copie private); con questi sistemi il consumatore rischia di pagare più volte, oltre a non poter eseguire la copia privata e a essere limitato nella scelta della tecnologia e dei supporti informatici che preferisce.