Nell’etere televisivo italiano c’è un’illustre scomparsa: la tv analogica. Da qualche giorno, infatti, la penisola è, televisivamente parlando, totalmente digitale.
Il Ministero dello Sviluppo Economico sottolinea, in un trionfale comunicato stampa, i “diversi e significativi i vantaggi per i telespettatori portati dalla tv digitale: maggiore pluralismo e offerta di contenuti diversificata, con i canali nazionali in chiaro passati da 10 a circa 75; migliore qualità del segnale, minor potenza di emissione e, in prospettiva, più servizi interattivi e on demand; un mercato più competitivo e con più possibilità di scelta per il consumatore”. In realtà, la maggioranza dei nuovi programmi tv sono realizzati da editori agonizzanti, strangolati dagli enormi costi sostenuti per la migrazione tecnologica e dalla fortissima contrazione degli introiti pubblicitari causati dalla crisi economica mondiale e dall’aumento esponenziale della concorrenza, con conseguente polverizzazione dell’offerta. Insomma, parafrasando Massimo D’Azeglio, si sarà pur fatta l’Italia digitale; ma ora si devono (ri) fare le tv italiane.