di Daniele Lepido
L’ansia di (iper)realtà potrebbe stravolgere il vecchio modo di guardare la televisione. Che per rifarsi il trucco sta lavorando a un nuovo traguardo tecnologico: riprodurre immagini in tre dimensioni sulla scorta di quel vecchio sogno che negli anni Sessanta si consumava nei lunapark, con tanto di occhialini bi-color. Un modo per far uscire dal letargo un’industria che appena prima dell’era Lcd aveva trasformato la tv in una commodity da salotto, necessaria, ma invisibile. Dopo l’abbandono del tubo catodico e l’avvento dell’alta definizione (anche se i canali a disposizione in Italia sono ancora pochi), parte proprio dall’Ifa di Berlino, la fiera dell’elettronica più importante d’Europa, la scommessa “tridimensionale” dei produttori. Con la zampata di un colosso come Philips e un universo di contenuti che va dal cinema ai videogiochi. Insieme con altri big del calibro di Samsung, Sharp, Lg e Panasonic che pur, a livello commerciale e almeno per ora, sembrano meno convinti che la “rivoluzione” sia davvero alle porte.
In Germania la multinazionale di Eindhoven ha presentato i primi modelli di schermi piatti 3d, già in commercio, ma destinati a una clientela professionale, che parte dal mondo della pubblicità e arriva a quello degli alberghi internazionali. Alla base di questi prodotti c’è il sistema 2d-plus-depth, che supporta i dischi Blu-ray (Sony ringrazia), sfruttando la tecnologia proprietaria Wowvx. E funziona così, come spiega un tecnico allo stand Philips: «Sopra questi schermi vengono applicate delle micro lenti che rendono il display autoscopico, cioè in grado di riprodurre immagini tridimensionali senza che lo spettatore debba indossare i famosi occhialini con una lente rossa e l’altra blu». Il resto è un segnale “trattato” che garantisce allo spettatore nove prospettive davanti alla televisione, nove punti d’osservazione che fanno della visione di un film un’esperienza percettiva molto diversa e rivoluzionaria rispetto a quella tradizionale. Lo schermo di punta presentato all’Ifa è stato quello da 52 pollici, che ha un costo di circa 11mila euro, cifra destinata “drammaticamente” a scendere, come fanno sapere dalla casa.
Eppure il 3d stupisce ma non convince, paradossalmente, e a distanza di secoli tecnologici dagli occhialini, per il problema di sempre: quel senso di “mal di mare” che si prova davanti alle immagini tridimensionali, anche se molto più contenuto rispetto a un tempo. Nello schermo Philips questa sensazione si avverte in modo particolare quando si passa da una delle nove prospettive all’altra. Stesso discorso per i videogame, con i nuovi schermi a pixel “polarizzati” che richiedono ancora l’uso degli speciali occhiali (ma di nuova generazione). In questo caso, però, l’interazione diretta con le immagini, e si pensi a un gioco di corse, attenua il fastidioso effetto secondo il principio che chi soffre di mal d’auto sta meglio se a guidare è lui stesso. Tra i big che stanno lavorando al 3d c’è pure Texas Instruments, che ha messo a punto un chip da montare sui proiettori di nuova generazione.
Prima di essere un affare commerciale questa tv è una sfida tecnologica. Tanto che dal 2004 esiste persino un consorzio di ricerca europeo, ribattezzato 3dtv (www.3dtv-research.org), guidato dall’università turca di Bilkent, che raggruppa 19 soggetti di sette Paesi (l’Italia non compare nella lista). Un progetto in fase di conclusione e per il quale, secondo quanto riportato nel sito della Commissione Europea, sono stati stanziati 6,15 milioni di euro in quattro anni.
L’anno della televisione 3d potrebbe essere il 2009, anche se in molti sono scettici proprio perché la tecnologia necessita ancora di ritocchi, mentre sul fronte dei contenuti si dovrà capire come si muoveranno le major del cinema, se decideranno che converrà investire sul nuovo format.