Segnali controversi arrivano dal mercato a riguardo di quello che, tra i vecchi media, è parso fino ad ora essere stato meno scarnificato dalle chele della crisi.
Dopo un primo semestre promettente, a partire dal mese di luglio c’è stato un progressivo affievolimento della raccolta pubblicitaria radiofonica, che si è acuito a settembre, manifestato con particolare veemenza a ottobre e sta malauguratamente proseguendo con marcata incidenza a novembre. E la (brutta) novità è che, questa volta, il freno è stato tirato anche sulla mietitrebbia della nazionale e non solo sulla notoriamente traballante tagliaerba della locale. Un riflesso diretto della generale (ulteriore) decelerazione dell’economia, registrata negli ultimi tempi in tutta Europa e in particolare nei paesi finanziariamente più in affanno. Mala tempora currunt sed peiora parantur, visto che gli osservatori pronosticano infaustamente che il 2013 sarà tarato sull’andamento disastroso di questi ultimi mesi. Tuttavia – e qui sta il contrasto di segnali di cui in apertura – all’antico medium stanno prestando interessi sempre più evidenti alcuni grandi gruppi esteri – ovviamente di paesi emergenti – che parrebbero interessati ad investire in Italia. Probabilmente per creare teste di ponte mediatiche in vista di una più generale colonizzazione industriale. Ben accetta, se servirà a tirarci fuori dalle sabbie mobili dove stiamo sprofondando.