La pubblicazione dei regolamenti sui servizi di media audiovisivi lineari e non lineari (delibere 606/10/CONS e 607/10/CONS) da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha finalmente messo fine alle ipotesi e alle considerazioni basate su “bozze” più o meno affidabili circolanti da tempo in rete.
Peraltro, come già ampiamente anticipato, il pericolo di un impatto devastante delle norme sulla realtà italiana delle web-tv e web-radio è stato notevolmente ridimensionato, in confronto ai testi presentati per la consultazione pubblica a luglio dello scorso anno e persino rispetto alle indicazioni filtrate dalle riunioni del Consiglio dell’Agcom a novembre. E’ stato introdotto il limite dei ricavi a 100.000 euro, al di sotto del quale non si deve richiedere nessuna autorizzazione, e sono stati ulteriormente limitati i contributi, ora fissati a 500 euro per le web-tv e a 250 euro per le web-radio, da versare una tantum. Rimane il carico burocratico e prescrittivo per i soggetti che dovranno richiedere l’autorizzazione, a cominciare dall’iscrizione al ROC, continuando con l’obbligo di tenere il registro dei programmi, per finire con l’osservanza degli obblighi su diritto di rettifica, pubblicità e tutela dei minori nelle fasce protette. L’impostazione dei regolamenti è ancora fortemente analogica rispetto alla normativa del settore radio-tv, come dimostra chiaramente il riferimento alla “concorrenza con la radiodiffusione televisiva” e la trasposizione quasi automatica di concetti eminentemente appartenenti al mondo del broadcasting, come “programma”, “palinsesto”, ecc. E’ da riconoscere peraltro che l’Autorità ha preso atto in parte delle particolarità del medium, riservandosi in successive delibere e “provvedimenti attuativi” di specificare meglio le modalità con cui i servizi audiovisivi in rete dovranno assolvere agli obblighi di derivazione televisiva. Appare infatti fin da ora piuttosto critica l’applicazione di determinate norme (ad esempio quelle sulla tutela dei minori) ai servizi on-demand. Rimane però una zona d’ombra cruciale, sulla quale si sta ora concentrando il dibattito in rete, ovvero il ruolo in cui saranno inquadrati i siti dedicati agli UGC (User Generated Content): YouTube in primis, ma anche altri meno conosciuti come Vimeo o DailyMotion. Molti autorevoli commentatori del web hanno fatto immediatamente notare che gli artt. 2 di entrambe le delibere farebbero rientrare questi servizi nell’ambito di quelli tenuti a richiedere l’autorizzazione, “nel caso in cui sussistano, in capo ai soggetti che provvedono all’aggregazione dei contenuti medesimi, sia la responsabilità editoriale, in qualsiasi modo esercitata, sia uno sfruttamento economico”. Una postilla aggiunta alle prescrizioni del Decreto Romani sui media audiovisivi (dal quale i regolamenti prendono origine) che sembra fatta apposta per rinfocolare le polemiche sulla nota questione YouTube-Mediaset e far parlare di indebiti condizionamenti politici nei confronti di Agcom. Interpretazione che però la stessa Autorità sembra smentire, quando pubblica sul proprio sito, accanto alle delibere in questione, una serie di F.A.Q. volte a far luce su alcuni dubbi applicativi. Infatti in risposta alla domanda “3 – Chi è escluso dall’applicazione dei regolamenti?”, Agcom afferma: “Sono esclusi anche i servizi basati sul caricamento di contenuti da parte degli utenti in quanto tale attività non presuppone nessuna responsabilità editoriale sulla selezione dei contenuti, ma solo “aggregazione” e commento dei contenuti medesimi da parte degli utenti stessi, a fini di condivisione e senza alcuna finalità economica.“ Impossibile non notare che i regolamenti prevedono la possibilità che i siti aggregatori di UGC implichino responsabilità editoriale e abbiano finalità economiche, mentre quest’ultima nota esclude a priori la stessa fattispecie. Insomma, non proprio un contributo alla chiarezza interpretativa… (E.D. per NL)