Infatti, inevitabilmente, si finirà per parlare, oltre che delle reti k-SFN, anche del dividendo digitale, del logical channel numbering, della riduzione dei canali tv per far posto al wi-fi di ultima generazione e dell’ipotesi di mux consortili per le tv locali nelle aree ad alta densità radioelettrica (Lombardia in primis).
Giornata complicata, quindi, quella che si prospetta per l’ente di garanzia nelle telecomunicazioni (tanto che è stata posticipata rispetto alla prima convocazione), già al centro di dure polemiche con le organizzazioni delle emittenti locali e, per certi versi, anche con il dipartimento Comunicazioni del Ministero dello Sviluppo Economico. Tutto, si ricorderà, era partito dalla decisione dell’Agcom di rivedere il Piano Nazionale di Assegnazione delle Frequenze digitali, accertato (con imperdonabile ritardo) che l’utilizzo della tecnica Single Frequency Network (SFN) era inadatta a contemperare le esigenze degli operatori (preservare il numero delle reti e, anzi, aumentarlo ai fini di creare il cd. "dividendo" da riassegnare), degli utenti (garantire la ricezione senza stravolgere i sistemi d’antenna) e le direttive UE (che già aveva minacciato di castigarci pesantemente dopo il caso Europa 7). Quindi, dopo aver inopportunamente lodato l’adozione di una tecnologia di pianificazione verso la quale i tecnici di tutta Europa ci avevano messo in guardia e aver verificato i guai creati nell’area tecnica 1 (Piemonte occidentale), a quasi metà dello switch-off effettuato, Agcom è giunta alla conclusione (ovvia) che forse la soluzione k-SFN (rete MFN con estensioni realizzate attraverso reti SFN locali) era preferibile, a nulla rilevando che, così facendo, si sarebbero cambiate le regole del gioco durante lo stesso. Sennonché, il pasticcio SFN è destinato ad incrociarsi con un’altra gatta da pelare in mano da (troppo) tempo ad un’impallata Agcom (che è arrivata ad invocare l’aiuto del "pubblico"): quella dei logical channel numbers, un disastro annunciato da anni, malamente affrontato, che ha creato danni permanenti al settore televisivo italiano. Infine, la scarsità delle risorse frequenziali a disposizione (ulteriormente ridotta dal vincolo UE di destinare dal 2015 i canali UHF dal 61 al 69 allo sviluppo di internet senza fili) e l’obbligo di rendere disponibile per il beauty contest un dividendo da riassegnare degno del nome, ha spinto gli esponenti dell’Agcom e del MSE-Com a cominciare a preannunciare pubblicamente la possibilità di mux consortili tra le private, suscitando le ire degli editori, ai quali era stato fino a poco tempo magnificato un improbabile, lucroso, futuro da operatori di rete. Così, cornute e gabbate, le emittenti locali, invero troppo sensibili ai canti delle sirene, si preparano ad andare mestamente incontro al loro destino. Che si deciderà oggi. O che, forse, è già deciso da tempo. (M.L. per NL)