Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 290 del 13/12/2012 la delibera Agcom n. 587/12/CONS del 29/11/2012, recante “Approvazione delle linee-guida sul contenuto degli ulteriori obblighi del servizio pubblico generale radiotelevisivo ai sensi dell’articolo 45, comma 4, del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici. (Triennio 2013-2015)”, che dovranno trovare giusto riscontro nel nuovo contratto nazionale di servizio tra la concessionaria del servizio pubblico e lo Stato.
L’Autorità elabora i nuovi criteri partendo da un’indagine conoscitiva, già indetta con delibera n. 130/12/CONS, dai cui esiti emerge “la necessità di un riposizionamento del servizio pubblico radiotelevisivo nella nuova era digitale”, che possa far riconquistare alla RAI “un’identità valoriale e culturale e restituire qualità e dinamismo all’offerta pubblica nelle sue varie articolazioni e nelle piattaforme di distribuzione, nel rispetto dei principi della concorrenza e della trasparenza nell’utilizzo del canone”. In più di un passaggio, si avvertono le perplessità dell’Agcom sulla attuale poca chiarezza nella ripartizione delle risorse pubbliche esatte con l’abbonamento alla televisione, sulla quale pare si manifestano notevoli perplessità. Si evince, infatti, da taluni passaggi che tali elargizioni potrebbero trasformarsi in aiuto di stato, in violazione della normativa nazionale e sovranazionale sulla tutela della concorrenza nel mercato. Ovviamente, non è in maniera così diretta e poco istituzionale che i commissari hanno voluto porre l’accento sul problema, seppur, leggendo tra le righe del provvedimento in questione, l’idea che sembra trasparire, in buona sostanza, è proprio questa. Si chiede, difatti, a più riprese alla pubblica concessionaria di “garantire la trasparenza e l’efficienza nell’utilizzo delle risorse rivenienti da canone”, di “diffondere informazioni capillari sull’offerta di servizio pubblico per far comprendere cosa rappresenta e perché si paga il canone” e, ancora, si avverte la necessità di far “comprendere come viene impiegato il canone pagato dai cittadini”, proprio per “impedire che possa verificarsi storno di danaro pubblico per il finanziamento di attività commerciali”, restituendo al cittadino il “diritto di poter verificare quale sia stato l’impiego degli introiti del canone”, attraverso l’identificazione di quei programmi che si sono avvalsi di moneta erariale, perciò migliorando “la trasparenza della gestione economico-finanziaria”. Insomma, se è vero il detto secondo il quale la lingua batte dove il dente duole, pare fin troppo evidente che l’esito dell’indagine conoscitiva compiuta dall’Agcom – seppur nel complessivo, edulcorato, contesto delle linee guida – abbia messo in evidenza la necessità di persuadere gli italiani, soprattutto in tempi di vacche magre, che l’abbonamento alla RAI ha, ancora oggi, un proprio fondamento, quantomeno restituendo loro la possibilità di conoscere con chiarezza la destinazione del canone. A tal proposito, una soluzione individuata consisterebbe nel “rendere pubblici in termini comprensibili ai cittadini i valori di allocazione del contributo pubblico per singole aree di attività”. Quanto ai contenuti, le linee guida tendono a far recuperare al servizio pubblico, sempre più tentato da luci, starlette e palcoscenici, il ruolo che aveva quando tutto ebbe inizio. Condivisibile, difatti, appare l’esigenza di una funzione determinante della RAI nell’alfabetizzazione del pubblico alle nuove tecnologie, attraverso la promozione di spazi di programmazione finalizzati ad avvicinare la popolazione – soprattutto quella più anziana – agli innovativi servizi ed alle potenzialità offerte dalla Rete, con un target focalizzato sulla “familiarizzazione con i termini e le espressioni inglesi ricorrenti nella gestione/utilizzo/funzione degli apparecchi e delle tecnologie”. Ulteriormente, l’Agcom, apprezzabilmente, ritiene che il nuovo accordo triennale si dovrà far carico di prevedere un potenziamento della “fruizione della produzione radiotelevisiva per gli utenti con disabilità sensoriale”, prescrivendo “l’incremento della produzione fruibile dai disabili a tutti i canali RAI, generalisti e specializzati”, a tal fine imponendo che il contratto preveda “un congruo incremento delle misure attualmente fissate, fissando altresì la tempistica di realizzazione di ciascuna di esse”. (S.C. per NL)