Agcom. Indagine conoscitiva sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea: attuazione della Legge n.11 del 2005 e prospettive di riforma

Camera dei Deputati – XIV Commissione permanente Politiche dell’Unione Europea Roma, 29 aprile 2009

 
“Indagine conoscitiva sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione Europea: attuazione della Legge n.11 del 2005 e prospettive di riforma”
 
Considerata la competenza e la full immersion di codesta Commissione in questo genere di problemi, non spenderò che poche parole per richiamare lo strettissimo rapporto che lega le Autorità nazionali di regolamentazione settoriale all’ordinamento comunitario[1].
 
La loro stessa esistenza ed i principi in base ai quali esse sono chiamate ad operare, gli obiettivi perseguiti ed i poteri esercitati, finanche i procedimenti amministrativi e, in qualche misura, la loro struttura organizzativa; tutto risulta puntualmente conformato dall’ordinamento comunitario, al punto che vi è chi, non senza fondamento, ravvisa nei settori economici sottoposti a disciplina comunitaria la frontiera più avanzata del modello istituzionale comunitario fondato sulla integrazione degli ordinamenti giuridici, nel cui ambito si realizza una sorta di “concerto” tra livello nazionale e livello comunitario di regolamentazione.
 
Ciò si risolve nel forte coinvolgimento delle Autorità nazionali, sia –benché imperfettamente- nella fase ascendente di formazione della normativa comunitaria, sia, in modo pressoché esclusivo, nella quotidiana specificazione e applicazione delle norme europee di settore, a valle del loro formale recepimento nell’ordinamento nazionale.
 
I più recenti sviluppi del dibattito legislativo per la revisione della disciplina comunitaria delle comunicazioni elettroniche lasciano presagire che il coordinamento delle Autorità nazionali ed il loro ruolo risulteranno considerevolmente rafforzati nel nuovo contesto istituzionale.
 
L’accordo di seconda lettura tra Parlamento e Consiglio, annunciato nei giorni scorsi, prevede infatti una collaborazione sempre più stretta tra Regolatori nazionali e tra essi e la Commissione, al fine del perseguimento di una maggiore armonizzazione delle soluzioni regolamentari adottate nei vari Stati membri.
 
È il mercato comune a postulare una maggiore armonizzazione delle regole valevoli nei singoli Stati. Niente più delle comunicazioni elettroniche è insofferente di barriere amministrative e, in certa misura, anche di quelle geografiche.
 
La creazione di un mercato interno delle comunicazioni elettroniche è una prospettiva sempre più ravvicinata. Tale disegno è destinato ad avverarsi, nel nuovo disegno comunitario, mediante un maggiore coinvolgimento delle Autorità nazionali nei processi regolamentari comunitari e mediante la costituzione di un nuovo organismo di rango comunitario, il cd. BEREC (Body of European Regulators in Electronic Communications), preordinato a svolgere una vasta gamma di compiti di coordinamento regolamentare (dal supporto tecnico alle Istituzioni comunitarie sino alla partecipazione, a ben determinate condizioni, agli specifici procedimenti regolamentari nazionali[2]).
 
Le Autorità costituiscono quindi un riferimento nazionale certo nel contesto comunitario, in termini di responsabilità istituzionale e competenza specialistica, per il presidio dei processi di formazione e di trasposizione interna del diritto comunitario di settore, così come per un’efficace e qualificata gestione della interlocuzione tecnica con gli uffici della Commissione nelle fasi procedimentali propedeutiche all’apertura di una procedura d’infrazione nei confronti degli Stati membri, ai sensi degli articoli 226 e seguenti del Trattato.
 
Come giustamente osservato da codesta Commissione nella nota di indirizzo alla presente indagine conoscitiva, i vari profili di interrelazione, in un ordinamento giuridico oramai sempre più multilivello, sono inscindibilmente connessi e necessitano di un presidio non frammentario al fine di assicurare, ad un tempo, la massima considerazione degli interessi e delle priorità nazionali nel processo di formazione del diritto comunitario e, per converso, il massimo grado di conformità e tempestività dei processi di trasposizione ed adeguamento dell’ordinamento nazionale al dettato comunitario.
 
Un coinvolgimento anticipato delle Autorità nazionali di regolamentazione fornirebbe altresì un importante contributo in relazione a filoni legislativi che, sebbene non strettamente attinenti alle rispettive competenze settoriali, risultano caratterizzati da un forte tasso di tecnicismo; si pensi, con specifico riferimento ai settori di competenza dell’AGCOM, alle iniziative comunitarie in tema di ICT (Information Communication Technology) alle politiche di tutela dei consumatori, alla gestione delle risorse scarse, e così via.
 
In tutti tali ambiti le Autorità possono fornire al Governo e al Parlamento, sia in fase ascendente che discendente, un importante contributo di expertise specialistica nella elaborazione delle posizioni negoziali nazionali in sede di Consiglio europeo e nella elaborazione dei testi nazionali di recepimento.
 
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La vigente legislazione nazionale di partecipazione nazionale ai processi legislativi comunitari, recata dalla legge n.11 del 2005 (legge Buttiglione) costituisce senza dubbio uno dei modelli più elaborati nel panorama comunitario, in termini di organizzazione dei processi, di trasparenza e di coinvolgimento formale delle Istituzioni nazionali interessate.
 
In particolare, innovando nel solco della legge n.86 del 1989 (legge La Pergola), la legge n.11 ha introdotto meccanismi comportanti un maggiore coinvolgimento del Parlamento e delle Regioni (anche in ragione dell’intervenuta riforma costituzionale), nonché delle autonomie locali e delle parti sociali nel processo di formazione della legislazione comunitaria.
 
Parimenti sviluppata è l’attenzione alla fase discendente, con particolare riguardo al miglioramento delle condizioni di adeguamento del diritto interno alle pronunce della Corte di giustizia e ad un maggior controllo sulle procedure d’infrazione (anche ai sensi delle disposizioni introdotte dalla legge n.13 del 2007).
 
In tale contesto, nell’esperienza che ho avuto modo di maturare nell’esercizio del mio mandato, il contributo dell’Autorità a tali processi è costante, qualificato e proficuo, nel rispetto dei ruoli e delle competenze istituzionali. In relazione ai processi comunitari che impattano sulle proprie competenze, l’Autorità intrattiene rapporti pressoché quotidiani con la Rappresentanza permanente dell’Italia presso l’Unione Europea e organizza incontri periodici con i referenti del Sottosegretariato alle comunicazioni (il riferimento governativo specifico in relazione ai settori di competenza dell’Autorità), soprattutto in occasione delle fasi di avvio dei processi legislativi, al fine di rappresentare il proprio punto di vista e di fornire tutte le delucidazioni tecniche utili al negoziato politico presso il Consiglio e in preparazione alle riunioni del Consiglio delle Telecomunicazioni.
 
Contatti intercorrono anche con gli uffici del Ministro delle politiche europee, a cadenze periodiche ed in relazione a processi legislativi settoriali i cui effetti trascendono i confini della regolamentazione di settore.
 
Tale pur significativo coinvolgimento si atteggia peraltro secondo caratteri di consuetudine ed informalità e non sempre trova un corrispondente riscontro nella vigente legislazione nazionale.
 
Sicché questa Autorità ritiene di poter dare un contributo all’indagine in oggetto descrivendo attraverso quali modalità si realizza la propria partecipazione ai processi di formazione e attuazione della normativa comunitaria e fornendo le proprie considerazioni ai fini del miglioramento del sistema in atto praticato.
 
Non si tratta –preciso subito- di proposte miranti ad estendere il ruolo dell’Autorità o ad intaccare l’attuale impostazione della legge.
 
Nel formulare tali suggerimenti l’Autorità si richiama alla disposizione contenuta nella propria legge istitutiva (art.1, comma 6, lett. c, 1, L. n. 249/1997), che le attribuisce il potere di segnalazione al Governo in merito alle esigenze legislative in materia di comunicazioni, sia sul piano interno che sul piano internazionale.
 
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Nell’esercizio delle proprie competenze, l’Autorità intrattiene rapporti quotidiani con gli uffici incaricati di elaborare le proposte legislative della Commissione ed è coinvolta in tali processi a partire dalla fase iniziale di individuazione delle materie oggetto di possibile disciplina e, successivamente, nelle fasi di consultazione pubblica sulle proposte legislative (relative a Regolamenti e Direttive) e sugli atti cd. di soft law e di indirizzo normativo (Raccomandazioni, Linee guida, Comunicazioni…).
 
Accanto alla trama di rapporti bilaterali con la Commissione europea, un ruolo progressivamente sempre più forte ed istituzionalizzato nel processo legislativo comunitario è riconosciuto alle Autorità nazionali di settore nell’ambito dell’European Regulators Group (ERG), organo consultivo della Commissione europea composto dalle Autorità nazionali di regolamentazione dei 27 Stati membri nel settore delle comunicazioni elettroniche, istituito dalla Commissione stessa con la decisione 627/02/CE.
 
La Commissione europea svolge ordinariamente consultazioni preliminari con l’ERG, per riflettere congiuntamente in merito alle esigenze regolamentari del settore, e, in una fase più avanzata, per ottenere dai Regolatori nazionali un punto di vista qualificato sulle bozze preliminari di provvedimenti da sottoporre a consultazione pubblica europea.
 
Qualche esempio tratto dalla recente esperienza.
 
I. Nelle proposte per la revisione del quadro regolamentare europeo in materia di comunicazioni elettroniche (cd. Framework Review)[3], il coinvolgimento dell’Autorità è iniziato già dalla seconda metà del 2005, attraverso un primo scambio di vedute con la Commissione in sede ERG. Sulla base di tali discussioni, la Commissione ha quindi avviato il processo di elaborazione delle proposte legislative, dapprima mediante una call for input avviata nel novembre 2005, quindi mediante una consultazione pubblica europea, lanciata nel giugno 2006 e conclusasi nel successivo mese di ottobre.
 
Ad entrambi i processi di consultazione, l’Autorità ha partecipato attivamente in seno all’ERG, assumendo anche, attraverso propri esponenti, responsabilità di coordinamento e rappresentanza esterna delle posizioni comuni dell’ERG.
 
In parallelo alle consultazioni ufficiali, il confronto tra Commissione e Autorità nazionali si è focalizzato su una serie di temi specifici (su tutti, è caso di menzionare quello della separazione funzionale e quello relativo alla istituzione di una Autorità europea di settore); tale interlocuzione, pur nella permanenza di alcune divergenze di vedute, ha prodotto importanti riflessi sulle proposte finali della Commissione.
 
La fase di elaborazione delle proposte legislative e, ancor prima, quella della selezione dei temi dell’agenda regolamentare, costituiscono momenti-chiave, in cui è indispensabile una interlocuzione tecnica qualificata tra livello nazionale e livello comunitario.
 
Come autorevolmente rappresentato dai relatori che mi hanno preceduto in questa indagine (faccio riferimento, in particolare, all’audizione dell’Ambasciatore Nelli Feroci dello scorso 26 marzo), è questa infatti la fase in cui è più semplice riuscire ad influire sul contenuto delle proposte legislative e veicolare specifiche esigenze nazionali. Una volta che la discussione si trasferisce a livello di Parlamento europeo e Consiglio, il disegno regolamentare è già consolidato e le dinamiche della discussione assumono una connotazione politica; diviene pertanto più difficile proporre soluzioni tecniche alternative.
 
II. Un analogo coinvolgimento viene correntemente sperimentato dall’Autorità in relazione alle attività di predisposizione degli atti comunitari di normazione, per così dire, secondaria (Raccomandazioni, Linee guida….) e di indirizzo regolamentare (Comunicazioni, Libri verdi, Libri bianchi…) della Commissione europea.
 
Tra i casi più recenti, ricordo le proposte di Raccomandazione della Commissione in materia di prezzi di terminazione all’ingrosso e di politiche regolamentari per la promozione delle reti di nuova generazione, entrambe destinate, una volta approvate, ad avere un forte impatto sul quadro regolamentare nazionale.
 
In relazione a tali tipologie di atti, l’Autorità, oltre ad interagire con la Commissione nelle fasi di elaborazione e nelle procedure di consultazione pubblica, partecipa anche alle procedure consultive o regolamentari presso i Comitati di settore, fornendo supporto tecnico ai rappresentanti nazionali presso i Comitati ed integrando, ove necessario, la delegazione nazionale con propri esperti.
 
Questa tipologia di atti è destinata ad assumere un rilievo sempre maggiore nel panorama regolamentare comunitario; sempre più spesso, infatti, la Commissione provvede a regolamentare “di fatto” importanti aree tematiche attraverso Raccomandazioni o Linee guida tecniche, evitando quindi di percorrere l’ordinario procedimento legislativo e riservando agli Stati membri esclusivamente la possibilità di esprimere un parere ai sensi delle regole di comitologia. Ciò accade soprattutto per quanto riguarda la regolamentazione economica di specifici settori di mercato; in tali settori, infatti, la Commissione sfrutta la forte caratterizzazione tecnica del settore, per sottrarre alla discussione politica una larga parte di interventi che, a dispetto della loro natura formalmente di natura esecutiva, sono in grado di conformare la legislazione nazionale: una sorta di surrettizia “delegificazione”, che risponde, peraltro, ad innegabili esigenze di concludenza del processo di armonizzazione, se non di unificazione europea.
 
E’ comunque il caso di prendere atto che una particolare attenzione va riservata alla fase ascendente di tali provvedimenti; focalizzare l’attenzione soltanto sui processi legislativi rischia infatti di far perdere di vista un importantissimo pezzo di “regolamentazione mascherata” che viene discussa ed approvata attraverso i percorsi laterali della comitologia.
 
Si è già detto del ruolo sempre più rilevante degli organismi multilaterali di settore (Reti di regolatori, Comitati), ai fini di una adeguata interlocuzione a livello tecnico, in vista – e, in alcuni casi, addirittura, in sostituzione – del negoziato politico a livello di Consiglio.
 
Si è altresì accennato come tale ruolo sia destinato a trovare un chiaro riconoscimento istituzionale nell’ambito della nuova disciplina comunitaria di settore.
 
E’ questo il motivo per cui l’Autorità sta fortemente investendo, nel corso degli ultimi anni, in termini di un coinvolgimento sempre maggiore in tali organismi, assumendo anche responsabilità organizzative in tali ambiti[4]; l’assidua e qualificata presenza consente di valorizzare il punto di vista nazionale sui temi di maggiore rilevanza e di promuovere i modelli già sperimentati in ambito nazionale come possibili best practices comunitarie, influenzando sin dall’inizio il processo di elaborazione del quadro comunitario di settore.
 
In relazione alla fase discendente, occorre prendere le mosse dalla considerazione che l’ordinamento interno assegna all’Autorità una competenza pressoché esclusiva in relazione al “governo” dei settori ad essa attribuiti; emblematicamente, l’articolo 7, comma 3, del Codice delle comunicazioni (D.Lgs. n.259 del 2003), designa l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni come “Autorità nazionale di regolamentazione”[5]. L’Autorità è pertanto chiamata a definire la specifica disciplina regolamentare di settore in ambito nazionale, sulla base di principi, linee guida e norme procedimentali direttamente definiti a livello comunitario ad opera di Direttive e provvedimenti di dettaglio.
 
A fronte di un recepimento pressoché letterale delle Direttive comunitarie e nel contesto di una regolamentazione “cooperativa di settore” concertata tra livello comunitario (Commissione europea) e livello nazionale (Autorità di settore), la fase di trasposizione applicativa assume un’importanza cruciale per la effettiva conformazione del diritto interno al dettato comunitario.
 
A questo fine è fondamentale la conoscenza degli aspetti di dettaglio della disciplina comunitaria di settore e delle conseguenti dinamiche applicative. E’ qui che viene in luce il contributo dell’Autorità al processo di trasposizione della disciplina comunitaria di settore, non solo (e non tanto) al fine di assicurare la formale conformità della legislazione nazionale di recepimento (i cui margini di discrezionalità sono limitatissimi), ma soprattutto, in chiave sostanziale, al fine di perseguire la migliore e più conducente applicazione delle norme comunitarie nel contesto nazionale.
 
III. Determinante si è dimostrata l’expertise tecnica degli uffici dell’Autorità nella risoluzione di complessi casi di difettosa trasposizione del diritto comunitario che, ove non tempestivamente trattati, avrebbero potuto condurre all’apertura di procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia.
 
Così, limitandomi a casi recenti, l’Autorità ha definito alcune linee guida interpretative in materia di pubblicità televisiva, finalizzate a chiarire alcuni rilievi mossi dalla Commissione europea in merito alla impropria applicazione della direttiva 89/552/CEE, così come modificata dalla Direttiva 97/36/CE.[6]
 
Più ravvicinatamente, gli uffici dell’Autorità e gli uffici del Sottosegretariato alle Comunicazioni hanno lavorato a stretto contatto per superare il difetto di coerenza con le norme comunitarie segnalato dalla Commissione europea in relazione ad alcuni aspetti relativi alla disciplina della transizione alla tecnologia digitale terrestre, recati dalla L.112/2004 (cd. legge Gasparri) e dal Testo unico della radiotelevisione del 2005 (D.Lgs. 177/2005).
 
Con delibera del 7 c.m. l’Autorità ha approvato i criteri per il definitivo spegnimento delle reti analogiche e la conversione delle reti digitali esistenti. Tale intervento, che fa seguito ad una serie di misure pro-concorrenziali adottate dall’Autorità in materia televisiva, ha contribuito a determinare un quadro che assicura finalmente in Italia il raggiungimento di un assetto pluralistico, tanto che le Commissarie Kroes e Reding, con lettera del 3 c.m., hanno espresso il loro apprezzamento per le misure da noi prese e hanno deciso di non procedere oltre con la procedura avviata, che sarà formalmente chiusa nel momento dell’esecuzione completa delle nostre decisioni.
 
Una vicenda che investiva leggi nazionali emanate nell’arco di tre legislature e che impingeva nella situazione indubbiamente sui generis del sistema televisivo italiano, consolidatosi a partire da un’occupazione di fatto delle frequenze, trova in questo modo una conclusione conforme ai principi comunitari e un assetto ordinato ed evolutivo.
 
Com’ è noto, e come è stato confermato anche in questa sede dall’Ambasciatore Nelli Feroci, l’Italia si caratterizza per un record negativo di procedure d’infrazione; la possibilità di interrompere in fase preliminare tali procedure, prima del deferimento alla Corte di giustizia, costituisce un importante risultato per l’Italia, sia in termini d’immagine, sia in termini pratici, evitando la complessa fase giudiziaria della procedura e, in caso di esito negativo, la comminazione di pesanti multe allo Stato membro.
 
IV. Da ultimo, vale la pena di segnalare anche il ruolo che l’Autorità svolge, in alcuni casi, nell’attuazione di principi derivanti dalle prassi applicative del diritto comunitario, anche al di là (ed in anticipo) rispetto alle attività di mera trasposizione delle norme comunitarie.
 
E’ questo il caso del procedimento che ha condotto l’Autorità, nel dicembre scorso, ad approvare e rendere vincolanti alcuni impegni assunti da Telecom Italia (tra i quali spicca la introduzione di un modello di separazione funzionale della rete d’accesso) per il miglioramento delle condizioni concorrenziali, ai sensi dell’art. 14bis della L.248/2006. Non è certo questa la sede per entrare nel dettaglio di un procedimento particolarmente complesso, ma ho voluto accennarvi per i numerosi momenti di interazione tra livello comunitario e livello nazionale intercorsi a tal riguardo.
 
Mi limito qui ad accennare che la delibera adottata dall’Autorità poggia, come diritto positivo, sulla ricordata norma della legge Bersani, e sul piano sistematico sul modello di azione pubblica introdotto nel nostro diritto amministrativo che tende a sostituire con procedimenti di interlocuzione, coinvolgimento e accordo con la controparte la tradizionale (o meglio vetero-tradizionale) adozione avulsa di provvedimenti amministrativi autoritativi. Questo nuovo modello di azione pubblica trova peraltro riscontro in quello fortemente voluto a livello comunitario dall’allora Commissario alla concorrenza Mario Monti che l’ha posto a base della riforma dell’Antitrust europeo del 2003 (Regolamento 1/2003) e che è stato sperimentato con successo nell’ambito del diritto alla concorrenza.
 
È su queste basi che poggia ed è a questo modello che si rifà la richiamata norma nazionale della legge Bersani che riconosce all’Autorità poteri di valutazione e accoglimento di impegni da parte degli operatori di mercato.
 
D’altro canto, è importante ricordare che il procedimento di valutazione degli impegni volontari costituisce anche un primo esperimento sul campo di uno strumento destinato a trovare applicazione generale nell’ambito del nuovo quadro regolamentare comunitario delle comunicazioni elettroniche[7]; l’ordinamento nazionale si trova quindi, sulla base delle recenti decisioni dell’Autorità, a svolgere un ruolo di apripista rispetto a tali procedimenti.
 
***
 
Sono queste le ragioni per cui l’Autorità ritiene di poter svolgere un ruolo qualificato nei processi ascendenti e discendenti che riguardano la normativa europea di settore.
 
Passerei, quindi, ad esemplificare alcuni punti in cui i meccanismi vigenti potrebbero essere rivisti, in modo da trarre maggior profitto dal contributo tecnico-specialistico dell’Autorità.
 
a) Con riferimento alla fase ascendente, sarebbe utile introdurre, all’inizio di ogni processo legislativo comunitario, una fase di definizione di indirizzi congiuntamente delineati dal Sottosegretariato alle comunicazioni e dall’Autorità.
 
Come dicevo, l’Autorità fornisce già oggi un supporto costante alla Rappresentanza permanente (con i cui uffici intrattiene rapporti pressoché quotidiani) e al Sottosegretariato alle comunicazioni, per le attività del Consiglio delle telecomunicazioni. Ed è inoltre vero che un certo grado di informalità e flessibilità nei contatti è opportuno, anzi, inevitabile, alla luce dei tempi strettissimi delle discussioni (specialmente, nella fase di elaborazione presso i Gruppi di lavoro del Consiglio e i Comitati parlamentari); le proposte e gli emendamenti si succedono ad horas ed una tempestiva reazione della delegazione italiana può essere organizzata esclusivamente mediante contatti informali tra funzionari.
 
Tuttavia, proprio al fine di assicurare un più ordinato e coerente sviluppo di tali contatti informali nel corso del processo, appare indispensabile che tali contatti avvengano sulla base di direttive congiuntamente predeterminate dai vertici delle rispettive Amministrazioni all’inizio di ogni processo legislativo comunitario, rese conoscibili a tutti gli attori istituzionali nazionali e periodicamente aggiornate sulla base delle evoluzioni del dibattito comunitario.
 
In casi particolari potrà anche essere opportuno, in analogia a quanto accade già in vari Stati membri, pubblicare un documento di posizione nazionale in occasione dell’avvio della discussione dei vari dossier a livello di Consiglio. Ciò, non solo a fini di maggiore trasparenza, ma anche con l’obiettivo di influenzare maggiormente il dibattito comunitario.
 
b) Un altro momento formale di coordinamento tra Autorità e Sottosegretariato potrebbe essere previsto in relazione alla preparazione delle riunioni del COREPER e del Consiglio telecomunicazioni; anche in questo caso, la formalizzazione del punto di vista dell’Autorità sui temi di propria competenza costituirebbe un rafforzamento delle condizioni di responsabilità e trasparenza nella sua partecipazione al processo.
 
c) Ferma restando la richiamata esigenza di flessibilità nella negoziazione quotidiana presso le sedi comunitarie, un miglioramento dell’efficacia di tale negoziazione potrebbe poi venire dalla formalizzazione della partecipazione e da un più attivo coinvolgimento dei rappresentanti dell’Autorità nelle attività dei Gruppi di lavoro del Consiglio UE e dei Comitati di settore. Tale partecipazione è possibile ed è assicurata già oggi con proficui risultati. Tuttavia, il problema pratico che si pone frequentemente è quello di definire, volta per volta, prima di ciascuna riunione, le modalità ed i termini di tale partecipazione, con ricadute negative in termini di efficienza.
 
Prima di ogni riunione, i funzionari dei Ministeri competenti e dell’Autorità sono chiamati a reinventare la ruota, definendo quali sono i temi di rispettiva competenza in agenda , “chi dice cosa” e così via. Con specifico riferimento ai gruppi di lavoro del Consiglio poi, l’attuale prassi prevede che i rappresentanti dell’Autorità non prendano la parola, col rischio di perdita di incisività delle posizioni nazionali, soprattutto in relazione ai temi più tecnici.
 
Mette conto di segnalare, anche in questo caso, la diversa prassi seguita da larga parte delle altre Delegazioni che contempla il contributo di esperti delle Autorità anche nelle fasi di discussione.
 
Il caso dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni italiana non rappresenta infatti un caso particolare ma è invece paradigmatico del grado di coinvolgimento delle Autorità nazionali di regolamentazione di settore nei processi di formazione della normativa comunitaria.
 
Lo stesso problema si pone in occasione dei processi di partecipazione scritta alle attività dei Comitati (per la fornitura di informazioni, risposta alle consultazioni, votazioni formali….), le cui tempistiche si fanno sempre più strette; anche in tali occasioni, l’efficacia dei processi nazionali rischia di essere rallentata dall’esigenza di scambi preliminari di documentazione interna, prima di poter procedere all’invio delle posizioni nazionali alle segreterie dei Comitati.
 
In sintesi, un formale riconoscimento della partecipazione dell’Autorità a pieno titolo ai lavori di tali organismi e una preliminare distribuzione dei compiti consentirebbe un sensibile miglioramento della partecipazione nazionale nel suo complesso. L’Autorità potrebbe quindi assumere la responsabilità piena di alcune aree tematiche, fatta ovviamente salva una preliminare informativa dei referenti governativi in merito alle posizioni che intende assumere.
 
d) In relazione a processi multidisciplinari, si potrebbero inoltre prevedere meccanismi di contatto tra Autorità e le attività del Comitato interministeriale per gli affari comunitari europei presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (CIACE), di cui all’art.2 della legge n. 11 del 2005.
 
Ponendo mente alla natura governativa del CIACE, non sembra prima facie praticabile una diretta partecipazione dell’Autorità al Comitato; l’articolazione operativa delle attività del CIACE consente tuttavia di immaginare forme di collaborazione tecnica a livello del Comitato tecnico permanente, istituito con D.M. 9 gennaio 2006, e degli specifici gruppi di lavoro in tale ambito costituiti.
 
A tal riguardo, ho letto con interesse il resoconto dell’audizione del 20 novembre scorso del Ministro plenipotenziario Massimo Gaiani, coordinatore del CIACE, ed in particolare il passaggio in cui dà conto della costituzione di specifici gruppi di lavoro incaricati di seguire specifici procedimenti legislativi comunitari che hanno richiesto un costante coordinamento nelle fasi calde del negoziato (nella specie, il Ministro faceva riferimento al pacchetto “energia-clima” recentemente discusso in sede comunitaria).
 
e) In relazione alle procedure di recepimento, sarebbe infine sufficiente formalizzare la prassi consolidata che prevede un coinvolgimento di rappresentanti dell’Autorità nei gruppi di lavoro ministeriali incaricati di elaborare le leggi ed i decreti legislativi di trasposizione. Ciò soprattutto per quanto riguarda materie che sono altresì di competenza regolamentare dell’Autorità.
 
In conclusione, quello che mi permetto di segnalare in questa sede è il beneficio che un più strutturato coinvolgimento dell’Autorità potrebbe fornire ai processi nazionali di partecipazione alla elaborazione ed attuazione del diritto comunitario.
 
Nel dialogo con gli uffici comunitari e con i rappresentanti degli altri Paesi la qualificazione tecnica del personale assegnato a seguire gli affari comunitari costituisce l’arma vincente per conseguire successi in negoziati sempre più complessi e caratterizzati da elementi tecnici-settoriali.
 
In tal senso, sarebbe anche possibile pensare alla istituzionalizzazione di figure tecniche dell’Autorità distaccate presso la Rappresentanza permanente, a supporto del personale diplomatico e di estrazione governativa.
 
A fronte di una crescente, dichiarata difficoltà delle Amministrazioni statali a seguire con assiduità tutti i negoziati comunitari (anche in ragione della progressiva riduzione delle risorse dedicate a tali attività), l’Autorità si propone quindi come qualificata risorsa istituzionale aggiuntiva per il settore delle comunicazioni elettroniche e della convergenza.
 
In termini più generali, è importante che il sistema nazionale prenda atto del ruolo sempre più centrale che le Autorità di regolamentazione di settore assumono nel sistema “multilivello” che la legislazione comunitaria sta progressivamente disegnando, pressoché specularmente, in tutte le aree di iniziativa economica.
 
In questo senso, affido a voi una riflessione in merito all’opportunità che una eventuale riforma della legge n.11 del 2005 definisca il ruolo delle Autorità nelle fasi ascendenti e discendenti, non già secondo tratti di episodicità, bensì perseguendo l’obiettivo di un più sistematico riconoscimento del ruolo chiave che le Autorità di regolamentazione di settore giocano come punto di snodo tra livello comunitario e livello nazionale di regolamentazione.
 
In termini di tecnica legislativa, tale obiettivo potrebbe essere agevolmente realizzato dedicando un articolo ad hoc al ruolo delle Autorità, da collocare logicamente nella sequenza degli attuali articoli 5, 6 e 7, che rispettivamente si dedicano a descrivere il ruolo di Regioni e Province autonome, Enti locali e Parti sociali.
 
Letta in questa chiave, la riforma potrebbe costituire un importante indicatore di direzione per una prossima riforma complessiva delle Autorità indipendenti, molte volte annunciata e mai portata a termine.
 
Corrado Calabrò
 
 
 
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[1] E’ bene precisare che, in ragione delle competenze assegnate all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni dall’ordinamento nazionale nei settori delle comunicazioni elettroniche e dell’audiovisivo, i temi e i commenti riportati nel testo attengono esclusivamente alla produzione normativa comunitaria riconducibile al cd. “primo pilastro”, e segnatamente, alle politiche di liberalizzazione e armonizzazione dei mercati di riferimento.
 
[2] Europarlamento e Consiglio hanno sin qui raggiunto un mero compromesso politico. I dettagli delle proposte legislative sono in corso di elaborazione; una valutazione compiuta del nuovo pacchetto regolamentare e, per quel che in questa sede interessa, dei riflessi che il nuovo quadro istituzionale è destinato ad avere sui processi legislativi e regolamentari nazionali sarà quindi possibile (anzi, necessaria) alla luce dei provvedimenti finali.
 
[3] La cui prima lettura è stata recentemente conclusa, nell’ultimo quarto del 2008, in sede di Parlamento europeo e Consiglio.
 
[4] A tal riguardo, merita una segnalazione l’impegno profuso dall’Autorità per la gestione della presidenza dell’ERG nel corso del 2007, in concomitanza con la fase di elaborazione delle proposte di riforma legislativa della Commissione, e il coinvolgimento di funzionari dell’Autorità nelle strutture organizzative e di coordinamento di importanti gruppi di lavoro tematici.
 
[5] Permane ancora, peraltro, un certo grado di sovrapposizione e di conseguente confusione tra le competenze dell’Autorità e del Sottosegretariato alle Comunicazioni. Tale situazione è stata già oggetto di specifica segnalazione alle competenti sedi parlamentari. Cfr. mia audizione al Senato della Repubblica, Commissione Affari Costituzionali, del 17 maggio 2007 e alla Camera dei Deputati, Commissione Trasporti, del 4 aprile 2007.
 
[6] Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 1996 del 21 c.m. ha respinto l’appello di RTI contro la nostra delibera osservando che “non sussistono allo stato i presupposti per sospendere la contestata modifica regolamentare, che peraltro appare conforme alla posizione assunta dalla Commissione in sede di procedura di infrazione contro l’Italia”
 
[7] L’accordo politico appena raggiunto conferma infatti la proposta della Commissione di introdurre due nuovi articoli nell’ambito della Direttiva 2002/19/CE (D.Accessoe Interconnessione), finalizzati a disciplinare il procedimento per la introduzione di strumenti di separazione funzionale, sia mediante la imposizione degli stessi ad opera delle Autorità nazionali (art.13bis), sia mediante l’accoglimento di impegni volontari presentato dagli operatori (art.13ter).
 

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