L’otto maggio è scaduto il mandato dell’attuale consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom). Nel perdurante silenzio del governo e della politica, crescono le iniziative sul web per introdurre una maggiore trasparenza nei criteri e nelle procedure che dovranno portare alla nomina dei nuovi commissari.
Sempre più commentatori fanno giustamente notare il ruolo cruciale che l’organismo regolatore rivestirà nelle decisioni che dovranno essere prese nei prossimi mesi e anni in tema di internet, televisione e diritti dei cittadini nell’universo delle comunicazioni digitali: ovvero delle future prospettive sociali, economiche e democratiche del nostro paese. E allora, in un momento in cui c’è un grande desiderio di scrollarsi di dosso tutto ciò che appartiene alla vecchia politica, c’è chi sostiene che questa potrebbe essere l’occasione per mandare, una volta tanto, le persone giuste al posto giusto. Dopo lo scandalo del commissario Innocenzi (dimessosi dopo la pubblicazione delle sue imbarazzanti conversazioni telefoniche con l’ex-premier Berlusconi) e le croniche divisioni interne, squisitamente politiche, del precedente consiglio (platealmente evidenziatesi con l’assenza dei commissari “di opposizione” durante la relazione finale del presidente Calabrò al Parlamento), ci sarebbe effettivamente bisogno di quelle personalità indipendenti, ma anche “dotate di alta e riconosciuta professionalità e competenza nel settore” di cui la legge parla ma delle quali si sono effettivamente perse le tracce negli ultimi anni. Così è nata “Vogliamo trasparenza”, iniziativa promossa da Open Data Coalition, raggruppamento di svariate associazioni impegnate nel digitale, tra cui l’Istituto per le politiche dell’innovazione di Guido Scorza, gli Stati generali dell’innovazione, Agorà digitale e Articolo 21. Ci si propone di chiedere alle istituzioni interessate di procedere al rinnovo dei membri non solo di Agcom, ma anche del Cda RAI e del Garante privacy, con una procedura rigorosa, selettiva e trasparente. Nel caso dell’Autorità per le comunicazioni, L’organizzazione ha chiesto di poter accedere agli atti del procedimento di selezione con una formale istanza ai sensi della Legge 241/90, quella che dovrebbe garantire la visibilità di ogni atto della pubblica amministrazione nei confronti dei cittadini interessati. La risposta della Presidenza del consiglio dei ministri, oltre che un po’ paradossale (vi si dice che il procedimento ancora non c’è, a sei giorni dalla scadenza del vecchio consiglio) ha il sapore, ben noto a chi frequenta la nostra P.A., di puro adempimento formale, ben lontano dagli aspetti di urgenza democratica e rispetto per i diritti dei cittadini che la questione riveste. Ma non è stata solo l’Open Data Coalition a chiamare in causa il Governo: ha fatto molto rumore anche la notizia di un intervento da parte dell’Onu, o meglio del suo relatore per la promozione e la difesa della libertà di manifestazione del pensiero, Frank LaRue, che avrebbe indirizzato una missiva al Ministero degli esteri in cui si definisce “anomala” la procedura di nomina dei commissari Agcom e si invita Governo e Parlamento a pubblicare nomi e curricula dei candidati istituendo una consultazione pubblica. Non è dato sapere se e in che forma l’esecutivo abbia dato risposta alla sollecitazione. E tuttavia, al di là delle carte ufficiali, pare che qualcosa si stia muovendo nelle segrete stanze dove, se non si sono ancora aperti procedimenti, di sicuro sono già stati presentati e discussi pareri e candidature. Da parte politica i nomi che circolano non sono particolarmente nuovi, anche se almeno alcuni appaiono interessanti dal punto di vista della competenza professionale: Catricalà e Martusciello (da destra), Decina, Sassano, Rognoni (da sinistra). La vera novità è data invece dalle voci insistenti che dicono di un apprezzamento del Ministro Passera per Stefano Quintarelli, noto blogger e direttore dell’area digitale del gruppo Sole24Ore, ma soprattutto imprenditore protagonista degli albori di internet in Italia e promotore di innumerevoli progetti innovativi con al centro la rete. La candidatura si è subito guadagnata un hashtag (#Quinta4President) e una raccolta di firme che allo stato attuale ha ampiamente superato le 11.000 sottoscrizioni. E’ arrivato l’appoggio di testate autorevoli come il Corriere della Sera (il primo a parlare della candidatura), La Stampa e Wired.it, nonché svariati attestati di stima da parte di protagonisti del mondo digitale come Vittorio Zambardino, Riccardo Luna, Flavia Marzano e tanti altri. Grazie a ciò Quintarelli è stato subito etichettato come il candidato del fantomatico “popolo della rete”, mentre probabilmente incarna solo le speranze di chi è stufo di vedere al vertice delle Autorità cosiddette indipendenti personaggi di incerta competenza il cui unico titolo sembra essere quello della fedeltà ad una parte politica. Del resto le sue idee, quasi mai allineate al pensiero dominante, in tema ad esempio di NGN, net neutrality, diritto d’autore e libertà di espressione in rete, sono frutto di una profondità di visione che deriva da una lunga e importante esperienza nel settore, e sono condivise da una grande quantità di addetti ai lavori e utenti evoluti dei servizi digitali. Vedremo se ciò sarà sufficiente a farlo eleggere, tecnico fra i tecnici, ai vertici dell’Autorità più importante per la tanto invocata modernizzazione del paese. Se anche quest’occasione andasse persa, ci toccherebbe aspettare altri sette anni. Un’eternità che non possiamo permetterci. (E.D. per NL)